Coscienza oltre la Vita
La scienza delle esperienze di premorte
del Dr. Pim Van Lommel
Il primo libro che affronta il tema della vita oltre la morte in maniera sistematica e scientifica, un documento importante firmato da un importante cardiologo!
La coscienza sopravvive o no alla morte?
Un cardiologo di fama internazionale ci illustra le sue strabilianti ricerche.
Proseguendo leccezionale percorso intrapreso da Raymond Moody, Jeffrey Long e altri, eccoci di
fronte al mistero della vita dopo la vita indagato da una mente scientifica, dalla formazione solidissima e dal metodo inattaccabile, ma aperta ai risultati più sconvolgenti.
Una lettura che fa pensare, documentatissima e ricca di casistica.
Le NDE in ospedale – Estratto da “Coscienza oltre la Vita”
Leggi in anteprima un estratto dal libro del dottor Pim van Lommel e scopri quali sono le sue ricerche da cardiologo esperto sulle esperienze di pre-morte
La prima unità coronarica negli ospedali olandesi venne aperta nel 1966, dopo che il massaggio
cardiaco esterno, la somministrazione di ossigeno e la defibrillazione si erano dimostrate efficaci nel trattamento dei pazienti in arresto cardiaco.
L’arresto cardiaco era e rimane la causa di morte più comune nei pazienti colpiti da infarto
miocardico acuto: negli Stati Uniti per questo motivo muore una persona al minuto, in Inghilterra ne muore una ogni due.
Con l’introduzione delle moderne tecniche di rianimazione e la creazione delle unità coronariche, il
tasso di mortalità, in conseguenza di un arresto cardiaco, si è bruscamente ridotto e, ai giorni nostri, non è insolito che i pazienti sopravvivano.
Cosa accade durante un arresto cardiaco?
Quando lavoravo come cardiologo, mi confrontavo con la morte quasi ogni giorno.
Anche se non avevo mai dimenticato il paziente rianimato nel 1969, e i suoi ricordi del periodo in
cui era rimasto in arresto cardiaco, non avevo mai approfondito questa esperienza.
Tutto però cambiò nel 1986, quando lessi un libro sulle NDE (Near-Death Experience) scritto da
George Ritchie, intitolato Return Front Tomorrow (“Ritorno dal domani”, N.d.T.). Nel 1943, quando
era ancora uno studente di medicina, si era ammalato di polmonite doppia e aveva sperimentato un
periodo di morte clinica. In quel tempo l’impiego degli antibiotici come la penicillina non era ancora diffuso.
In seguito a un episodio dì febbre molto elevata e a un’estrema costipazione polmonare, egli era
“trapassato”: aveva smesso di respirare e anche il suo polso si era fermato. Era stato pertanto dichiarato morto da un medico e coperto con un lenzuolo.
Ma un infermiere, che era rimasto molto scosso dalla morte di quel giovane studente di medicina, era
riuscito a convincere il dottore a praticargli un’iniezione intratoracica di adrenalina: una procedura assolutamente insolita in quei giorni.
Dopo essere rimasto “morto” per più di nove minuti, George Ritchie era ritornato cosciente, con
immenso stupore del dottore e dell’infermiere. Era emerso in seguito che, durante il suo periodo di
incoscienza, quello in cui era stato dichiarato morto, aveva avuto un’esperienza estremamente intensa dì cui ricordava moltissimi dettagli.
Sulle prime non era riuscito a parlarne, anche perché era rimasto molto turbato. Ma,
successivamente, aveva scritto un libro che parlava dì quanto gli era accaduto in quei nove minuti.
Dopo essersi specializzato in psichiatria, Ritchie iniziò a condividere le sue esperienze tenendo
conferenze per gli studenti di medicina. Uno degli studenti che frequentavano queste conferenze era
Raymond Moody. Moody rimase così affascinato da questa storia che iniziò a condurre ricerche sulle
esperienze vissute in situazioni di morte imminente. Nel 1975 scrisse il libro Life After-Life (“La
vita oltre la vita”), che divenne un best seller mondiale. In questo libro egli utilizzò per primo il termine Near-Death Experìence (NDE): esperienza di premorte.;
Dopo aver letto il libro di Ritchie, ho iniziato a chiedermi in che modo qualcuno potesse
sperimentare uno stato di coscienza durante un arresto cardiaco e se questo fosse un evento comune.
Così nel 1986 iniziai a chiedere sistematicamente a tutti i miei pazienti ambulatoriali, a cui era
successo di essere riportati in vita, se avessero ricordi legati al loro arresto cardiaco. Fui molto
sorpreso di sentire, nell’arco di due anni, ben dodici racconti di esperienze simili verificatesi
tra più di cinquanta sopravvissuti a un arresto cardiaco. Da quella prima volta nel 1969 non avevo
udito nessun altro racconto del genere: sia perché non avevo mai indagato fino ad allora queste esperienze, sia perché non ero mentalmente pronto a considerarle possibili.;
Ma tutti quei racconti, che adesso stavo ascoltando, suscitarono la mia curiosità. Dopo tutto, le
conoscenze mediche ordinarie sostengono che è impossibile che la coscienza possa essere mantenuta una volta che il cuore ha cessato di battere.
Durante l’arresto cardiaco i pazienti sono clinicamente morti. La morte clinica è definita come un
periodo d’incoscienza determinato dalla mancanza di ossigeno nel cervello perché o la circolazione o
il respiro, o entrambi, si sono fermati. Se non vengono subito iniziate le manovre rianimatorie, le
cellule cerebrali andranno incontro, nell’arco di cinque-dieci minuti, a un danno irreparabile e il
paziente quasi sempre morirà, anche se l’attività cardiaca si riprendesse successivamente.
Domande sulla funzione cerebrale e sulla coscienza
La molla di tutto fu per me la curiosità: fu questa che mi spinse a porre domande, a cercare di spiegare la correlazione tra i fatti oggettivi e le esperienze soggettive.
Approfondendo le esperienze di premorte sentii sorgere in me un bel numero di quesiti fondamentali.
Una NDE è uno speciale stato di coscienza che si verifica durante un periodo di imminente o di
effettiva morte fisica, psicologica ed emozionale. Come e perché avviene una NDE? Cosa può causare
il verificarsi di una NDE? Come può una NDE cambiare in modo così profondo la vita di alcune persone?
Non potevo accettare le risposte che venivano date a queste domande perché mi sembravano incomplete,
imprecise o prive di fondamento. Nell’ambiente accademico in cui ero cresciuto mi era stato
insegnato che c’è una spiegazione materialista e riduzionista per qualsiasi cosa. E fino a quel momento l’aveva sempre accettata come una verità inconfutabile.
Dopo essermi immerso negli aspetti personali, psicologici, sociali e scientifici delle NDE, ho
scoperto che anche altre domande, che si sentono spesso porre, erano diventate importanti per me:
chi sono io? Perché sono qui? Qual è l’origine della mia vita? Quando e come finirà la mia vita? E cosa significa la morte per me? La mia vita continuerà dopo la morte?
In tutti i tempi e in tutte le culture e durante ogni fase della vita – tra cui la nascita di un
bimbo o di un nipotino, la morte di qualche persona cara o altri importanti momenti di crisi –
queste domande essenziali vengono poste ripetutamente. Probabilmente ve le siete già poste anche
voi. Eppure, raramente riceviamo risposte soddisfacenti. Qualunque cosa accada nelle nostre vite –
sia che andiamo incontro a successi o a delusioni, e indipendentemente da quanto siano grandi la
fama, il potere o le ricchezze che abbiamo raggiunto – non possiamo sfuggire alla morte. Ogni cosa
che raccogliamo attorno a noi perirà in un futuro non troppo lontano. La nascita e la morte sono
realtà di ogni singolo istante delle nostre vite, perché i nostri corpi subiscono un costante processo di morte e rinnovamento.
Alcuni scienziati non credono alle domande a cui non si può rispondere, ma credono a domande che
vengono formulate in modo improprio. Nel 2005 la rivista Science pubblicò uno speciale numero
anniversario in cui venivano poste 125 domande a cui gli scienziati fino a quel momento non erano
riusciti a dare una risposta. La più importante era: «Di che cosa è fatto l’universo?» Seguita da:
«Quali sono le basi biologiche della coscienza?» Mi piacerebbe riformulare questa seconda domanda
nel modo seguente: «La coscienza ha una base biologica?» Possiamo anche distinguere tra aspetti
temporanei e aspetti non legati al tempo della nostra coscienza. Questo fa sorgere le seguenti
domande: «E possibile parlare di un inizio della nostra coscienza? E la nostra coscienza avrà mai fine?»
Per rispondere a queste domande, dobbiamo comprendere meglio la relazione tra la funzione cerebrale
e la coscienza. Dobbiamo scoprire se esistono indicazioni che la coscienza sia presente durante il
sonno, l’anestesia generale, il coma, la morte cerebrale, la morte clinica, il processo del morire
e, infine, dopo che la morte è stata confermata. Se la risposta a qualcuna di queste domande è sì,
dobbiamo cercare di trovare delle spiegazioni scientifiche e analizzare la relazione tra la funzione
cerebrale e la coscienza in queste situazioni. Ciò solleva una serie di altre domande che troveranno risposta in questo libro:
Dove sono quando dormo? Posso essere consapevole di qualcosa mentre dormo?
Esistono indizi della presenza di coscienza durante l’anestesia generale. Come è possibile che
alcuni pazienti in anestesia generale possano più tardi descrivere con precisione cosa è stato detto
o addirittura cosa è stato fatto, in genere nel momento in cui sono insorte delle complicazioni durante l’operazione?
Possiamo parlare di coscienza quando una persona è in coma?
Un articolo recente su Science ha avuto come soggetto l’evidenza scientifica della presenza di
coscienza in una paziente in stato di coma vegetativo. Questa è una forma di coma in cui sono
conservati sia il respiro spontaneo che i riflessi del tronco encefalico. Test cerebrali hanno
evidenziato che, quando a questa paziente veniva suggerito di immaginare alcune attività, come
giocare a tennis o muoversi per casa, i monitor rilevavano cambiamenti identici a quelli che si verificavano in volontari sani a cui venivano date le stesse istruzioni.
Questo significa che i cambiamenti rilevati potevano essere spiegati solo assumendo che questa
paziente, nonostante il suo stato vegetativo, non solo comprendesse le istruzioni verbali, ma anche
le portasse a compimento. La ricerca ha dimostrato che questa paziente in coma era consapevole di se
stessa e di ciò che aveva intorno, ma che il suo danno cerebrale le impediva di comunicare
direttamente al mondo circostante i suoi pensieri e le sue emozioni. Nel suo libro Uit coma (“Fuori
dal coma”), Alison Korthals Altes descrive anche di aver visto lo staff medico e la sua famiglia
dentro e attorno all’unità di cure intensive durante il coma, durato tre settimane, conseguente a un grave incidente stradale.
Possiamo ancora parlare di coscienza quando una persona è stata dichiarata in stato di morte cerebrale?
Nel suo libro Droomvlucht in coma (“Sogno di volo in coma”), Jan Kerkhoffs ci parla della sua
esperienza di coscienza dopo che i neurologi avevano dichiarato la sua morte cerebrale a seguito di
complicazioni occorse durante un intervento di chirurgia cerebrale. Solo grazie al fatto che la sua
famiglia si era rifiutata di donare i suoi organi, Jan ha potuto scrivere delle sue esperienze,
perché, tra 10 stupore generale, ha ripreso conoscenza dopo tre settimane passate in coma.
La morte cerebrale davvero equivale alla morte, o segna invece l’inizio di un “processo del morire”
che può durare ore o giorni? Che cosa accade alla nostra coscienza durante questo processo?
La morte clinica equivale alla perdita di coscienza? Molti racconti di NDE presentati in questo
libro suggeriscono che durante un arresto cardiaco, cioè durante un periodo di morte clinica, le persone possono trovarsi in uno stato di coscienza eccezionalmente lucida.
Possiamo ancora parlare dì coscienza quando una persona viene “dichiarata morta” e il suo corpo è freddo?
Approfondirò questa domanda in seguito.
C’è ancora coscienza dopo la morte?
Possono le ricerche sulle NDE darci una qualche informazione su cosa accade alla coscienza quando
una persona viene dichiarata morta? Dobbiamo cominciare esplorando le risposte alle domande: si può
sperimentare la coscienza dopo la morte? E se sì, come? Come possiamo investigare su cosa accade
alla nostra coscienza quando siamo morti? Da dove vengono le nostre idee sulla morte? Perché vogliamo sapere di più sulla morte, e sul significato di essere morti?
Il confronto con la morte solleva domande pressanti, perché la morte resta un tabù nella nostra
società. Pure è normale che la gente muoia ogni giorno. Oggi circa 6.925 persone moriranno negli USA
(375 in Olanda e 1.400 nel Regno Unito), mentre voi state leggendo questo libro. Questo significa
che ogni anno muoiono negli USA più di 2.530.00 persone (155.000 in Olanda e 509.000 nel Regno
Unito). Nel mondo, ogni anno muoiono più di 70.000.000 di persone. Tuttavia, poiché il tasso di
natalità globale supera il tasso di mortalità, la popolazione mondiale continua ad aumentare. In
media, negli USA ogni giorno nascono circa 11.000 bambini (515 in Olanda e 1.600 nel Regno Unito).
Morire è normale quanto nascere. Eppure la morte è stata bandita dalla nostra società. Le persone
muoiono sempre più in ospedale e nelle case di cura, anche se c’è una crescente preferenza di morire in casa o in un hospice.
Cos’è la morte, cosa è la vita, e cosa accade quando sono morto? Perché le persone sono così
spaventate dalla morte? Di sicuro la morte può essere un sollievo dopo una malattia dolorosa. Perché
i medici spesso percepiscono la morte di un paziente come un fallimento da parte loro? Perché un
paziente “perde” la sua vita? Perché alle persone non è più permesso semplicemente di morire per una
malattia grave e ormai terminale e invece vengono ventilate e alimentate artificialmente attraverso
tubi e flebo? Perché alcune “persone negli stadi finali di una grave malattia tumorale scelgono la
chemioterapia, che può prolungare per un po’ la vita, ma che sicuramente ne riduce la qualità?
Perché il nostro primo impulso è quello di prolungare la vita e posticipare la morte a tutti i
costi? E la paura della morte a causare questo? E la paura nasce dall’ignoranza di cosa la morte
potrebbe essere? Le nostre idee riguardo la morte sono assolutamente esatte? La morte è davvero la fine di tutto?
Anche nei corsi universitari di Medicina si presta scarsa attenzione a quello che potrebbe essere la
morte. Al momento della laurea, i dottori perlopiù non hanno mai preso seriamente in considerazione
la morte. Durante la vita nel nostro corpo muoiono 500.000 cellule ogni secondo, 30 milioni ogni
minuto e 50 miliardi ogni giorno. Queste cellule vengono completamente rimpiazzate nelle 24 ore e,
in questo modo, una persona ha un corpo completamente nuovo ogni due anni. La morte cellulare non coincide pertanto con la morte fisica.
Nel corso della vita, i nostri corpi cambiano costantemente da un secondo all’altro. Eppure noi non
lo sentiamo e non ce ne accorgiamo. Come possiamo spiegare la continuità di questo corpo che cambia
costantemente? Le cellule possono essere paragonate ai mattoni di una casa, ma chi progetta,
pianifica e coordina la costruzione della casa? Non i mattoni stessi. Perciò la domanda ovvia è:
come si può spiegare la costruzione e l’organizzazione di un corpo che è in continuo cambiamento da
un secondo all’altro? Tutti i corpi, a livello biochimico e fisiologico, funzionano allo stesso
modo, eppure tutte le persone sono diverse. La causa di questa diversità non è solo fisica. Le
persone hanno caratteri, sentimenti, umori, livelli di intelligenza, interessi, idee e necessità
differenti. La coscienza svolge un ruolo fondamentale in questa differenza. E qui sorge la domanda: noi esseri umani “siamo” i nostri corpi oppure “possediamo” i nostri corpi?
Più del 50% della popolazione olandese è convinta che la morte sia la fine di tutto. Queste persone
credono che la morte del corpo segni la fine delle nostre identità, dei nostri pensieri, dei nostri
ricordi, e che la morte sia la fine della nostra coscienza. In opposizione, una percentuale tra il
40 e il 50% degli olandesi crede in una qualche forma di vita dopo la morte. Negli USA tra il 72 (il
67% dei maschi e il 76% delle femmine) e il 74% delle persone crede nella vita dopo la morte. Nel
Regno Unito circa il 58% ci crede. Eppure molte persone non si chiedono mai se le loro idee sulla
morte sono davvero corrette, fino a che non si trovano a confrontarsi con il pensiero della propria
morte in conseguenza di un lutto, o di un brutto incidente, o di una grave malattia che abbia interessato o un loro congiunto o qualche loro amico intimo.
Studiando tutto quello che è stato pensato o scritto sulla morte nella storia – in tutti i tempi, le
culture e le religioni- possiamo essere in grado di formarci un quadro della morte diverso e
migliore. Ma lo stesso può essere raggiunto studiando le recenti ricerche scientifiche sulle NDE.
L’evidenza ha dimostrato che la maggior parte delle persone perde ogni paura della morte dopo una
NDE. Una tale esperienza insegna loro che la morte non è la fine di tutto e che la vita prosegue in
un modo o in un altro. Un paziente mi ha scritto dopo la sua NDE: «Io non sono qualificato per
discutere di una cosa che può essere provata solo dalla morte. Tuttavia, per me personalmente questa
esperienza è stata decisiva nel convincermi che la coscienza sopravvive alla sepoltura. La morte mi si è dimostrata non essere la morte, ma un’altra forma di vita».
Secondo le persone che hanno avuto una NDE, la morte non è altro che un diverso modo di vivere, con
una coscienza aumentata e più ampia, coscienza che è dovunque contemporaneamente perché non è più legata a un corpo.
Indice
Introduzione
Capitolo 1 – Un’esperienza di premorte (NDE) e il suo impatto sulla vita Capitolo 2 – Che cos’è un NDE?
Capitolo 3 – Cambiato da una NDE
Capitolo 4 – NDE nell’infanzia
Capitolo 5 – Non c’è niente di nuovo sotto il sole
Capitolo 6 – Ricerche sulle NDE
Capitolo 7 – Lo studio olandese sulle NDE
Capitolo 8 – Cosa accade al cervello quando il nostro cuore si ferma improvvisamente? Capitolo 9 – Cosa sappiamo della funzione celebrale?
Capitolo 10 – Fisica quantistica e coscienza
Capitolo 11 – Il cervello e la coscienza
Capitolo 12 – La continuità del corpo in mutamento
Capitolo 13 – La coscienza infinita
Capitolo 14 – Alcune implicazioni degli studi sulle NDE
Capitolo 15 – Epilogo
Appendice
Glossario
Bibliografia
Ringraziamenti
Autore
Pim van Lommel, cardiologo olandese, ha iniziato il proprio percorso di ricerca sulle NDE
(Near-Death Experiences, o esperienze di premorte) dopo avere notato la quantità di pazienti che, dopo un infarto, dichiaravano di avere avuto visioni dellaldilà.
Nel 2001 ha pubblicato il primo e celeberrimo studio sulle NDE su The Lancet (una delle più
prestigiose riviste mediche internazionali), grazie al quale è diventato il faro per chiunque sia interessato a indagare questo tema da una prospettiva scientifica.
Coscienza oltre la Vita – Libro >> https://goo.gl/hRuk83
La scienza delle esperienze di premorte
Dr. Pim Van Lommel
https://www.macrolibrarsi.it/libri/__coscienza-oltre-la-vita-libro.php?pn=1567
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