Cos’è il distacco spirituale

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Cos’è il distacco spirituale

Il < DISTACCO > MA, COS’E’ IN EFFETTI?

di Guido Da Todi

Pur se la strada sperimentale nelle alchimie della propria evoluzione si
trova a portata di mano d’ognuno di noi, uno dei fenomeni sbalorditivi che
appaiono sul sentiero s’identifica in quel nicchiare, in quel non credere ai
processi di sforzo soggettivo, e nel non dare il giusto entusiasmo alle
azioni che devono trasformare il nostro ego.

In noi medesimi esiste – quale naturale e spontanea possibilità ereditaria –
una fornace di energie cui attingere, per < placcare > – come un giocatore di
rugby – le nodose ed argillose gambe del tamas che ci circonda, e per
sbarazzarci, lentamente, di ogni impedimento al recupero d’una visione
libera del cosmo, destinata all’uomo ed alla donna.

Perchè, a questo punto, due sono i fatti: o poniamo da una parte tutte le
indicazioni, costanti, infaticabili, tradizionali che, da millenni, giungono
all’uomo, dalle alte vette di ogni Guida Divina apparsa sulla terra; oppure,
ci decidiamo, finalmente, a stringere tra i denti la moneta d’oro dei
suggerimenti che ci vengono offerti, ed iniziamo – quanto meno – a saggiarne
la validità.

Tutti i consigli che giungono dalla Scuola Metafisica, tesi a sviluppare le
qualità che portano in sè la gioia dell’ultima realizzazione, oltre che
apparentarsi tra essi, sono il distillato di un’ultima saggezza empirica,
riguardo al Metodo della definitiva liberazione dell’individuo.

Vogliamo cominciare ad esaminare almeno qualcuna di queste indicazioni?

Ecco, si tratta del “distacco”. Ma, dal punto di vista strettamente
< sperimentale > e < magico > .

Ci è indicato dalle filosofie esistenziali tutte, da ogni religione e da
qualunque passato metafisico l’essenziale valore del distacco.

Tuttavia, visto così, genericamente, l’argomento – per quanto mi riguarda –
può rischiare di rimanere privo di ogni senso.

Distaccarsi da ogni azione? Dalla vita?

Non esattamente.

Risulta ovvio – dopo una sentita ed accurata introspezione – che il
desiderio – sia pur di natura infinitamente sublimale – è l’essenza di tutto
quanto esiste.

È ripetuto che lo stesso Logos < desiderò > manifestarsi, ed ebbe luogo il
creato – quale da noi conosciuto.

Lo stimolo fondamentale che si trova alla base d’ogni forma di vita e d’
espressione è, proprio, il desiderio.

E pochi riescono, al giorno d’oggi, a coglierne la natura più vasta. Ossia,
la sua trasformazione in amore.

L’amore è desiderio divenuto catarsi.

Tuttavia, un filo – sia pur di natura sottile – lega sempre l’attore al
frutto delle sue azioni; il Dio al suo creato; l’uomo e la donna al loro
orizzonte espressivo.

Per accettare la realtà dei fatti che esponiamo è necessario un certo
coraggio d’animo ed intellettuale.

Il perfetto < distacco > non esiste, dunque. Oppure, sì, ma riguarda un tipo
di umanità che non sa cosa siano le radici sublimali dell’amore, e delle
motivazioni più archetipiche dell’essere. Un’umanità priva di alte emozioni,
e, in fin dei conti, chiusa in un egocentrismo astratto ed intriso di
elementare ignoranza.

Tradurrei il concetto del distinguendo, ad esempio, quello dell’
emotività dall’emozione pura; quello dello squilibrio esistenziale, da un
equilibrio illuminato; ed il caos, dall’armonia ultima delle cose.

Credo che – sedendoci tranquilli, in un angolo quieto, ed approfondendo l’
argomento – nessuno di voi accetterebbe l’ipotesi futura di vedersi
tramutato in una gelida statua, dal comportamento del tutto disgiunto dalle
cose universali, mentre osserva lo scorrere della vita, ben al di fuori di
se stesso..

Forse, a questo punto, sarebbe il caso di domandarsi:” Chi può mai conoscere
la vera natura del < desiderio > di Dio?”.

Ecco, la domanda ci riporterebbe in giusti parametri di meditazione; ma, non
ci svierebbe dalle asserzioni che andiamo facendo.

Il distacco dalle cose. Vediamo, allora, di esaminare meglio il significato
del concetto.

L’identificazione tra il soggetto, che agisce, ed il risultato dei suoi
propositi – se analizzata dal giusto punto di vista – contiene il seme della
perfetta meditazione.

L’unità della vita è, appunto, questa.

Ogni risultato importante, nel destino dell’individuo, nasce solo quando
egli si realizza in quel che fa e che progetta.

Ma, allora, stiamo dimenticando ogni tipo di < distacco >?

Non esattamente.

Difatti, una volta attuata la messa in opera del proprio istinto creativo, l
‘essere umano dovrà adeguarne la realizzazione ultima al respiro universale
dell’esistenza, che ne vuole una nuova espansione, un nuovo assetto formale.

Ed ecco, allora, a questo punto, la necessità < magica > di un certo tipo di
distacco.

Un distacco da quanto diviene superato, e peso ed ormeggio ad ulteriori
esperienze ed evoluzioni individuali.

L’atto del < distaccarsi > dalle cose assume, allora, un diverso e più
pregnante significato.

Non si tratta di un atteggiamento definitivo e risolutore, da parte di
ognuno di noi. Un modo di comportarsi che serve solo ad isolarci da ogni
compartecipazione e da ogni identificazione con il creato. Ma, l’oculato
intervento ritmico del critico dell’opera d’arte, che si allontana dalla
stessa di un paio di metri, per analizzarne meglio il contenuto celato..

Val bene, a questo punto, riferire un episodio della vita di Paramahansa
Yogananda (Autobiografia di uno Yoghi – Astrolabio editore), per meglio
riuscire a captare i giusti parametri del concetto che stiamo esaminando.

Il Guru del grande Yoghi, Sri Sri Yukteswarji, in riferimento al potere
asfissiante che una stretta identificazione con il proprio mondo interiore
assume verso ogni essere, ebbe occasione di consigliare al suo discepolo:

“..I pensieri ripetitivi che affollano la mente d’ogni uomo sono come un
nugolo d’uccelli, posati sui rami di un albero.. Non si riesce quasi a
diversificare la vegetazione, dai loro corpi. Smetti di dare attenzione a
quello stormo di alati, ed essi spariranno dalla tua vista, rendendo la
pianta della tua creatività interiore rigogliosa e cristallina come prima.”

Ecco, qui sta il punto.

Esattamente come un bisturi, che riesce a sezionare il marcio di una ferita,
cicatrizzandola in breve tempo, così la lama del < distacco > deve servire
solo – e periodicamente – a devitalizzare un filo d’identificazione troppo
stretto, di cui l’uomo e la donna si servono per alimentare, dal punto di
vista energetico, le situazioni che essi creano e portano alla luce, fuori
del loro mondo soggettivo.

Vi è una legge necessaria ed imprescindibile tra voi ed il mondo esteriore:
il flusso del ricambio e della coesistenza di tutte le cose non può venire
interrotto.

< Distaccarsi > da esso – oltre che mostrarsi quale vana prospettiva – provoca
risultati che portano solo dolore.

Nell’aiuto al nostro prossimo è necessario, di conseguenza, essere
< distanziati > dal coinvolgimento che chi vogliamo soccorrere ha
eventualmente verso una visione errata della vita; non certo dal senso di
fratellanza che dovremmo sentire verso tutto e tutti.

Nell’aiuto a noi medesimi, giunge il momento in cui si dovrà avere il
coraggio di isolarci da ogni ciarpame di teorie e concetti che, alla lunga,
rischierebbero di rendere asfittica la nostra esistenza interiore, e – di
conseguenza – esteriore. Teorie e concetti che non sono più uno stimolo per
noi, e non servono che a sclerotizzare il nostro respiro d’anima.

Ognuno di noi è immerso e sospeso in quella corrente unificatrice e
vivificante, che rappresenta il magico filo d’Arianna, sacro ed
irresolubile: il Corpo Uno delle cose tutte.

Come pensare mai che sia possibile < distaccarci > da questa comunione con l’
universo?

Certo, sulle prime, non è facile trovare il giusto bilanciamento
contemporaneo, tra partecipazione e distacco.

Ma, l’esperienza ci fornirà, ben presto, la migliore ottica per ogni nostro
intervento diretto, e indiretto, sulle azioni verso il mondo.

Uno dei migliori esempi dell’immenso potere, detenuto dall’< arma del
distacco >, risiede nella capacità che ogni iniziato – e neppur di grado
maggiore – possiede, nel riuscire a creare, tra sè e l’intero grappolo dei suoi pensieri, un freddo pannello di netta distanza.

Ecco, la magia pratica del nostro sentiero di ricerca.

Isolate, con il freddo trinciante del distacco, ogni putrefatto amalgama di
vostri complessi mentali, di idee ripetitive e prive di creatività, di
presunte qualità; poneteli < a fianco > del vostro intenso ed opalescente
mondo soggettivo, proprio come un bagaglio a perdere; sentitene il potente
calore del fiato, mentre esso continua – nonostante tutto – a saccheggiare
il vostro ossigeno vitale.

Cessate – utilizzando l’arma del < distacco > – di fare scorrere vita ed
interesse, lungo la placenta energetica, che unisce codeste madide creature
del mentale al vostro vero io.

Ponete ogni attenzione, allora, a quel nuovo paesaggio soggettivo, di natura
entusiasmante e ricca di nuove promesse, che vi apparirà.

Questo, e solo questo, sarà, allora, il significato del vero < distacco
spirituale >.

Un’azione che dura solo il tempo necessario e creare nuove unioni e migliore
vita.

Forse, qualcuno si sarà accorto, che in questa serie di articoli, viene posto
il massimo sforzo nell’evidenziare l’aspetto profondamente umano della
ricerca interiore.

State certi che qualunque assioma e principio degli antichissimi
insegnamenti tradizionali tende solo alla semplicità della perfetta
realizzazione.

Man mano che si avanza lungo la strada evolutiva, lo sguardo resta sempre
più sbigottito dalle meraviglie indicibili che la Cornucopia della Divinità
mostra ai suoi figli; ma, il cuore, nel contempo, si arroventa di amore e di
umiltà.

I grandi termini, gli immensi concetti della Rivelazione non servono a
rendere glaciale il ricercatore; ma, lo innestano sempre più nell’unione
intima con il tutto.

Basta solo scoprirne il vero contenuto essenziale.

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