Connessioni cerebrali meno coordinate col passare degli anni

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Connessioni cerebrali meno coordinate col passare degli anni

25 novembre 2016

In gioventù, le reti di connessioni cerebrali che si attivano durante un compito di memoria sono
poche e ampie, ma con l’avanzare dell’età diventano sempre più numerose e di limitate dimensioni. E’
questo il risultato di una nuova analisi di scansioni di risonanza magnetica funzionale su un
campione di soggetti di ogni età che viene interpretato come un segno della perdita di coesione
dell’attività cerebrale, anche in assenza di un deficit di memoria (red)

da lescienze.it

L’avanzare dell’età lascia un segno evidente nelle scansioni di imaging cerebrale: secondo uno
studio pubblicato sulla rivista “PLOS Computational Biology” da Elisabeth Davison della Princeton
University, nel New Jersey, e colleghi di altri istituti statunitensi, le aree del cervello che
sincronizzano la loro attività durante compiti di memoria diventano sempre più piccole e più
numerose.

Una delle tecniche di imaging più utilizzate nel campo delle neuroscienze è la risonanza magnetica
funzionale, che consente di ottenere una mappa delle aree del cervello attivate mentre il soggetto è
impegnato in uno specifico compito. Gli studi sull’attività cerebrale utilizzano tipicamente un gran
numero di misurazioni su un campione di persone, di cui poi vengono calcolati i valori medi. Davison
e colleghi hanno introdotto un innovativo metodo per caratterizzare e confrontare tra loro le
dinamiche cerebrali di singoli individui.

Gli autori hanno considerato un campione di 77 soggetti tra 18 e 75 anni, e su ciascuno hanno
effettuato scansioni di risonanza magnetica funzionale durante test di memoria e di attenzione,
oppure a riposo. Hanno poi ricostruito le mappe delle diverse reti di regioni cerebrali coinvolte,
le connessioni tra di esse, e la loro evoluzione, mutuando le tecniche matematiche utilizzate
nell’analisi degli ipergrafi, un campo della teoria dei grafi in cui si studiano da un punto di
vista teorico le possibili connessioni tra oggetti.

I risultati mostrano che in una singola persona il numero di reti di connessioni che si attivano in
modo sincrono è costante, entro certi limiti, indipendentemente dal fatto che sia impegnata in un
compito di memoria o di attenzione, oppure sia inattiva. Se si confrontano diverse persone, invece,
il numero di reti neurali coinvolte varia enormemente.

In particolar modo, durante i compiti di memoria la variabilità tra individui è strettamente
correlata all’età. I partecipanti più giovani hanno poche grandi reti sincrone, che collegano quasi
l’intero cervello in un’attività coordinata, mentre altri partecipanti mostrano progressivamente
schemi di connessioni più piccoli e più numerose. Questo risultato viene interpretato come una
perdita di coesione dell’attività cerebrale, anche in assenza di un deficit di memoria.

“Questo metodo caratterizza in modo molto elegante le importanti differenze cerebrali tra diversi
individui che sono spesso complesse e difficili da descrivere”, ha spiegato Davison. “Ma il
risultato forse più importante è che abbiamo messo a punto strumenti potenzialmente molto efficaci
per cercare di comprendere in che modo differenti caratteristiche cerebrali siano correlate al
comportamento, alla salute e alle malattie”.

dx.doi.org/10.1371/journal.pcbi.1005178

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