Cos’e’ il Kriya Yoga
(da varie fonti ufficiali)
Per delineare a sufficienza l’importanza storica del Kriya Yoga ritengo opportuno riferirmi al libro che ne ha fatto conoscere al mondo l’esistenza. Un libro che ha raggiunto, negli anni, e con decine d’edizioni mondiali, milioni di copie. In esso viene rivelato il più antico e tradizionale sistema di meditazione e yoga indiani.
Tramite il metodo del Kriya, insegnato solo agli iscritti dalla Self Realization Fellowship, oppure da istruttori a ciò delegati (Self Realization Fellowship – 3880 San Rafael Avenue – Los Angeles, Calif. 90065 USA), e dopo esami mensili da parte della Sede, il neofita viene condotto ad un risveglio psicofisico che ne accelera in modo unico l’evoluzione interiore e lo pone a contatto diretto con “il Principio datore di vita, eternamente benefico, e che può venire percepito da chi ne desideri la percezione”.
Il Kriya Yoga (i cui gradi sono quattro), tramite una semplice, sicura e rigenerante pratica di respirazione, agisce sui centri sottili dell’uomo (chakras), determinandone il risveglio. Il respiro viene guidato lungo la spina dorsale e nei centri del capo, dall’alto in basso, e viceversa. Ognuna di queste azioni praniche determina sottili cambiamenti negli eteri individuali, sì da provocare l’evoluzione di un anno reincarnativo tutte le volte che le si compie (10, 20, 30 volte, ecc..), durante le meditazioni mattutine e/o serali.
Estraiamo, quindi, qualche passo dalla “Autobiografia di uno Yogi”, iniziando dai commenti citati sul retro di copertina:
“Questa è la prima volta che un autentico yogi indù ha scritto la storia della sua vita per i lettori occidentali. Descrivendo con vividi particolari molti anni di educazione spirituale sotto la guida di eccelsi maestri, l’autore ha qui rivelato un aspetto affascinante e poco conosciuto dell’India moderna. Yogananda fu il primo grande Maestro dell’India che per un lungo periodo visse in occidente, dove iniziò più di centomila discepoli allo Yoga (una tecnica scientifica per risvegliare la coscienza divina nell’uomo). In questo libro egli spiega con chiarezza scientifica le leggi sottili, ma precise, per mezzo delle quali gli yogi fanno miracoli ed ottengono il dominio di sé.
Quale relazione di un testimone oculare delle straordinarie vite e degli straordinari poteri dei moderni santi indiani, il libro ha importanza nel tempo e fuori del tempo.”
W.Y.Evans-Wentz (Orientalista)
“Yogananda espone le dottrine esoteriche dell’Oriente con la massima franchezza ed il migliore buonumore. Il libro ha gran merito per la sua documentazione di una vita piena di avventure spirituali.”
United Press
“L’aspetto più importante di questo volume sta nella presentazione autobiografica di molte delle attitudini e discipline dello yoga che hanno reso l’India, dai tempi più remoti fino ai nostri, un Centro dei più grandi spiriti e delle più grandi personalità che il mondo non abbia mai prodotto”.
The Personalist
della “Università of South California Press ”
“Queste pagine rivelano, con forza e chiarezza incomparabili, una vita affascinante e una personalità di inaudita grandezza. Il valore speciale di questo libro sta nel fatto che qui non è un occidentale a parlare accademicamente, ma è uno yogi che scrive di altri yoghi. Dobbiamo a questa “Autobiografia” la capacità di compiere una rivoluzione spirituale”.
Schleswig-Holsteinische Tagepost
“Questo rinnovato contatto con il mondo dello Yoga – il suo dominio mentale sulla realtà materiale e la sua disciplina spirituale – fu per me molto istruttivo, e vi sono grato di avermi offerto una visione di questo mondo affascinante”.
Thomas Mann
(Scrittore)
“Un documento raro”
New York Times
“Non avevamo mai letto qualcosa di simile a questa presentazione dello Yoga, né in inglese, né in qualsiasi altra lingua europea”.
Review of Religion
della Columbia University Press
L’Autobiografia è tradotta in dodici lingue.
Prima che voi leggiate le prossime note dell’Editore americano dell’Autobiografia, vorrei segnalare che le Personalità ivi indicate con i nomi di Babaji (il Santo, il cui Corpo non lascia ombra), di Lahiri Mahasaja (conosciuto in India come il più grande Yogi dell’ultimo secolo), di Sri Yukteswarj (il Sacro Leone dell’India, Guru di Yogananda) vanno evidentemente scoperti e conosciuti soltanto nella lettura diretta del libro di cui parliamo.
* Nota dell’Editore americano: *
Paramahansa Yogananda entrò nel mahasamadhi (la cosciente uscita finale dal corpo, da parte di uno yoghi) a Los Angeles, California, il 7 marzo 1952, appena concluso il suo discorso tenuto durante il banchetto in onore di E. E. Binay R. Sen, ambasciatore d’India.
Questo grande Maestro d’importanza mondiale dimostrò il valore dello yoga non solo in vita, ma anche nella morte. Settimane dopo la sua dipartita, il suo volto era immutato e risplendeva del lustro divino
dell’incorruttibilità, come fa fede la testimonianza di Mr. Harry T. Rowe, direttore del cimitero di Forest Lawn.
Paramahansa Yogananda fondò due associazioni senza carattere settario e senza scopo di guadagno: Self Realization Fellowship (SFR), in America e Yogoda Sat-Sanga (YSS), in India. Egli soleva dichiarare spesso che, attraverso l’opera di queste due organizzazioni, il messaggio di liberazione del Kriya Yoga sarebbe stato sparso in tutte le parti del mondo.
“Gesù Cristo, Babaj, Lahiri Mahasaja e Sri Yukteswarj hanno dato la loro benedizione a quest’opera” – disse Paramahansaji – “ed hanno assicurato che essa vivrà e crescerà”. Codesta organizzazione viene incontro al bisogno più urgente dell’uomo nella presente era atomica: quello di conoscere e mettere in pratica precise tecniche scientifiche per ottenere un’esperienza diretta e personale di Dio.
La missione del grande Maestro viene continuata dai discepoli che Egli addestrò durante molti anni a tale scopo. Il secondo Presidente della SRF-YSS fu James J. Lynn (Rajasi Janakananda). La sua vita bellissima si concluse il 20 febbraio 1955.
Il terzo Presidente della SRF-YSS è la Madre Daya Mata, dell’Ordine di Auto-realizzazione. Ella servì Yoganandaji come segretaria personale, dal 1931 al 1952. Durante la sua prima visita ai centri YSS, in India, ella pose la pietra di fondazione per un nuovo dormitorio YSS nella scuola per ragazzi fondata dal Maestro nel 1918 a Ranchi; inaugurò una “Yogananda Hall”, o “Stanza della Visione”, costruita nel posto in cui Paramahansaji ebbe nel 1920 una visione dei suoi futuri allievi americani, ed inaugurò un Guru Mandir, ossia un santuario in memoria di Yogananda al quartier generale YSS a Dakshineswar.
Il grande Guru scrisse in questo libro (Autobiografia di uno Yogi) delle parole su Lahiri Mahasaya, che ora risuonano nel cuore dei più stretti discepoli di Yogananda stesso, e di quei devoti che conobbero il maestro solo attraverso le sue Lezioni, i suoi libri e le registrazioni della sua voce:
“..In principio mi addoloravo perché egli non era più fisicamente in vita. Ma, quando cominciai a scoprire la sua onnipresenza segreta, non mi lamentai più. Egli aveva scritto spesso a quei discepoli che bramavano troppo vederlo: “Perché volete venire a vedere la mia carne e le mie ossa, mentre io sono sempre alla portata del vostro “kutastha” (visione spirituale)?”
La Self Realization Fellowship annovera aderenti in ogni parte del mondo ed è organizzata in centri e colonie. I suoi scopi e ideali sono:
diffondere tra le nazioni la conoscenza di particolari tecniche specifiche per raggiungere l’esperienza personale di Dio;
dimostrare la verità pratica degli insegnamenti immortali di Gesù Cristo e dei Maestri auto-realizzati dell’India;
indicare agli uomini la strada maestra che conduce a Dio e nella quale convergono tutti i sentieri dei vari “credo” religiosi: la via della quotidiana meditazione;
liberare gli uomini dallo loro triplice sofferenza: malattie fisiche, disarmonie mentali e ignoranza spirituale;
dimostrare la superiorità della mente sul corpo e dell’anima sulla mente;
incoraggiare la comprensione spirituale e culturale tra Oriente ed Occidente;
porre in armonia la scienza e la religione attraverso la conoscenza (realizzazione) che sta alla base dei principi di entrambe;
vincere il male con il bene, il dolore con la gioia, la crudeltà con la bontà, l’ignoranza con la saggezza;
servire l’umanità come il nostro più grande Sé.
Inserisco, a questo punto, alcuni brani tratti dal capitolo XXVI, pag. 225 (Edizione Astrolabio 1981) dell’Autobiografia:
“.La scienza del Kriya Yoga, così spesso citata in queste pagine, è divenuta molto nota nell’India moderna ad opera di Lahiri Mahasaya, il Guru del mio Guru. La radice verbale sanscrita del Kriya è Kry, fare, agire, reagire; la stessa radice si trova nella parola karma, il principio di causa e di effetto. Kriya Yoga perciò significa “unione” (yoga) con l’Infinito attraverso una data azione, o rito (Kriya). Uno yogi che ne segua scrupolosamente la tecnica viene liberato con gradualità del karma, la catena di causa e di effetto e delle sue azioni equilibranti.
In obbedienza a certe antiche regole yoghiche non posso dare una spiegazione completa del Kriya Yoga in un libro destinato al pubblico. La tecnica va imparata da un kriyaban, o Kriya-Yoghi autorizzato; qui, dovrà bastare un ampio cenno.
Il Kriya Yoga è un metodo semplice, psicofisico mediante il quale il sangue umano viene purificato dall’anidride carbonica e risaturato di ossigeno. Gli atomi di quest’ossigeno in sovrappiù si tramutano in correnti di vita per ringiovanire il cervello ed i centri spinali. Fermando l’accumularsi del sangue venoso, lo yogi può diminuire o interrompere il logorio dei tessuti; uno yogi molto progredito tramuta le sue cellule in pura energia. Elia, Gesù, Kabir e altri profeti furono maestri nell’usare il Kriya o una tecnica simile, mediante la quale riuscivano a smaterializzare i loro corpi a volontà.
Il Kriya è un’antica scienza. Lahiri Mahasaya la ricevette dal suo Guru Babaji, che ne riscoprì e delucidò la tecnica perdutasi nelle età oscure. Babaji la ribattezzò semplicemente Kriya Yoga.
“..Il Kriya Yoga che attraverso te io do al mondo in questo diciannovesimo secolo” – disse Babaji a Lahiri Mahasaya – “è la stessa scienza riesumata che Krishna diede migliaia d’anni fa ad Arjuna, e che in seguito fu conosciuta da Patanjali e Cristo, da S. Giovanni, S. Paolo e da altri suoi discepoli..”
Krishna, il più gran profeta dell’India, si riferisce al Kriya Yoga in due versetti della Bhagavad Gita: “..Immettendo respiro inalante nel respiro esalante, e respiro esalante nel respiro inalante, lo yogi neutralizza entrambi questi respiri; così, egli sottrae prana al cuore e lo porta sotto il suo controllo..”
Ciò, s’interpreta nel seguente modo: – calmando l’attività dei polmoni e del cuore, lo yogi arresta la decadenza del corpo ed arresta altresì le alterazioni di crescita delle cellule mediante il controllo di apana (la corrente eliminatoria). Neutralizzando così il logorio e lo sviluppo, lo yogi acquista il controllo della forza vitale. Un altro versetto della Gita dice: “..Si rende libero in eterno quell’esperto in meditazione (muni) che, cercando la Meta Suprema, è capace di ritirarsi dai fenomeni esterni fissando lo sguardo tra le sopracciglia e neutralizzando le correnti uniformi di prana ed apana nelle narici e nei polmoni, e di dominare la propria mente sensoria e l’intelletto, nonché di rendersi libero dai desideri, dal timore e dall’ira..”
Krishna riferisce anche (ibidem, IV, 1-2) che fu lui, in una precedente incarnazione, a comunicare l’indistruttibile Yoga ad un antico illuminato, Vivasvat, che lo passò a Manu (l’autore dei manava Dharma Shastra, o Leggi di manu: Istituti di tradizionale legge canonica ancora in vigore al giorno d’oggi in India). Questi, a sua volta, istruì Ikshwaku, fondatore della solare dinastia guerriera dell’India. Passando, così, dall’uno all’altro, lo yoga reale fu custodito dai Rishi fino al sorgere dell’era materialistica.
Il Kriya Yoga è citato due volte dall’antico saggio Patanjali, principale esponente dello yoga, il quale scrisse: “..Il Kriya Yoga consta di disciplina corporea, controllo mentale e meditazione sull’AUM (Om, Amen).Patanjali parla di Dio come del reale Suono Cosmico OM che si ode nella meditazione. Om è la Parola Creativa, il suono del Motore Vibratorio, il testimone della Divina Presenza. Persino colui che s’inizia allo yoga, spesso, riesce ben presto a percepire nel suo intimo il suono meraviglioso dell’OM. Ricevendo questo sublime incoraggiamento spirituale, il devoto ha la sicurezza di essere realmente in rapporto con i reami divini. Patanjali si riferisce una seconda volta al controllo vitale, o tecnica kriya, nel seguente modo: “..La liberazione può essere raggiunta mediante quel pranayama cui si arriva separando i processi dell’inspirazione e dell’espirazione..”
San paolo conosceva bene il Kriya Yoga, o una tecnica molto simile, con la quale poteva immettere o togliere le correnti vitali nei propri sensi. Per questo poteva dire:” Io muoio ogni giorno. Sì, per la gloria di voi, ch’io ho in Gesù Cristo, nostro Signore..”. Con un metodo per accentrare nel proprio interno tutta la forza vitale corporea (che, ordinariamente, è diretta solo verso l’esterno, cioè verso il mondo dei sensi, conferendo in tal modo a quest’ultimo la sua apparente validità) San Paolo viveva giornalmente una vera unione yoghica con la “gloria” (beatitudine) della Coscienza Cristica. In questo stato di felicità egli era conscio d’essere morto all’inganno sensorio di maya.
Nel primo stadio della divina unione (sabikalpa samadhi), la coscienza del devoto s’immerge nello Spirito Cosmico; la sua forza vitale è sottratta al corpo, che appare “morto”, in altre parole, immobile e rigido. Lo yogi è pienamente conscio del suo stato d’animazione sospesa del corpo. Progredendo, però, verso più alti stadi spirituali (nirbikalpa samadhi) egli comunica con Dio, senza la fissità del corpo e mantenendo desta la sua coscienza normale, anche nel mezzo delle attività e delle mansioni terrene.
“..Il Kriya Yoga è uno strumento mediante il quale l’evoluzione umana può essere affrettata..” – spiegava Sri Yukteswar ai suoi allievi. “..Gli antichi yogi scoprirono che il segreto della Coscienza Cosmica è intimamente legato alla padronanza del respiro. Questo è il contributo impareggiabile e immortale che l’India ha apportato al patrimonio di conoscenze del mondo. La forza vitale che, normalmente, viene assorbita dal compito di sostenere il pulsare del cuore, deve essere liberata per svolgere attività più elevate, con l’aiuto di un metodo per acquietare le incessanti esigenze del respiro..”
“.Il Kriya Yoghi dirige mentalmente la propria energia vitale, facendola ruotare in su ed in giù, attorno ai sei centri spinali (i plessi midollare, cervicale, dorsale, lombare, sacrale e coccigeo) che corrispondono ai dodici segni astrali dello zodiaco, il simbolico Uomo Cosmico. Mezzo minuto di kriya equivale ad un anno di naturale sviluppo spirituale.
Il sistema astrale di un essere umano, con i sei (dodici, a causa della polarità) costellazioni interiori che girano intorno al sole dell’onnisciente occhio spirituale, è in rapporto con il sole fisico e con i dodici segni dello zodiaco. Tutti gli esseri umani subiscono così l’influenza di un universo interiore e di uno esteriore. Gli antichi Rishi scoprirono che l’ambiente terreno e quello celeste dell’uomo lo sospingono innanzi in cicli di dodici anni sul suo naturale sentiero. Le scritture dicono che all’uomo occorre un milione d’anni d’evoluzione normale esente da malattie per perfezionare il suo cervello somatico in modo tale da poter esprimere la Coscienza Cosmica.
Mille kriya eseguiti in otto ore e mezzo danno allo yoghi, in un sol giorno, l’equivalente di mille anni d’evoluzione naturale; 365.000 anni d’evoluzione in un anno. In tre anni un Kriya Yoghi può così ottenere, con il proprio intelligente sforzo, lo stesso risultato che la natura concede in un milione d’anni. S’intende che la scorciatoia del kriya può essere presa solamente da yogi profondamente evoluti. Con la guida di un Guru, tali chela (studenti spirituali, discepoli) hanno accuratamente preparato il loro corpo e la loro mente per poter sopportare l’enorme potenza generata dalla pratica intensiva di questa tecnica.
Il principiante Kriya Yogi esegue il suo esercizio solo da quattordici a ventiquattro volte, due volte al giorno. Alcuni yogi giungono alla liberazione in sei, dodici, ventiquattro, o quarantotto anni. Uno yogi che muore prima di avere raggiunto la piena realizzazione porta con sé il buon karma del precedente sforzo kriya; nella nuova vita sarà sospinto verso la Meta Infinita.
Il corpo dell’uomo comune è come una lampada di cinquanta watt, che non può sostenere i miliardi di watt d’energia suscitati da un’eccessiva pratica del kriya. Mediante un aumento graduale e regolare del semplice e “comprovato” metodo del kriya, il corpo umano si trasforma astralmente giorno per giorno, e alla fine è capace di sostenere quel potenziale infinito d’energia cosmica che costituisce la prima espressione materialmente attiva dello Spirito.
Il Kriya Yoga non ha nulla in comune con i non scientifici esercizi di respirazione insegnati da alcuni zelanti mali informati. I tentativi di trattenere per forza il fiato nei polmoni sono contro natura, e inoltre decisamente spiacevoli. Il Kriya invece è accompagnato fin dall’inizio da un senso di pace ritemprante, e dà sensazioni calmanti nella spina dorsale, che producono un effetto rigenerante.
Quest’antica tecnica yogica trasforma il respiro in sostanza mentale. Con l’evoluzione spirituale si diviene capace di riconoscere il respiro, quale un atto mentale: un respiro di sogno.”
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