Coscienza nel coma vegetativo
r.s. a cura della redazione ECplanet.net
Esperimenti con la risonanza magnetica funzionale mostrano un’attività neurologica «normale» in
risposta a stimoli esterni
Una paziente in stato vegetativo persistente (coma vigile) da cinque mesi ha mostrato reazioni
cerebrali in tutto simili a quelle di soggetti sani in risposta a una serie di stimoli di diverso
tipo, lasciando supporre ai medici un suo stato di consapevolezza cosciente, nonostante il coma. La
scoperta è stata pubblicata sulla importante rivista scientifica americana Science, ed è stata
permessa dall’uso della risonanza magnetica funzionale (fMRI), una tecnica che consente di ottenere
immagini del cervello non solo statiche, ma anche in grado di mostrare i suoi differenti stati di
attività.
Gli autori dello studio, diretti da Adrian Owen dei Medicai Research Council (MRC) di Cambridge, in
Gran Bretagna, esprimo comunque molta cautela, e sottolineano che, anche se le indicazioni sembrano
confermare che la giovane fosse veramente cosciente durante il coma, questo caso non è
generalizzabiie agli altri pazienti in stato vegetativo persistente.
CHE COSA SIGNIFICA COMA VIGILE – Questa condizione, anche detta di coma vigile, può essere causata
da un trauma o o comunque da una compromissione neurologica grave. I pazienti in questo stato sono
in un apparente stato di vigilanza senza coscienza, con occhi aperti e attività motoria degli arti
limitata a riflessi, senza veri e propri movimenti intenzionali. Talvolta questi pazienti sorridono
senza apparente motivo, inoltre i loro occhi, la loro testa possono ruotare verso suoni e oggetti in
movimento, ma senza fissazione dello sguardo. Talvolta, infine, possono emettere dei suoni, di
solito incomprensibili.
LA VICENDA – La giovane era entrata in coma dopo un incidente stradale e dopo cinque mesi
dall’incidente, era priva di coscienza, anche se conservava i ritmi sonno/veglia, rientrando quindi
nei classici criteri di coma vegetativo persistente. Tuttavia, quando è stata sottoposta a una serie
dì test e a esami con la risonanza magnetica funzionale dell’attività del suo cervello i neurologi
hanno con sorpresa registrato un’attìvità neurale in tutto sovrapponibile a quella di soggetti sani
sottoposti agli stessi stimoli, come se la ragazza fosse cosciente.
L’ESPERIMENTO – Per esempio gli esperti hanno confrontato le reazioni cerebrali della giovane a
frasi banali come «c’è del latte e dello zucchero nel suo caffè» con quelle a suoni senza
significato. In questi casi le sue reazioni neurali ai suoni e alle parole erano diverse esattamente
come accade per un soggetto sano, e se le frasi pronunciate avevano un significato ambiguo nel suo
cervello si attivavano processi semantici necessari alla comprensione del linguaggio, tali e quali a
quelli di volontari sani. Ma la dimostrazione definitiva del suo stato di «consapevolezza cosciente»
è arrìvata quando i neurologi le hanno chiesto di immaginare di giocare una partita di tennis o di
visitare la propria casa. Anche in questo caso le reazioni neurali della ragazza in coma vigile sono
state dei tutto identiche a quelle registrati da volontari sani cui era stata fatta la stessa
richiesta. Questi risultati confermano senza ombra di dubbio, hanno dichiarato gli autori del
lavoro, che la giovane, per quanto in coma vigile, fosse coscientemente consapevole di se stessa e
dell’ambiente circostante. La ragazza potrebbe essere stata in realtà cosciente, nonostante il suo
stato di coma, ha commentato in un secondo articolo sulla rivista Science Lionel Naccache
dell’INSERM di Parigi. Sebbene non si possa generalizzare ad altri pazienti in coma vigile, hanno
concluso gli esperti, questo caso è una chiara evidenza dell’utilità della risonanza magnetica
funzionale per indagare ogni singolo paziente in coma e prendere decisioni caso per caso, anche in
base al tipo di reazioni manifestate alla risonanza.
PRECEDENTI – «Normalmente si ritiene che l’assenza di responsività comportamentale alle richieste o
agli stimoli dell’ambiente – ha spiegato il professor Roberto Piperno, direttore della Casa dei
Risvegli Luca De Nigris e responsabile scientifico del Centro Studi per la Ricerca sul Coma diretto
da Fulvio De Nigris – corrisponda inequivocabilmente all’assenza di un qualunque livello di
consapevolezza e ad una mancata elaborazione cognitiva degli input sensoriali. Eppure, a partire
dalla fine degli anni ’90, un numero crescente di rapporti pubblicati hanno mostrato, anche se
ancora in maniera solo aneddotica, una situazione inattesa: in qualche circostanza elementi di
stimolazione complessa possono essere processati in circuiti neuronali appropriati. Certe funzioní
cerebrali potrebbero pertanto essere più preservate di quanto si immaginava in precedenza e molti
pazienti sarebbero capaci di percepire e processare vari aspetti visivi e uditivi dell’ ambiente,
incluso, in qualche caso, elementi semantici dei linguaggio. Alcune indicazioni suggeriscono che
questo effetto diviene evidente soprattutto utilizzando paradigmi di attivazione che abbiano un
forte contenuto emotivo. L’unica conclusione possibile è che, allo stato attuale delle conoscenze,
non sappiamo se i pazienti, o almeno tutti i pazienti, siano completamente incoscienti».
STUDIO ITALIANO – «Da giugno 2005 a oggi abbiamo studiato con Risonanza magnetica funzionale nove
pazienti (4 donne e 5 uomini) di età compresa tra 14 e 43 anni, con esiti di coma (stato vegetativo
e stato di coscienza minima», spiega Piperno. «In ciascun paziente é stato eseguito lo studio di
attivazione, sottoponendo i pazienti all’ascolto di storie di voci familiari, all’ascolto della
stessa voce in reverse e infine all’ascolto di voce familiare. Con i dati attualmente a nostra
disposizione possiamo confermare come gli studi di attivazione con Risonanza magnetica siano in
grado di documentare in alcuni dei pazienti in stato vegetativo o minimamente cosciente, l’attività
di circuiti cerebrali che sono alla base di funzioni cognitive. In particolare, in uno di essi,
l’attivazione di un’area corticale in regione insulare dimostra anche un coinvolgimento emozionale
da parte del paziente. Questi nostri dati sono preliminari».
Fonte: Corriere della Sera salute / settembre 2006
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