CONCEZIONE OLISTICA DELL’ESSERE UMANO

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CONCEZIONE OLISTICA DELL’ESSERE UMANO

di A. Lungarini

Il Caduceo, o bastone alato del dio greco Hermes (Mercurio per i romani), è uno dei simboli più
antichi della storia dell’umanità, comune a civiltà diverse.
La sua immagine, raffigurante spesso due serpenti attorcigliati in senso inverso intorno ad una
verga ornata d’ali, è stata rinvenuta, oltre che nei templi greco-romani, su tavolette indiane
dell’antica civiltà vedica e altrove.
Il serpente sacro al Dio Esculapio sta a significare che gli infermi per guarire devono farsi un
corpo nuovo, ovvero lasciare l’antica pelle come fanno i serpenti ad ogni muta. Hecker ammette
l’idea del ringiovanimento, ma afferma che gli antichi avevano un alto concetto di tale animale
soprattutto per le acuzie della sua vista e della sua attenzione, prerogative indispensabili ai
Medici del tempo. Pinto esalta invece la vigilanza del serpente, la quale deve essere la qualità
precipua di ogni Medico.
Il misterioso animale non manca mai nelle raffigurazioni Greche e Romane del Dio della salute.
Caduceo viene rappresentato con due serpenti avvolti a spirale: in questo caso i due animali
raffigurano le polarità del bene e del male tenute in equilibrio dalla bacchetta del dio che ne
controlla le forze. Sono le correnti cosmiche riferite sia all’universo che all’uomo nella
complessità del suo organismo (macro- e microcosmo). Le ali simboleggiano il primato
dell’intelligenza, che si pone al di sopra della materia per poterla dominare attraverso la
conoscenza.
Il Caduceo con due serpenti indica anche il potere di conciliare tra loro gli opposti, creando
armonia tra elementi diversi, come l’acqua, il fuoco, la terra e l’aria. Per questo ricorre
frequentemente in alchimia, quale indicazione della sintesi di zolfo e mercurio, oltre che nel
simbolismo della farmacopea e della guarigione fisica.
Riferito all’universo, indica la potestà di dominare il caos e mettere ordine, creando armonia tra
le tendenze ruotanti intorno all’asse del mondo.
Riferito al corpo umano, indica il potere taumaturgico di colui che è in grado di portare armonia in
un organismo malato.
Il Caduceo simboleggia in senso lato l’enigma della complessità umana e delle sue infinite
possibilità di sviluppo.

Come citato in questo brano, il caduceo rappresenta quindi da sempre peculiarità e riferimenti
espliciti o metaforici relativi alla fisicità umana. Fisiologicamente, infatti, simboleggiava presso
gli antichi egizi le correnti vitali che scorrono nel corpo umano.
Non a caso nella tradizione yogica indiana, l’energia vitale dell’essere umano, in forma sottile,
risiederebbe alla base della colonna vertebrale, in un plesso corrispondente al primo di 7 centri
definiti “energetici”.
Questa energia, è rappresentata proprio da un serpente ed è chiamata Kundalini.
Secondo gli yogin, questa energia va risvegliata, consentendogli di risalire lungo la spina dorsale,
verso l’alto, attivando ciascuno dei sette centri vitali denominati “chakra”.
Il raggiungimento dell’ultimo chakra, posizionato alla sommità del capo, permetterebbe il
raggiungimento dell’illuminazione o del sé risvegliato.
La tradizione indiana, ha una propria medicina tradizionale denominata Ayurveda.
La sorprendente assonanza tra caduceo, quale simbolo “delle infinite possibilità di sviluppo” del
fisico umano, aggiungerei di adattamento, inteso come capacità di cambiamento , e la simbologia
della tradizione medica indiana ci appaiono del tutto evidenti.
D’altro canto, non sembra affatto azzardato, nell’osservare il caduceo quale simbolo che richiama “
le correnti cosmiche riferite sia all’universo che all’uomo nella complessità del suo organismo…”,
richiamare alla memoria il sottile equilibrio di forze relative ai “cinque elementi “ della medicina
tradizionale cinese.

In questa, infatti, lo stato di salute del corpo umano deriva in modo assoluto, proprio
dall’equilibrio di energie sottili, così come queste, i due serpenti, nel caduceo, sono mantenuti in
costante e solido bilanciamento dal bastone su cui si avvolgono.
In questa ottica potremmo dire che sin dall’antichità l’uomo aveva raggiunto una convinzione, ovvero
che il corpo per mantenere uno stato di benessere, sia esso fisico che psichico, ricorre – come fa
il serpente – ad “un cambiamento” di pelle, un cambiamento adattivo, quale circuito aperto verso
l’ambiente Cosmo-Natura.
Tutti sappiamo che tale qualità è alla base della sopravvivenza di ciascun organismo vivente e
sappiamo anche quali drammatici effetti sulla sopravvivenza delle specie possano avere cambiamenti
ambientali.
L’estinzione di una specie, ad esempio, passa per il massimo dei mali: “La morte”.
Il concetto che ci interessa però considerare in questa sede è esattamente l’opposto, cioè che un
esercizio “oculato” delle nostre capacità di adattamento all’ambiente possa condurci invece al
benessere. Mentre visto su una scala temporale assai più ampia, ci porta alla sopravvivenza
dell’intera specie.

Non possiamo e non dobbiamo commettere l’errore di non pensare che siamo qui, in questo esatto
momento, fatti così come siamo, non solo quale rappresentazione olografica del nostro DNA, ma come
il risultato di un percorso evolutivo dettato proprio dagli adattamenti fisiologici ai cambiamenti
ambientali ed alle nuove necessità che proprio queste variazioni ci imponevano non solo di
affrontare, ma anche di superare in via definitiva con strategie di sopravvivenza che si
ripercuotevano sul nostro fisico, modificandolo. Basta pensare alla posizione eretta, per
intenderci. Questo avveniva con modificazioni proprio del nostro DNA, anch’esso solido e nello
stesso tempo flessibile in continua comunicazione con il sistema ambientale in cui si trova.
Il sistema di regolazione che rende possibile tale processo di interazione con l’ambiente, o con la
“cosmogonia” cinese, o ancora con la natura se preferiamo, è definito “OMEOSTASI”, in cui, un
sistema sensoriale o di ricezione permette la registrazione delle variazioni di stato, e con una
legge di causa effetto si ha come conseguenza la messa in atto di processi atti al riequilibrio
necessario alla sopravvivenza. Ma l’attitudine al cambiamento non è una sola prerogativa
fisiologica, cambiare vuol dire anche modificare le proprie abitudini, le proprie strategie che si
rivelano inadatte. Sin dai tempi di Ippocrate infatti, si considerava l’uomo come un’unica entità
psicofisica ed è colo nell’era cartesiana che si acquisisce l’abitudine di separare la ments dal
corpore . Ma da Freud a Reich si ricomincia a dubitare che tale scissione esista.

Nel 1900, infatti, Selye propone una teoria secondo la quale la nostra mente avrebbe potuto influire
sulla psiche. Iniziò a chiedersi quali effetti potevano avere determinati avvenimenti di un certo
peso dal punto di vista emozionale, ed in particolare si domandava che tipo di modificazioni tale
interazione con il mondo esterno poteva indurre nell’omeostasi organismica. Questi eventi, che oggi
siamo soliti definire stress. Tale situazione , induce un indebolimento della mente, si
indeboliscono i sistemi endocrini e a ciò corrisponde un abbassamento della reattività del sistema
immunitario, lasciano il corpo esposto alle patologie. E’ il fondamento della PNEI
(psico-neuro-endocrino-immunologia).

E’ vero che se tutte le malattie conducono ad un indebolimento Endocrino non tutti gli stress
conducono a malattia.
Nel riconoscere per stress tutto ciò che ciascuno di noi riconosce come evento pericolo. Tale
definizione ci chiarifica il fatto che lo stress, non è il risultato della modernità, ma al
contrario qualcosa che è sempre esistito. Da milioni di anni, allo stato di pericolo corrispondo
solo due funzionali strategie di sopravvivenza, l’Attacco o la Fuga. Tale strategia di sopravvivenza
ha funzionato talmente bene per i nostri avi, che ora a distanza di moltissime generazioni risulta
impresso nei nostri geni che in ogni caso al segnale di pericolo o paura, riconosciuta sul piano
psicologico, vanno attivati dei processi biochimici che predispongono ad una delle due modalità di
sopravvivenza. Tanto per la fuga, quanto per l’attacco, aumenta la produzione di adrenalina e di
noradrenalina sul piano endocrino, portando come conseguenza una maggiore tensione muscolare (per lo
scatto), un aumento delle pulsazioni, tra poco occorrerà maggiore apporto di sangue ed ossigeno ed
il tutto terminerà con una grande corsa all’attacco della preda o verso la fuga dal predatore.

Proviamo ora a pensare però a questo genere di reazione nel momento in cui si vive costantemente
immersi nello stato di stress. Non a caso la nostra è ormai una società altamente competitiva, da
condurre a ritmi sostenuti.
Continueranno ad essere prodotti sempre e comunque grossi quantitativi di sostanze endocrine. Il
sistema circolatorio sarà costantemente sotto tensione e con esso quello muscolare. In tale
situazione, a seconda delle cosiddette predisposizioni personali o genetiche ne deriverà la
patologia ipertensiva piuttosto che contratture a livello dell’apparato muscolo-scheletrico, o
ancora complicanze dovute proprio al costante stato di allerta-pericolo in cui ci troviamo.
Effettivamente va ricordato che allo stimolo corrisponde una reazione e successivamente un periodo
di “ripresa” , se questo manca iniziano i problemi. E’ l’Ansia. Ecco alcuni dei sintomi estrapolati
dal DSMIII, manuale psicodiagnostica.

1) dispnea;
2) palpitazioni cardiache;
3) dolori al torace;
4) sensazione di affogare o di essere soffocato;
5) sbandamenti, vertigini, o sensazione di non stare bene in piedi;
6) sentimenti di irrealtà;
7) parestesie (formicolii alle mani e ai piedi);
8) improvvise sensazioni di caldo e di freddo;
9) sudorazione;
10) sensazione di svenimento;
11) tremori fini o a grandi scosse;
12) paura di morire, di impazzire, o di fare qualcosa di incontrollato durante l’attacco

Fortunatamente, non esiste solo l’attacco o la fuga come reazione plausibile, un’altra è il
cosiddetto “coping”, ovvero la messa in atto di un sistema alternativo, un escamotage per schivare
l’elemento stressor. E’ il caso del traffico quotidiano, se in esso ci immergiamo nella lettura del
giornale, l’elemento stressor “traffico” perde di interesse. (Tecniche mentali di Mears e Simonson).
Ciò ci fa capire che ciò che conta nella fattispecie è come decodifichiamo la realtà. Che lo stress
cronico è molto più dannoso che lo stress a breve scadenza.
Una interpretazione “smorzante” degli eventi stressor, ci porta quindi ad un aumento dei periodi di
ripresa e per questo ad uno stato meno iperattivo dell’asse Neuro-endocrino. Per questo si sostiene
che la meditazione, equivalente al non pensare, abbia effetti benefici sul quadro della salute
individuale.
Le passioni disordinate determinano quindi vere e proprie tempeste biochimiche, che alterano le
funzioni vitali e gli stessi organi deputati alla vita. Il meccanismo psicogenetico di tutti i
disordini patologici, cancro compreso, ha la sua chiave di lettura nella psiche dello stesso
individuo.

Bibliografia:
“Counseling e Psicoimmunologia” di Paolo Monferroso (fonte: Vertici)
“Il Caduceo” di Anonimo (fonte:Wikipedia)
“La Riprogrammazione Esistenziale” di Mario Papadia

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