Corso di Meditazione Vipassana 6

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Corso di Meditazione Vipassana 6

S.N. GOENKA
< I DISCORSI >
(parte sesta)

(Questi discorsi, tenuti da S.N. Goenka durante un
corso di meditazione Vipassana, sono stati riassunti e
curati da William Hart)

DISCORSO DEL SESTO GIORNO

Importanza di sviluppare consapevolezza ed
equanimità nei confronti delle sensazioni – i
quattro elementi ed il loro rapporto con le
sensazioni – le quattro cause del flusso della
materia – i cinque ostacoli: bramosia, avversione,
indolenza fisica e mentale, agitazione, dubbio.

Il sesto giorno è finito: ve ne restano quattro per lavorare.
In quattro giorni potrete sradicare alcune impurità mentali,
ed imparare la tecnica così bene da poterla utilizzare per
tutta la vita. Se lavorate con il giusto discernimento ed
imparate ad applicare la tecnica alla vita quotidiana,
sicuramente ne ricaverete grandi benefici. Cercate dunque
di comprendere bene la tecnica.

Il cammino che abbiamo intrapreso non porta al
pessimismo. Il Dhamma ci insegna ad accettare l’amara
verità della sofferenza; ma ci insegna anche ad uscirne. È
perciò un cammino di ottimismo, combinato al realismo
ed al “lavorismo”: ognuno di noi deve lavorare per liberare
se stesso.

Il significato di questo cammino di liberazione è
contenuto in poche parole:

“Tutti i saªkh±r± sono impermanenti”.
Quando si ha l’esatta comprensione di
questa verità, allora si diventa liberi dalla
sofferenza; questo è il cammino della
purificazione.

Qui la parola “saªkh±ra” significa “reazione mentale”,
ma indica anche il risultato di questa reazione. Ogni
reazione mentale è un seme che produce un frutto, e tutto
ciò che si sperimenta nella vita è un frutto, è il risultato
delle proprie azioni, cioè il proprio saªkh±ra, passato o
presente. Diventa allora chiaro il significato di un’altra
affermazione: “Tutto ciò che nasce e diventa
compatto è destinato a finire, a disintegrarsi”.

Per purificare la nostra mente, però, non basta accettare questa
realtà a livello emotivo, intellettuale, o per fede. Occorre
accettarla concretamente, e questo può avvenire se
sperimentiamo il processo per cui le cose sorgono e
passano all’interno di noi stessi. Se si fa un’esperienza
diretta dell’impermanenza, osservando le nostre sensazioni
fisiche, allora la comprensione che ne deriva è vera
saggezza, saggezza veramente nostra, con la quale ci si
libera dall’infelicità. Anche se il dolore permane, non si
soffre più per causa sua. Possiamo anzi sorriderne, perché
lo osserviamo con distacco.

Per una vecchia abitudine mentale, abbiamo sempre
cercato di respingere le sensazioni spiacevoli e di
trattenere quelle piacevoli. Fino a che si è coinvolti in
questa altalena di dolore e piacere, respingere e trattenere,
la mente rimane agitata e l’infelicità aumenta. Ma quando
si impara ad osservare spassionatamente, senza
identificarsi con le sensazioni, ha inizio il processo di
purificazione, e l’abitudine inveterata di reagire
ciecamente e di accrescere la propria infelicità si va
gradualmente indebolendo, fino a spezzarsi del tutto. Ma
dobbiamo imparare semplicemente ad osservare, soltanto
osservare, senza fare altro.

Tutto questo non vuol dire che praticando Vipassana si
diventa un “vegetale” che subisce passivamente le offese.
La realtà è che si impara ad agire invece che a reagire. In
precedenza, vivevate una vita fatta di reazioni, e la
reazione è sempre negativa. Ora state imparando come si
fa a vivere nel modo giusto, a condurre una vita sana di
vera azione.

Chi ha imparato ad osservare le sensazioni, ogni volta
che nella vita sarà alle prese con una situazione difficile,
non si lascerà andare a reazioni cieche. Aspetterà invece
per alcuni momenti, rimanendo consapevole delle
sensazioni con assoluta equanimità, e soltanto dopo
deciderà sull’azione da intraprendere. Si tratterà
certamente di un’azione positiva, perché frutto di una
mente equilibrata; sarà un’azione creativa, utile a sé e agli
altri.

Imparando ad osservare il fenomeno della mente e della
materia all’interno di se stessi, ci si libererà dall’ignoranza
e, di conseguenza, dalle reazioni. L’abitudine alla
reazione, come abbiamo visto, dipende unicamente
dall’ignoranza. Se non si è mai osservata la propria realtà
interiore, non si può capire ciò che succede in profondità e
si ignora come avvengano quelle reazioni di avidità e di
avversione, che generano tensioni e si traducono in
infelicità.

Il problema è che la mente è molto più mutevole della
materia. I processi mentali avvengono in maniera così
rapida che, se non ci si è allenati a farlo, non li si può
seguire.

Ignoranti della nostra realtà, siamo profondamente
convinti di reagire agli oggetti esterni, come
visioni, suoni, sapori, ecc. Apparentemente è così, ma chi
ha imparato ad osservarsi scoprirà che, a livelli più
profondi, la realtà è diversa. L’intero universo esterno
esiste, per una persona, solo quando essa lo sperimenta
direttamente, e cioè quando uno dei sensi entra in contatto
con un oggetto. Questo contatto produce immediatamente
una vibrazione, una sensazione. La percezione valuta la
sensazione come buona o cattiva, basandosi su esperienze
e condi-zionamenti del passato, su vecchi saªkh±r±.
Come conseguenza di questa valutazione soggettiva,
condi-zionata, la sensazione diventerà piacevole o
spiacevole, e si comincerà a reagire con simpatia o
antipatia, con bramosia o avversione.

La sensazione è l’anello di congiunzione, che noi
ignoriamo, tra l’oggetto esterno e la nostra reazione.
Questo intero processo avviene con una tale rapidità che
non ne siamo consapevoli: nel momento in cui la reazione
raggiunge il livello conscio, essa si è ripetuta e
intensificata trilioni di volte, ed è divenuta così forte da
poter facilmente sopraffare la mente.

Siddhattha Gotama raggiunse l’illuminazione scoprendo
la causa che sta alla radice della bramosia e
dell’avversione, e sradicando queste ultime sul nascere,
cioè al livello delle sensazioni. In seguito, egli trasmise
agli altri questa sua esperienza. Non era il solo ad
insegnare che occorre liberarsi dall’avidità e dall’avversione;
altri, prima di lui, l’avevano già fatto in India. E
neppure la moralità e il controllo della mente erano
insegnamenti caratteristici del Buddha. Così pure esempi
di saggezza, a livello intellettuale, emozionale o devozionale,
esistevano già prima del Buddha.

L’elemento specifico del suo insegnamento sta altrove,
nel fatto che egli identificò le sensazioni fisiche come il
punto cruciale in cui hanno inizio bramosia ed avversione,
ed in cui queste vanno eliminate. Se non si lavora sulle
sensazioni, si rimarrà alla superficie della mente, mentre,
in profondità, si continuerà a reagire. Imparando ad essere
consapevoli di ogni sensazione che si manifesta in noi, ed
a rimanere equanimi nei suoi confronti, bloccheremo le
reazioni sul nascere, e ci lasceremo l’infelicità alle spalle.

Non si tratta qui di un dogma da accettare per fede, né
di una filosofia da capire con l’intelletto. È attraverso
l’indagine personale che giungerete a scoprire la verità:
accettatela come tale solo quando l’avrete sperimentata.
Anche sentir parlare della verità è utile, ma solo come
stimolo a praticarla concretamente. Tutti gli insegnamenti
del Buddha devono essere messi in pratica e vissuti in
prima persona, se desideriamo affrancarci dall’infelicità.
Il Buddha ci ha insegnato che tutta la struttura fisica è
formata da particelle subatomiche kal±
p± composte dall’insieme dei quattro elementi e dalle loro
caratteristiche sussidiarie.

Nel mondo, sia esterno che
interno, è facile constatare che parte della materia è solida:
elemento terra; una parte è liquida: elemento acqua; una
parte è gassosa: elemento aria; e che in tutti i casi è
presente la temperatura: elemento fuoco. Tuttavia, chi
esamina la realtà all’interno di se stesso, comprenderà i
quattro elementi in modo più sottile. Tutto ciò che ha a
che fare col peso, dalla pesantezza alla leggerezza, fa parte
dell’elemento terra. L’elemento fuoco è il campo della
temperatura, dal caldo estremo all’estremo freddo.

L’elemento aria è collegato con il moto, dall’immobilità
apparente al massimo del movimento. L’elemento acqua
ha la qualità della coesione, e rappresenta ciò che lega.
Le particelle che si formano hanno una predominanza
di uno o più elementi; gli altri rimangono latenti. A sua
volta, la sensazione che si manifesta dipende dalla qualità
dell’elemento predominante nelle particelle. Sorge una
kal±pa con una predominanza dell’elemento fuoco, si
avrà una sensazione di caldo o di freddo; e così avverrà
per gli altri elementi.

È a questo modo che nascono le
sensazioni all’interno della struttura fisica. Se si ignora
questo processo, si daranno valutazioni e si reagirà alle
sensazioni, creando nuove occasioni di infelicità. Ma se in
noi è nata la saggezza, si constaterà semplicemente che le
particelle subatomiche si formano con una predominanza
dell’uno o dell’altro elemento, e che si tratta comunque di
fenomeni impersonali e mutevoli, che continuamente si
manifestano e svaniscono.

Con questa comprensione, non perderemo più
l’equilibrio della mente di fronte ad alcuna sensazione.
Continuando ad osservarci, scopriamo come sorgono le
kal±p±: esse derivano dall’impulso che diamo al flusso
della nostra vita, che è flusso della materia e della mente.
Il flusso della materia richiede un impulso materiale, che è
di due tipi: il cibo di cui ci nutriamo e l’atmosfera in cui
viviamo.

Il flusso della mente richiede un impulso
mentale, un saªkh±ra, anch’esso di due tipi: del presente
o del passato. Se in questo momento alimento la mia
mente con la rabbia, immediatamente questa negatività
mentale ha una corrispondenza a livello fisico, e le
kal±p± che nascono avranno una predominanza
dell’elemento fuoco, causandomi una sensazione di calore.

Se l’alimento è la paura, le kal±p± generate in quel
momento avranno una predominanza dell’elemento aria, e
si avrà una sensazione di tremore; e così via. Il secondo
tipo di impulso mentale è un saªkh±ra del passato. Ogni
saªkh±ra è un seme che darà un frutto col tempo:
qualunque sia stata la sensazione che si è sperimentata
piantando il seme, la stessa sensazione riapparirà quando
il frutto del saªkh±ra salirà alla superficie della mente.

Non dobbiamo cercare di determinare quale di queste
quattro cause sia responsabile del sorgere di una
particolare sensazione. Si deve semplicemente accettare
qualsiasi sensazione si manifesti, cercando di osservarla
senza creare nuovi saªkh±r±. Se non si dà alla mente
l’impulso di una nuova reazione, sarà una vecchia reazione
a dare il suo frutto, sotto forma di sensazione.

Osservandola, quella svanisce. Se di nuovo non si
reagisce, un altro vecchio saªkh±ra sarà costretto a dare
il suo frutto. In tal modo, rimanendo consapevoli ed
equanimi, si fanno affiorare, uno dopo l’altro, i vecchi
saªkh±r±, che via via svaniscono; e ci si libera
gradualmente dall’infelicità. Occorre eliminare la vecchia
abitudine di generare nuove reazioni, e lo si può fare solo
gradualmente, con una pratica ripetuta ed un lavoro
costante.

Naturalmente, si incontrano impedimenti ed ostacoli su
questo cammino: si tratta di cinque potenti nemici che
cercheranno di sopraffarvi e di bloccare il vostro
progresso. I primi due nemici sono la bramosia e
l’avversione. Lo scopo della pratica di Vipassana è quello
di eliminare queste due impurità fondamentali della
mente, ma esse possono manifestarsi anche durante la
meditazione e, se riescono a sopraffare la mente, il
progresso di purificazione si arresta. Anche se la bramosia
ha come oggetto le sensazioni sottili o addirittura il
nibb±na, il risultato è lo stesso.

La bramosia è un fuoco
che brucia, indipendentemente dal combustibile, e vi porta
nella direzione opposta alla liberazione. Così pure, se
cominciate a provare avversione per un dolore che provate
durante la meditazione, andate di nuovo fuori strada.

Un altro nemico è l’indolenza, fisica o mentale. Avete
dormito bene tutta la notte eppure, appena vi sedete in
meditazione, vi assale una profonda sonnolenza. Essa è
causata dalle vostre impurità mentali, che sono destinate
ad essere eliminate dalla pratica di Vipassana, e che quindi

cercano di impedirvi di meditare. Dovete lottare per non
permettere a questo nemico di sopraffarvi. Respirate
leggermente più forte, oppure alzatevi, bagnatevi gli occhi
con acqua fredda, o camminate un po’, e poi ritornate a
meditare.

Oppure può darsi che vi sentiate agitati, e anche qui si
tratta di uno stratagemma delle vostre impurità, per
impedirvi di praticare Vipassana. Per tutta la giornata
correte di qua e di là, facendo di tutto meno che meditare.
Infine, capite di aver perso tempo, e cominciate a piangere
e rammaricarvi. Ma sul sentiero del Dhamma non c’è
posto per le recriminazioni. Se avete commesso un errore,
dovete riconoscerlo davanti ad un anziano in cui avete
fiducia, e ripromettervi di non ripeterlo in futuro.

L’ultimo grande nemico è il dubbio, che può riguardare
il maestro, o la tecnica, o la propria capacità di meditare.
Accettare tutto ciecamente non sarebbe positivo, ma anche
un dubitare continuo ed irrazionale è negativo. Fino a
quando rimarrete immersi nei dubbi, non potrete fare un
solo passo sul cammino. Se qualcosa non vi è chiaro, non
esitate a rivolgervi a chi vi dirige; discutetene con lui fino
a che non avrete capito bene. Se praticate nel modo che vi
viene indicato, avrete certamente dei risultati.

La tecnica non funziona per magia o miracolo, ma per
legge di natura. Chiunque cominci a lavorare in armonia
con la legge naturale, è destinato ad uscire dall’infelicità: e
questo è il più grande dei miracoli.

Le persone che hanno sperimentato i benefici di questa
tecnica sono numerosissime; e non solo quelle che
avvicinarono personalmente il Buddha, ma anche quelle
che sono vissute in epoche successive, ed anche in quella
attuale. Se si pratica correttamente, cercando di rimanere
consapevoli ed equanimi, strati di passate impurità
verranno alla superficie della mente, e scompariranno.

Achi lavora in questo modo, il Dhamma dà risultati
splendidi, qui ed ora. Quindi applicatevi con piena fiducia
e con discernimento. Fate l’uso migliore di questa
opportunità, per uscire dalla sofferenza e godere di vera
pace.

Che possiate tutti provare la vera felicità.

Che tutti gli esseri siano felici!

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