Conversioni armoniose

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Conversioni armoniose

La coscienza di Krishna è un’antica tradizione religiosa che si propone di convertire?

Sì e no.

“Non si tratta di convertire i Cristiani all’induismo.
Noi convertiamo gli atei alla coscienza di Dio”.

(lettera di Srila Prabhupada del 26 giugno 1976)

In una recente riunione familiare cominciai a parlare della coscienza di Krishna e della sua
importanza nella mia vita. Per i miei parenti stretti questo è un parlare a cui sono abituati, ma
per quelli che vedo di rado, questo argomento riporta a molti anni indietro, ai primi giorni della
mia “conversione” come essi la chiamano. Evidentemente, mio zio Sydney si sentiva particolarmente
provocato dalle parole che dicevo. “Stai cercando di convertirci?” disse impulsivamente, mentre le
parole uscivano velocemente dalle sue labbra sorridenti ma adirate. “Convertirti? Non sapevo che tu
appartenessi a qualche religione.” “Sono un ebreo”, disse con incredulità, come se questo semplice
fatto potesse risolvere tutti i problemi. “D’accordo, non credo in Dio, ma sono un ebreo.” Un
silenzio imbarazzato. ” Sì, per lo meno io sono nato ebreo ed anche tu lo eri.” “Ero anche nato
bambino” replicai, cercando di aggiungere una nota spiritosa alla discussione. “Ma le cose sono
cambiate, non è vero? Il solo fatto di essere nato in una religione non ti rende un praticante.” “E
allora?” “Allora non avevo pensato che il mio parlare con entusiasmo della tradizione religiosa che
ho accettato, la coscienza di Krishna, potesse in qualche modo coinvolgere la tua relazione con la
religione della tua nascita.”

Lasciammo cadere il discorso. Ma quella sera quando rientrai a casa riflettevo sul punto di vista di
mio zio. Perché si considerava un ebreo anche se non praticava la religione? Perché la mia
conversione alla coscienza di Krishna gli risultava sgradita e perché, in effetti, stavo cercando di
convertirlo? Come avrei mai potuto spiegargli che la mia ‘conversione’ come lui la vedeva non era
uno spostamento orizzontale dall’Occidente all’Oriente, ma anzi un movimento verticale, come per
dire, dalla Terra ferma al percorso della trascendenza?

ESCLUSIVISMO RELIGIOSO

La tensione che mio zio provava a proposito della coscienza di Krishna e del giudaismo nasce
dall’esclusivismo religioso, quel particolare punto di vista che divide le religioni in base ai
fondatori, alle scritture sacre e alle differenze storiche e geografiche. A causa di queste
differenze i seguaci di alcune religioni credono che solo il loro percorso sia efficace e che tutti
gli altri mostrino gradi variabili d’impotenza. Per questo, molte religioni, in particolar modo
quelle che sono nate in Occidente, hanno il concetto di essere la vera religione. Essi credono di
essere i soli a percorrere l’unico sentiero che conduce a Dio e alla salvezza. I nostri tempi
moderni però stanno contrastando questo punto di vista. Per la prima volta nella storia documentata
stiamo diventando rapidamente una comunità globale, che naturalmente conduce ad un pluralismo di
religioni —una sincera comprensione dei percorsi religiosi dei nostri vicini e di come essi trovino
legittimamente posto nelle nostre impostazioni metafisiche.

Il punto di vista pluralistico diventa ancor più ragionevole quando ci rendiamo conto che tutte le
genuine tradizioni religiose credono in una verità trascendentale (di solito chiamata Dio) e nel
nostro obbligo di agire in armonia con questa verità. E tuttavia l’esclusivismo continua ad
esistere. Da dove viene? Qual è la sua origine? Da un punto di vista psicologico esso può essere
facilmente ricondotto al desiderio di un’unicità cosmica, la necessità di distinguersi come l’unico
tramite verso la realtà ultima. Per quanto riguarda le religioni nate in Medioriente, gli eruditi
individuano l’origine dell’esclusivismo nell’esilio degli Ebrei a Babilonia, quando per la prima
volta si convertirono al monoteismo sviluppando la tradizione di non mescolarsi con le altre
nazioni. Ma questo non bisogna dirlo a mio zio. La legge di Mosé è vista come l’unica rivelazione e
lega gli Ebrei a Dio, in un modo in cui nessun altro popolo è collegato a Lui. Questo li rende “il
popolo eletto”.

La credenza ebraica di “un Dio geloso” è stata estesa dalla loro progenie cristiana nel concetto
“Gesù è l’unico figlio nato da Dio”. In realtà, nascendo dal fertile suolo dell’esclusivismo ebraico
la tradizione cristiana afferma che si può raggiungere il Supremo solo attraverso Gesù, una credenza
che ispira l’attività missionaria dei Cristiani in tutto il mondo. Ma se riflettiamo profondamente
su questo, possiamo realizzare di far tutti parte dello stesso Essere —Dio— e che la nostra unicità
consiste esattamente nel come, secondo la nostra speciale posizione psico-fisica, Lo serviamo e
sviluppiamo amore per Lui. Come creature limitate, chi siamo noi per porre limiti all’amore di Dio,
affermando che Lui accetterà l’amore di coloro che sono su un certo percorso e non quello degli
altri? I movimenti ebraici che hanno realizzato quest’affermazione sono arrivati a riconoscere altri
legittimi percorsi verso Dio e il Concilio Vaticano del 1965 ha affermato il principio che i
Cristiani devono apprezzare quello che c’è di vero e di buono nelle altre fedi. Con questo non
vogliamo dire che le differenze fra le tradizioni religiose sono semplicemente semantiche o
addirittura che tutti i percorsi sono ugualmente efficaci per portarci alla destinazione suprema.

Nel Movimento Hare Krishna bilanciamo la nostra disponibilità verso le intuizioni delle varie
tradizioni religiose del mondo con un’acuta indagine sui contenuti di ognuna di esse. Ci deve essere
un criterio superiore per distinguere tra le verità religiose, anche se tutte le maggiori tradizioni
sono essenzialmente accettabili.

CHE COSA È LA RELIGIONE?

In una conferenza pubblica nel 1972, Srila Prabhupada ha definito con saggezza la vera natura della
religione:

“Nella società umana c’è sempre qualche tipo d’istituzione religiosa. Essa viene chiamata dharma,
fede. Come già spiegato, per dharma s’intende il proprio dovere costituzionale e funzionale.
L’essenza della vera religione è servire il Signore. Noi abbiamo, comunque, sviluppato molte
religioni diverse nella società, secondo i paesi e le circostanze…
Ci si può attenere a qualsiasi tipo di principio religioso, ma il risultato deve essere
l’ottenimento della perfezione. Si può dire che si stanno seguendo perfettamente i princìpi della
propria religione come si trovano nella Bibbia, Corano ecc. e tutto ciò è molto buono, ma qual è il
risultato? Il risultato dovrebbe essere che una persona deve aumentare il suo desiderio o la sua
tendenza ad ascoltare ciò che riguarda Dio.”

Nel mio colloquio con lo zio Sidney, queste idee erano ben presenti alla mia mente. Certamente
consapevole della sua discendenza ebraica (come della mia), cercavo di approfondire l’argomento.
Parlavo della pratica dei princìpi spirituali. Non ero assolutamente interessato al fatto che questi
princìpi si chiamassero ebraismo, cristianesimo o induismo. Nell’insegnamento di Prabhupada, detto
Vaisnavismo, quest’essenzialità spirituale viene chiamata sanatana-dharma o l'”eterna funzione
dell’anima”. Quest’antichissima tradizione porta i propri seguaci al cuore del percorso religioso:
amare Dio. Essa mette in evidenza la qualità della devozione di una persona e non l’etichetta del
particolare percorso che essa segue. Come una volta Prabhupada disse in una conversazione nella sua
stanza a Ginevra nel giugno del 1974:

“Prima di tutto cosa è la qualità? La qualità del cristiano si vede da come obbedisce o no ai Dieci
Comandamenti. Se non lo fa, allora dov’è il suo essere cristiano? Questo è detto guna-karma: sulla
base delle proprie qualità ed attività, una persona diventa cristiano o indù o musulmano. Ci deve
essere la qualità. E quando si sviluppa la vera spiritualità, sia nel cristianesimo, nell’induismo o
nella religione musulmana —non ha importanza— allora c’è la qualità desiderata… Quindi, il nostro
Movimento esiste per insegnare alle persone ad amare Dio e questo è affermato nel Bhagavatam: è una
religione di prima categoria quella che porta i propri seguaci ad amare Dio.”

Secondo Prabhupada, il percorso più elevato è quello con cui si sviluppa amore per Dio. Se non si
sviluppa quest’amore necessario, allora l’intera costruzione religiosa non è niente di più che una
distrazione dallo scopo ultimo della vita. Prabhupada fonda quest’idea sullo Srimad-Bhagavatam
(1.2.6), che può essere definita la più profonda di tutte le scritture religiose: “L’occupazione
suprema (dharma) per l’uomo è quella che conduce al servizio d’amore devozionale al Signore
trascendentale. Questo servizio di devozione deve essere incondizionato e ininterrotto per
soddisfare completamente l’anima.” In altre parole, c’è quello che può essere chiamato dharma
esteriore (doveri, religiosità) e quello interiore e se il primo non conduce al secondo, allora il
primo è inutile. Questo può essere compreso per mezzo di un attento studio della Bhagavad-gita:
Krishna all’inizio insegna agli uomini ad abbracciare completamente il dharma. Egli afferma che è
per lo specifico scopo di stabilire il dharma, che Egli discende in persona (B.g. 4.8), ma questo si
riferisce al dharma esteriore. Quando la Gita arriva alla conclusione, Krishna ci consiglia di
lasciare il dharma esteriore e di prendere rifugio in Lui (B.g. 18.66). Questo è il dharma
interiore. Come dimostra l’esempio di mio zio, se prendiamo in considerazione solo il modo di
praticare la propria religione è fin troppo facile lasciare Dio fuori dal problema. Per questo, Sri
Krishna in definitiva afferma che è importante seguire le tradizioni religiose, ma è ben più
importante attenersi all’essenza della religione.

CHE COSA È IL DHARMA?

Il Movimento Hare Krishna rispetta e pratica il dharma così com’è enunciato negli antichi testi
vedici, ma sottolinea l’essenza del dharma: amare Dio. In definitiva questo è ciò che insegna ogni
religione — aderire al dharma esteriore, ma considerandolo in prospettiva subordinato al dharma
interiore. Bisogna acquisire questa percezione per comprendere il vero significato della ricerca
religiosa.
In sanscrito la parola più spesso usata per religione è ancora dharma. Ma dharma significa molto di
più di una particolare setta a cui uno aderisce per esprimere una qualche fede religiosa. Tra le sue
numerose definizioni, dharma letteralmente significa “l’essenza di una cosa”. Il dharma dello
zucchero è la dolcezza; il dharma del fuoco è il calore; il dharma dell’essere vivente è conoscere
ed amare Dio. In altre parole, dharma è ciò da cui non possiamo separarci. Si può cambiare fede, il
modo di esprimere la propria religiosìtà — un ebreo può diventare musulmano, che può diventare
cristiano, che può diventare indù, ma si rimane servitori di Dio. Questo è il vostro vero dharma.

Qualcuno potrebbe protestare: “lo non sono un servitore di Dio. lo sono io. lo non servo nessuno.”
Se esaminiamo attentamente la nostra vita, vediamo chiaramente che siamo sempre dei servitori.
Possiamo servire Dio o per estensione l’umanità. Possiamo servire la nostra famiglia o i nostri
sensi, ma dobbiamo servire. Nello stato condizionato dell’esistenza materiale, gli esseri viventi
servono Dio indirettamente e sfavorevolmente, mentre nello stato non condizionato dell’esistenza
spirituale gli esseri viventi servono Dio direttamente e favorevolmente.
Per dare un esempio, nello Stato tutti servono lo Stato. Alcuni lo servono direttamente e
favorevolmente come i poliziotti, i soldati, i politici, i contribuenti e così via, mentre altri lo
servono indirettamente e sfavorevolmente come i detenuti. Intrappolati nella prigione della natura
materiale sotto la supervisione di Durgadevi (la personificazione dell’energia materiale), le anime
condizionate sono costrette a servire maya o l’illusione e in cambio del loro servizio qualche volta
sono colpite dalle crudeli leggi della natura e talvolta blandite dal suo tocco sempre mutevole. Le
anime liberate, invece, che vivono nella suprema dimora di Dio (cioè nel regno di Dio, la nostra
dimora originale) servono direttamente il Signore con un numero infinito di rasa spirituali o
relazioni trascendentali, godendo una vita di eternità, conoscenza e felicità insieme alla Suprema
Personalità di Dio, la fonte di ogni piacere.

NON ESSERE SETTARI

Poiché Dio è uno, anche la religione deve essere una. Quest’unica religione comune, a cui ci si
riferisce con vari nomi, è nota alla maggior parte degli Indiani (e ai devoti Hare Krishna) col nome
di sanatana-dharma ed è questa che essi cercano di praticare. Così, sanatana-dharma, la religione
del Movimento Hare Krishna non è un concetto settario che cerca artificialmente di screditare le
altre religioni e stabilire la sua supremazia, sulla base di concetti materiali di superiorità ed
inferiorità; essa è il naturale impulso dell’anima spirituale ad amare e servire Dio. È la natura
essenziale, il dharma interiore di tutti gli esseri viventi. Il Movimento Hare Krishna insegna che
gli esseri viventi non sono, in realtà, cristiani, ebrei, indù o musulmani, poiché queste sono tutte
designazioni dei corpi. E questo dovrebbe risultare evidente dalla mia conversazione con mio zio.
Una persona non è il suo corpo, ma è invece un’anima spirituale. Ciò nonostante molti pensano di
essere cristiani, per esempio, perché sono nati in una famiglia cristiana. Essi ovviamente non
considerano che nella loro prossima vita — o in futuro in questa — possono diventare buddisti o
sikh, o qualcos’altro del genere.

Così un cristiano può convertirsi e diventare ebreo o un indù può diventare musulmano. Ma tutte
queste sono designazioni temporanee del corpo e credenze personali, designazioni che possono
cambiare. Esse hanno un inizio e una fine nel tempo. Perciò non sono sanatana-dharma, la vera
religione eterna di tutti. Se una persona però trova i princìpi del sanatana-dharma negli
insegnamenti del Cristianesimo, dell’lslam o di qualsiasi altra professione religiosa, dovrebbe
accettarli senza considerarne l’etichetta o l’origine. Così la religione Hare Krishna insegna il
vero non settarismo, come si è affermato prima, incoraggiando tutti a seguire qualsiasi sentiero
autentico che lo congiunga a Dio. Come Prabhupada dice: “Una persona può arrivare a conoscere la
propria relazione con Dio seguendo qualsiasi metodo — attraverso il Cristianesimo, attraverso la
letteratura vedica o attraverso il Corano — ma in ogni caso tale relazione deve essere conosciuta.
Lo scopo di questo Movimento per la Coscienza di Krishna non è quello di trasformare i Cristiani in
Indù, o gli Indù in Cristiani, ma di informare tutti che il dovere di un essere umano è quello di
comprendere la sua relazione con Dio.”

La concezione di Srila Prabhupada del vero dharma, di un’unica religione mondiale è così potente che
il settarismo gli appare assurdo: “Cosa è il settarismo? In ogni religione, il bambino dipende dai
genitori. Che cosa intendi per settarismo? Significa che il bambino indù non dipende dai genitori?
Il bambino musulmano non dipende dai genitori? Tutti i bambini dipendono dai genitori. Sia che sia
un bambino indù, un bambino cristiano o un bambino musulmano, non importa. Questa è la natura dei
bambini. Allo stesso modo si può essere indù o musulmani, ma si dipende da Dio. Questo è un fatto.
Allora cosa è il settarismo? Il Musulmano può dire: “No, no. Noi non dipendiamo da Dio”? I Cristiani
possono dire altrettanto? Dobbiamo considerare la condizione generale: siamo tutti dipendenti da
Dio. Dov’è allora il problema del settarismo? Prendete quella nuvola lassù: tutti qui aspettano la
pioggia. Ciò significa che la pioggia è musulmana, indù o cristiana? Tutta la pioggia dipende dalle
nuvole Questo è tutto. La pioggia indù, musulmana o cristiana non è indipendente dalle nuvole.
Perché affermate la vostra indipendenza da Dio?”

Prabhupada sottolinea l’importanza di ricercare la vera religione ovunque si possa trovar la,
sebbene egli esprima chiaramente la sua fede personale nella tradizione vedica, che ha a suo credito
i testi religiosi più completi e più venerati, conosciuti dagli uomini fin dai tempi più remoti: Chi
vuol comprendere veramente Dio, non dovrebbe pensare: “Sono cristiano”, “sono indù” o “sono
musulmano.” [Invece] dovrebbe considerare qual è il metodo più pratico. Non dovrebbe pensare:
“Perché dovrei seguire le scritture indù o quelle vediche?” Lo scopo di seguire le scritture vediche
è quello di sviluppare l’amore per Dio. Quando gli studenti vengono in America per ottenere un
livello di cultura superiore non prendono in considerazione il fatto che gli insegnanti possano
essere americani, tedeschi o di altre nazionalità. Se una persona vuole ottenere un’educazione
superiore, viene e l’ottiene. Nello stesso modo se c’è un metodo efficace per comprendere Dio e
avvicinarsi a Lui, come questo della coscienza di Krishna, dovremmo seguirlo.

CONVERTIRSI A COSA?

Le citazioni come quella precedente giustificano una pausa di riflessione: Prabhupada sta
raccomandando alle persone di convertirsi? Pensa che la sua tradizione sia migliore di tutte le
altre? Se noi consideriamo questa citazione insieme alle altre precedenti, vediamo che Prabhupada
non ci sta raccomandando di saltare da una religione ad un’altra, ma piuttosto di esaminare in modo
approfondito l’essenza della verità religiosa e di vivere in accordo ad essa. Chiaramente egli vede
la tradizione vaisnava come la più globale e le scritture vediche come le più complete. Ed egli
certamente raccomanda a chi ha questa inclinazione, di accettare questi princìpi. Ma per quale fine?
Questo è il punto cruciale. Non è per fare adepti all’lnduismo o a qualche altro interesse settario.
Egli invece chiede alle persone di cercare un metodo scientifico per sviluppare l’amore per Dio. Se
possono farlo aderendo ad una qualsiasi tradizione settaria, allora certamente devono farlo. Ma egli
raccomanda il Vaisnavismo perché sa che funziona.

Prabhupada dice: Sì, io non dico che i Cristiani dovrebbero diventare Indù. Dico semplicemente: “Per
favore obbedisci ai tuoi Comandamenti.” Ti farò diventare un cristiano migliore. Questa è la mia
missione. Non dico: “Nella tua tradizione non c’è Dio. Egli è solo qui nella nostra.” lo dico
semplicemente: “Obbedisci a Dio.” Non dico: “Devi accettare che il nome di Dio è Krishna e nessun
altro.” No, io dico: “Per favore obbedisci a Dio. Per favore cerca di amare Dio.”
Pertanto gli insegnamenti di Prabhupada non sono diretti a convertire le persone da una fede
all’altra, ma a trasformare i materialisti in spiritualisti. Questo è tutto. Il suo desiderio è che
si pratichi la religione con sincerità e con passione. E siccome egli personalmente praticava il
dharma vaisnava, era convinto di poter insegnare agli altri a fare la stessa cosa. Prabhupada non
accettava l’idea di una rivelazione esclusiva o di un popolo eletto, o di un solo salvatore, e
perciò non ragionava in termini di conversione. Egli invece sosteneva che Dio è apparso in varie
forme, in vari momenti e in vari luoghi, per portare la religione a tutte le culture, per far
conoscere i vari aspetti della Sua legge e del Suo amore.

Secondo Prabhupada, l’amore di Dio per l’umanità e la Sua capacità di rivelarsi a creature umane
limitate sono troppo potenti per essere ristretti o limitati ad un particolare periodo, ad un
particolare luogo o ad una particolare cultura. Il suo insegnamento perciò non è settario, sebbene
enfatizzi la prestigiosa tradizione vaisnava. Ed egli non era interessato a convertire, tuttavia
desiderava condividere la scienza vaisnava che insegna a sviluppare l’amore per Dio. Il mio unico
desiderio è che lo zio Sidney possa comprenderlo.

Satyaraja Dasa è un discepolo di Srila Prabhupada che collabora regolarmente a BTG. Ha scritto più
di trenta libri sulla coscienza di Krishna. Vive con sua moglie e sua figlia vicino a New York City.

(da Ritorno a Krishna di Gennaio-Febbraio 2005)

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