“Consapevolezza, Meditazione, Rinuncia al frutto dell’azione”
(di Cinzia Pollastrini)
La nostra mente concreta, si esprime e comprende su una base di linearità,
come ad esempio una successione di eventi, una visione dovuta alla linearità
del tempo e dello spazio, propri della manifestazione di cui siamo parte.
Così potrebbe sembrare logico, e magari lo è, che consapevolezza,
meditazione e rinuncia al frutto dell’azione siano in successione in un
percorso di ricerca spirituale, un qualcosa che ci permetta di esprimere
delle qualità maturate tramite la ricerca, nelle esperienze di vita.
In un approccio intuitivo, si potrebbe provare a individuare questi tre
elementi di ricerca, nelle esperienze vissute, con una visuale oserei dire
opposta a quella della mente concreta.
Vorrei quindi presentare questa mia esperienza come argomento del seminario,
in quanto consapevolezza, meditazione e rinuncia al frutto dell’azione, non
sono dichiarati e nominati come in una attenta analisi di ricerca
sull’argomento, ma esistono implicitamente nell’esperienza stessa, velati ma
intuitivamente presenti, un vissuto che non ha un termine, indica anzi una
continuità, caratteristica di un’esperienza dell’anima.
L’esperienza di cui desidero parlare, è il mio viaggio in India, non avevo
dubbi che avrebbe influito sulla mia vita, che avrebbe portato dei
cambiamenti, e così è stato.
Difficile descrivere questi cambiamenti, soprattutto legati alla sfera
interiore, forse quello che percepisco più chiaramente, è che non sento più
differenza fra interiore ed esteriore
i valori si fondono.
Infatti, mi trovo in difficoltà nel rispondere a chi mi chiede della mia
esperienza dal punto di vista spirituale, con toni che attendono eventi
grandiosi e stupefacenti, io riesco a parlare solo delle situazioni vissute
quotidianamente come il mangiare, il dormire, le condizioni climatiche, le
difficoltà di adattamento, la bellezza della natura, le passeggiate, gli
imprevisti, insomma tutto ciò che ho vissuto nelle giornate trascorse lì,
che ha scandito un passare del tempo, fuori dal tempo e dallo spazio, un
unico giorno lungo un mese, con scarsi confini fra il giorno e la notte, fra
ieri e oggi.
Scompare, quindi, la classificazione fra spirituale e non, il modo di
pensare cambia attraverso valori che non rispondono più al sistema solito di
valutazione delle cose, mi appare chiaramente che la mia mente osserva se
stessa, osserva questo nuovo atteggiamento, ne valuta le modificazioni.
Ho avuto anche delle crisi, la prima, sul piano fisico, si è manifestata per
circa una settimana, con problemi alle vie respiratorie, febbre, dolori alle
ossa e conseguente crisi emotiva, volevo andare in ospedale, le cure non
davano risultati, volevo tornare a casa!
Poi tutto si è trasformato, tutto è diventato più armonico e qualcos’altro
dentro di me, osserva
. Il vivere quotidiano è molto semplice, sfrondato
dall’obbligo di apparire, di essere giudicato per come ti vesti, è un modo
naturale di prendersi cura di se stessi con rispetto e attenzione alla
propria salute fisica, le emozioni tacciono, la mente riposa, c’è un bel
silenzio, un silenzio che mi accompagna anche fuori dalla mia stanza, che mi
permette di ascoltare ciò che mi circonda, le parole scambiate con gli
amici, le voci del popolo del parco, della natura in cui questo luogo è
immerso, è come ascoltare con un orecchio posto al centro del mio petto.
Poi è stata la volta di una crisi mentale, la mia mente razionale si era
stufata di tutto quel silenzio, di quella bella armonia, così pacifica e
così
.noiosa! “Andiamo a visitare quel posto, prendiamo l’autobus, anzi
programmiamo un viaggio di qualche giorno e andiamo a vedere un’altra
città
”
Le capacità organizzative della mia mente, in stand buy per un tempo al
quale non è abituata, volevano la loro attenzione, dentro di me una lotta
che mi faceva stare davvero male.
Forse è stato quel “qualcosa dentro di me che osserva” ad avere la meglio,
il rifiuto di farmi organizzare dalla mia mente è uscito con la chiara
espressione verbale “non sono qui in vacanza, ho bisogno di raccoglimento!”
Ed è ciò che ho provato, un vero senso di raccoglimento, di attenzione al
mio tempo, inteso come ritmo interiore.
Credo che l’esperienza più importante che ho vissuto ad Adyar sia proprio
aver ritrovato il contatto con il mio ritmo, la consapevolezza della sua
esistenza, la certezza che quel viaggio all’interno di me è iniziato e che
lo sto percorrendo, senza ritmi imposti dall’esterno, dalla mente concreta,
bensì dal ritmo naturale del battito del mio cuore.
Il fluire della bellissima energia di Adyar, mi ha sfiorato anche attraverso
il contatto con le persone, lì ognuno appare per ciò che è veramente,
l’amore guarda le persone al posto “tuo”.
L’ambiente è ricco di prana, non è necessario alimentarsi abbondantemente,
le ansie svaniscono, i bisogni primari si riducono ad una essenzialità che
favorisce la fluidità energetica, non si compie nessuno sforzo
..le cose
“accadono”, ed è proprio questo “accadere” che cambia le facoltà di
percepire, ogni cosa, ogni persona, ogni albero o filo d’erba, ogni
minuscolo o più grande animale, il rumore del mare, del vento, il rauco
verso dei corvi, emblematici messaggeri di un dialogo sul piano intuitivo. E
tu ascolti, osservi, e le porte si aprono, le presenze ti ascoltano, ti
osservano.
In certi momenti l’energia è così forte che ti impedisce di pensare, smetti
di chiederti “perché”.
Semplicemente un velo si alza e tu sai che cosa devi fare,
nell’immediatezza, senza domande, senza incertezze, con gioia e abbandono,
il bambino interiore sorride, è felice, sazio.
La volontà comincia a seguire un’altra via, il contatto con la terra,
camminando a piedi nudi, ti rende consapevole della sacralità del proprio
corpo, dell’importanza del nutrimento spirituale attraverso gli strumenti
terreni o apparentemente tali, come il respiro che accompagna ogni passo e
senti la sua voce: mantieni il contatto con la terra attraverso i passi
compiuti, respira, senti l’energia del cuore, osserva la sua luce.
Ancora altra energia entra in te, ma dal capo, ti attraversa e incontra
l’altra, all’altezza del cuore, e quella che prima osservavi come una
pervadente, dolcissima luce verde, si trasforma in un punto luminoso che
subito dopo si apre a stella
.. Silenzio.
Molte cose devono ancora maturare dentro di me, molti semi, raccolti ad
Adyar, dovranno germogliare, quel tempo interiore conosciuto o ritrovato che
sia, è il clima ideale per la loro crescita e lì, nella terra calpestata dai
Maestri, in quel luogo che è la mia terra, dove non servono mezzi per
raggiungerla se non il togliersi le scarpe e camminare a piedi nudi, nel
tempio della mia anima, ne avrò cura, senza fretta, aspetterò amorevolmente
che spuntino ma non attenderò frutti, poiché il frutto e il seme, sono la
stessa cosa, nello stesso istante, solo osservati in momenti diversi nello
scorrere di un tempo relativo.
Vorrei solo aggiungere che, consapevolezza, meditazione e rinuncia al frutto
dell’azione altro non sono che tre fasi di un processo di trasformazione
interiore, insite l’una nelle altre, come tre diverse sfaccettature dello
stesso gioiello. Il frutto che spesso attendiamo, mai maturerà se non si ha
consapevolezza che quel frutto è già l’azione stessa, è l’esperienza che
stiamo vivendo.
In realtà, non siamo noi stessi il frutto delle nostre azioni?
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