Pratica della preghiera
di Thich Nhat Hanh
Cos’è la preghiera? A chi dovremmo rivolgerla? Quali risultati dà?
Un bambino di cinque anni, che amava giocare con il suo criceto,
soffrì molto quando l’animaletto scavò una buca nel terreno e
scomparve. Il bambino pregò Dio con tutto il cuore affinché il criceto
tornasse, ma questo non avvenne. Alcuni anni dopo il bambino, ormai
ragazzo, frequentava un college dove si recitava una preghiera prima
di cominciare le lezioni. Il più delle volte si trattava di preghiere
che a lui apparivano sciocche, come “prego perché domani ci sia il
sole, così potremo fare un picnic”. Ma un giorno una compagna di
scuola entrò in classe piangendo e disse al professore che sua madre
aveva un tumore al cervello e che i medici le avevano dato una
settimana di vita.
Il professore si alzò in piedi, guardò intensamente i suoi studenti e
disse: “Se qualcuno non crede nella forza guaritrice di Dio per favore
esca dalla classe”. Il ragazzo voleva uscire, ma non ne ebbe il
coraggio. Allora il professore chiese di inginocchiarsi e recitò una
preghiera breve, ma molto sentita: “Dio, ti prego di guarire la mamma
di Nancy, proprio adesso. Nel nome di Cristo, Amen”. Due settimane
dopo, appresero che il tumore della mamma di Nancy era scomparso senza
lasciare traccia. Quella guarigione miracolosa rinnovò la fede del
ragazzo nella preghiera.
Perché certe preghiere hanno successo ed altre no? Ci sono metodi che
garantiscano l’efficacia delle nostre preghiere? Se non otteniamo
buoni risultati è perché non abbiamo abbastanza fede o amore? Se
vogliamo che la lampadina si accenda, deve esserci la corrente.
L’estate scorsa, a Plum Village, una praticante era molto malata di
cancro. Sister Chan Khong le offrì un breve insegnamento, ma grazie
alla sua grande fede, lei comprese quanto le era stato detto e lo mise
in pratica. La giovane iniziò a pregare la nonna che era in lei mentre
mangiava, mentre camminava, mentre sedeva e mentre toccava la terra.
Quando pratico la meditazione seduta mando sempre energia d’amore ai
miei studenti. Sono sicuro che questa energia arriva, sia che loro
sappiano che li amo sia che non lo sappiano.. Quel che più conta è che
il mio cuore sia aperto. Io ho solo bisogno di entrare in contatto con
la sorgente dell’amore in me stesso e mandare amore con i miei
pensieri e le mie azioni. Questa è una forma basilare di preghiera che
può essere praticata non soltanto in chiesa o nella sala di
meditazione, ma in ogni atto. Si tocca la sorgente profonda di
bellezza e bontà in se stessi, negli altri, e nell’ambiente. Alla base
c’è la pratica del vivere consapevole.
Tutti i buddhisti vietnamiti conoscono questa preghiera (De Tu Kinh
Lay): “Sono stato/a vittima dell’attaccamento, della rabbia,
dell’arroganza, della gelosia e della confusione, vivendo nella
sofferenza e nell’oscurità per migliaia di generazioni. Grazie alla
luce del Buddha adesso vedo le radici delle mie afflizioni e faccio
voto di ricominciare per trasformare queste afflizioni e vivere
felice”. Questa preghiera è uno specchio, uno stimolo a guardare in
profondità dentro noi stessi per vedere i semi dell’attaccamento,
della rabbia, dell’ignoranza e della confusione in noi. “La luce del
Buddha” è la nostra consapevolezza. Guardiamo in profondità nelle
energie che determinano le nostre abitudini negative, osserviamo i
nostri punti deboli e cerchiamo di trasformarli.
“Faccio voto di evitare le azioni erronee e di intraprendere il
sentiero della bontà. Chiedo che la compassione del Buddha mi aiuti ad
avere un corpo sano e una mente libera da sofferenza e confusione”.
Preghiamo per avere un corpo e una mente sani, così da potere gioire
di pace, stabilità e libertà. Questa preghiera ci aiuta a vivere una
vita piena di salute, felicità e stabilità, libera dall’attaccamento,
dalla rabbia e dall’ignoranza. Ai nostri sforzi seguono quelli del
mondo esterno, dal momento che non c’è un confine tra i nostri sforzi
e quelli che vengono dall’esterno.
A chi dovremmo rivolgerci nelle nostre preghiere? A Dio? A Buddha? Al
Bodhisattva Avalokiteshvara? Dobbiamo guardare in profondità nella
natura di Dio, nella natura del Buddha e nella natura di
Avalokiteshvara. Tutte le volte che giungiamo le mani e chiniamo il
capo possiamo chiedere: “Chi sono io? Chi è oggetto della mia
venerazione? Qual è la relazione fra noi?”. Se crediamo che non ci sia
relazione fra Dio e noi, che siamo altro da Dio, la nostra preghiera è
solo superstizione.
Quando avevo sedici anni, il mio maestro mi chiese di memorizzare
questa frase: “Colui che si inchina e colui a cui è rivolto l’inchino
sono entrambi vuoti”. Ho recitato questa frase per dieci anni prima di
comprenderne il significato. Il Buddha è in me e io sono nel Buddha.
Siamo due e tuttavia siamo uno. Siamo entrambi vuoti, privi di un sé
separato, perciò la comunicazione fra noi è perfetta. Possiamo pregare
Dio perché siamo parte di lui. Non abbiamo bisogno di tempo o spazio.
Il legame profondo è immediato. Nel nostro circuito elettrico c’è
corrente.
La prima condizione affinché la preghiera porti dei risultati è che si
stabilisca la comunicazione, la seconda è che si crei il circuito
elettrico che consiste nella consapevolezza, nella concentrazione e
nell’amore. Se creiamo queste condizioni, l’impianto elettrico
funzionerà sicuramente e vedremo realizzato all’istante il risultato
della nostra preghiera oltre il tempo e lo spazio. Quando c’è unità di
corpo e mente, concentrazione e comprensione, potete toccare le
cellule di vostra nonna presenti in voi e queste cellule possono
essere trasformate e curate. Quando toccate Dio, il Buddha o, il
bodhisattva Avalokiteshvara presenti in voi, la loro energia e la
vostra diventano una sola. Il bodhisattva Avalokiteshvara è il simbolo
dell’amore. Manjushri è il simbolo della comprensione. Samantabhadra è
quello dell’azione compassionevole. Non possiamo negare la loro
esistenza. Quando c’è l’amore c’è anche Avalokiteshvara.
Se la volontà di Dio decide ogni cosa, a cosa serve la preghiera? Come
possiamo cambiare il frutto delle nostre azioni? La risposta è nella
comprensione.
Quando comprendiamo profondamente che gli antenati sono in noi, che
non c’è alcuna separazione tra le nostre cellule e quelle di nostra
nonna, possiamo trasformare il cancro. La volontà di Dio è anche la
nostra volontà, perché noi e Dio siamo uno. Se noi decidiamo di
cambiare, tutti, anche quelli che ci sono più ostili, cambieranno.
Per pregare dobbiamo avere una grande comprensione. Quando vogliamo
che Dio, Buddha o un bodhisattva facciano qualcosa per noi e creiamo
per loro un programma da seguire, crediamo che ciò ci renderà felici.
Potremmo pregare perché nessun essere vivente venga ucciso, nessun
albero tagliato o perché nessun fiume possa essere inquinato, potremmo
creare un programma per Dio da seguire punto per punto. Ma nel
programma di Dio c’è anche la morte. Se gli insetti non morissero,
potrebbero essere distrutti migliaia di ettari di grano. Alcuni esseri
viventi ne mangiano altri e il risultato è una sorta di equilibrio.
Abbiamo una visione profonda tale da creare un ambiente in cui ci sia
equilibrio?
Se non l’abbiamo, la nostra preghiera potrebbe essere superficiale.
Noi preghiamo per noi stessi e per i nostri cari, ma se Dio esaudisse
queste preghiere potrebbe causare disordine nel mondo. Le nostre
preghiere devono sempre essere il frutto della comprensione e della
visione profonda. Per sviluppare la visione profonda occorre praticare
il respiro consapevole, che ci calma e riporta pace e serenità in noi.
Un medico americano ha detto che Dio è come un satellite di
comunicazione. Noi inviamo a quel satellite desideri e aspirazioni che
Dio trasforma in grazia e invia a coloro per i quali preghiamo. I
buddhisti chiamano quel satellite coscienza collettiva (alaya
vijnana). Ogni volta che c’è una trasformazione nella coscienza di un
individuo, c’è anche una trasformazione nella coscienza collettiva,
compresa la coscienza di coloro per cui preghiamo. In questo modo la
nostra Mente è creatrice di coscienza collettiva. Ecco perché dobbiamo
tornare ad essa e trasformarci. Quando lo facciamo, è più rapido di un
satellite. Quando si invia una preghiera ad un satellite servono poche
frazioni di secondo perché arrivi.
Anche la luce impiega del tempo. Ma quando tocchiamo la nostra
coscienza deposito e quindi la coscienza deposito collettiva, la parte
di Dio che è in noi, tocchiamo Dio stesso, immediatamente. Questo
satellite non è nello spazio; è dentro di noi. Finché pensiamo che noi
e Dio siamo entità separate ci vuole tempo affinché la nostra
preghiera raggiunga il satellite e affinché Dio la riceva e la mandi a
coloro per cui abbiamo pregato. Nel cuore dell’insegnamento cristiano
e buddhista troviamo che colui che prega e la persona per la quale si
prega sono entrambe nello stesso satellite, che è in noi. La coscienza
collettiva e quella individuale esistono simultaneamente. Quando siamo
in contatto con la nostra coscienza, siamo già in contatto con quella
collettiva. Toccando la coscienza collettiva, tocchiamo anche la
coscienza individuale.
Noi crediamo che coloro che sono morti non esistano più, ma secondo il
Buddhismo ciò non è corretto. Loro sono ancora qui, ovunque, anche in
noi. Nonostante nostra nonna sia morta, lei è ancora in voi. Quando lo
capirete, le vostre preghiere saranno efficaci. Buddha è la natura
della bellezza e della bontà in voi. Quando toccate il Buddha in voi
potete fare ciò che ha fatto lui. Quando siete arrabbiati o tristi, se
toccate questi semi di bellezza e di amore in voi avrete una visione
più chiara. Il Buddha che è in voi vi aiuta a superare le difficoltà.
Vi aiuta ad accettare le cose che sono difficili da sopportare. Egli
trasforma. Se sapendo che il Buddha guiderà una meditazione camminata
sul monte Gridhrakuta e voleste raggiungerlo fino in India, certamente
vi capirei. Ma se praticherete la meditazione camminata ogni giorno e
saprete come entrare in contatto profondo con la vita, non ci sarà
bisogno di andare fino al monte Gridhrakuta. Buddha non è un concetto,
ma la pura natura del risveglio. Potete fare un passo di tanto in
tanto e state già camminando mano nella mano con il Buddha.
Possiamo rivolgere le nostre preghiere non solo a Dio, a Buddha o ai
nostri antenati, ma anche a coloro che sono ancora in vita. Quando ci
troviamo in difficoltà. se pensiamo a qualcuno che è stabile, felice
ed in pace con una chiara visione delle cose, ci sentiamo confortati.
Questi bodhisattva hanno la capacità di ascoltarci e di offrire la
loro energia per aiutarci. Non dovremmo pregare soltanto i bodhisattva
che sono in cielo, come Avalokiteshvara, ma anche quelli che sono vivi
su questa terra. La vostro compagno di stanza potrebbe essere un
bodhisattva, ma se non la stimate abbastanza, non ve ne accorgerete.
Se ha la capacità di ascoltare con tutto il cuore e con grande
compassione, questa persona è Avalokiteshvara.
Se aprite il vostro cuore solo ai bodhisattva del passato, potreste
non accorgervi dei molti vivi che sono qui, pieni di amore e che ci
ascoltano con attenzione. I bodhisattva sono persone che hanno
praticato giorno per giorno così da aver migliorato la loro visione
profonda. Quando camminate in consapevolezza e vi sentite felici e in
pace, la vostra capacità di visione profonda sta crescendo. Il Buddha
non è il solo ad avere degli insight. Anche voi li avete. In passato
potreste essere stati meno comprensivi di adesso, ma attraverso la
pratica avete sviluppato maggiore compassione. Io prego spesso le
persone che sono ancora in vita. Ci sono ovunque sangha di gente che
pratica realmente per trasformare la propria sofferenza. Queste
persone mi danno un grande sostegno. Io mi rivolgo anche agli alberi,
alla luna e alle stelle, che sono forti, stabili e che possono esserci
di aiuto. Non pregate Dio come se fosse un concetto. Toccate Dio nelle
sue creazioni, così potrete toccare Dio in voi e in quelli che vi
circondano.
Dobbiamo imparare l’arte della preghiera perché questa abbia un
significato profondo. Di solito quando ci troviamo in difficoltà ci
rivolgiamo a Dio per chiedergli di aiutarci. Questo va bene, ma
dobbiamo imparare in base a una visione più ampia. Il nostro scopo è
quello di oltrepassare l’oceano della nascita e della morte senza
paura. Chiedere a Dio di fare qualcosa per noi è troppo superficiale.
Altre volte contrattiamo con Dio: “Se mi darai questo e quello, mi
raderò il capo e sarò vegetariano per tre mesi”. Quando attraversano
l’oceano, molti profughi vietnamiti promettono che se sopravviveranno
si raderanno il capo per tre mesi. Non c’è niente di male in questo.
Desidero solo che pratichiate in maniera più profonda, così da
sorridere a quella parte di voi che cerca di contrattare.
Spesso preghiamo per la salute, ma è un sogno che la nostra salute
possa essere perfetta. Siamo vivi oggi grazie al fatto che siamo stati
malati in passato. Le malattie del passato ci hanno reso immuni.
Cercate, allora, di convivere con i vostri malanni e di convivere con
il 98 per cento di salute su cui potete contare. La medicina ha fatto
molti passi avanti negli ultimi cinquant’anni. Ora le persone si
rendono conto che la salute del corpo è strettamente connessa a quella
della mente. Se imparassimo il modo di affrontare i blocchi della
nostra mente, guariremmo da molte delle nostre malattie. Un bravo
specialista dovrebbe guardare in profondità. Sta per cominciare una
nuova era della medicina, che potremmo chiamare “della manifestazione
collettiva” oppure “medicina di un’unica mente”. Comprendiamo che
molti elementi vicini o lontani possono fare ammalare o curare. Può
anche accadere che i nostri disturbi siano dovuti a qualcosa che
nostro nonno ha fatto due generazioni fa, oppure che subiamo gli
effetti di una bomba atomica lanciata nel sud del Pacifico o anche
dell’infelicità di un’altra persona.
Quando qualcuno è infelice ci può ferire profondamente. Dato che non
abbiamo un sé separato, siamo connessi in ogni direzione, al di là del
tempo e dello spazio. Anche il successo di norma è considerato un
elemento di felicità, ma il nostro successo potrebbe implicare il
fallimento altrui. Quando siamo in grado di pregare non solo per noi
stessi e per coloro che amiamo, ma anche per coloro che ci creano
problemi, si rafforza in noi l’energia della consapevolezza, della
concentrazione, della comprensione e dell’amore. Se non siete in grado
di pregare per chi vi mette in difficoltà, non incolpate Dio o Buddha
se poi non ottenete dei buoni risultati.
Noi preghiamo anche perché ci sia armonia nel mondo, ma la vita è
piena di armonie e di armonie, successi ed insuccessi, alti e bassi.
Quando siamo in contatto con la dimensione ultima, non c’è differenza
fra armonia o disarmonia, successo o insuccesso.
Cerchiamo di fare del nostro meglio per rendere la nostra vita più
armoniosa. E questo è tutto. Quando entrate nel mondo di Avatamsaka,
nel regno di Dio, qualsiasi cosa accada alla vostra salute andrà bene,
che abbiate ottenuto o no il cosiddetto successo. Che viviate un anno
in più o dieci non farà differenza. Quando toccherete la dimensione
ultima in profondità, potrete dimorare nel ciclo del samsara con un
sorriso.
In passato se avevate ottenuto un successo vi sentivate felici, mentre
se avevate fallito in qualcosa vi assaliva la tristezza. Eppure, una
volta toccata la dimensione ultima, vi accorgerete che si può
accettare anche il fallimento. Grazie al vostro fallimento molti altri
potrebbero avere successo. Alcuni potrebbero vedere il caos là dove
voi vedete l’armonia. Lo scopo della pratica è di toccare la
dimensione ultima nella vita quotidiana. Ovunque andiate capite che
voi e gli altri siete una sola cosa. Anche se la vostra salute non è
perfetta e se non avete un grande successo vi sentite appagati. La
preghiera di chi pratica è molto profonda e va oltre la dimensione
storica. L’importante è andare oltre la dimensione storica per toccare
la realtà ultima. Così la vostra relazione con gli altri, con Dio e
con Buddha sarà una relazione di completa unità.
A Plum Village cerchiamo di aprire molte porte alla vostra felicità
per aiutarvi a mantenere l’equilibrio. Quando tornate a casa dovete
scegliere una stanza per praticare il respiro e formare un sangha nel
quale possiate praticare, ascoltare discorsi di Dharma e fare delle
condivisioni, in modo da sentirvi più in pace ed essere capaci di
affrontare anche l’infelicità degli altri. Tutte le volte che qualcuno
soffre e vi fa carico dei suoi problemi dovete essere in grado di
trasformare la sofferenza che ricevete.
Nella coscienza collettiva è presente la coscienza di molti buddha e
bodhisattva, la vostra e quella di coloro che si sentono infelici.
Cercate di usare la medicina più all’avanguardia per entrare nel regno
dei buddha e dei bodhisattva, dove non sarete travolti dalla malattia
della negatività. Questa nuova medicina non ha limiti di tempo e di
spazio. Quando Keplero scoprì che le maree sono influenzate dai cicli
lunari nessuno gli credette. Anche Galileo pensò che Keplero fosse un
visionario. Però adesso sappiamo che la forza di gravità della Luna ha
effetti sulla Terra così come le stelle ne hanno su di noi.
La nostra salute funziona nello stesso modo. Anche chi vive lontano da
noi può renderci felice o infelice. Nella “medicina dell’unità della
mente” anche il dottore deve pregare per i propri pazienti perché
sappiamo che la consapevolezza e la compassione dei nostri medici
hanno effetti su di noi. Un dottore non può essere soltanto un
tecnico: “Questa è la ricetta, apra la bocca”. Occorre che faccia un
passo in più. Dopo la prognosi, il medico deve dire: “Anche io
pregherò per te”. E deve mandare il suo amore e la sua compassione al
paziente. Prima della visita è necessario che respiri, si calmi e
ritrovi la pace nel corpo e nella mente. Soltanto in seguito potrà
fare la sua diagnosi e poi, dopo la prescrizione, dirà al malato:
“Segui i miei consigli, io pregherò per te e ti invierò il mio amore”.
Noi possiamo comportarci allo stesso modo. Se vostro fratello è malato
non potete limitarvi a dire che l’ospedale avrà cura di lui, ma anche
voi dovrete inviargli amore mentre è ricoverato.
Mandate il vostro amore a tutti coloro che sono in pericolo. Non
dovete pensare che possano badare del tutto a se stessi. Noi ci
influenziamo a vicenda, moltissimo. Per la felicità vostra e dei
fratelli e sorelle nel Dharma, oltre che della vostra famiglia,
mandate ovunque il vostro amore. Ad ogni passo mando compassione a me
stesso ed ai fratelli e alle sorelle vicini e lontani. Mi prendo cura
di me e anche di loro. Mandare amore alle persone non è superstizione,
è qualcosa di scientifico. Quando ci sediamo insieme creiamo una
grande energia collettiva, che può aiutare molte persone, vicine e
lontane. La coscienza collettiva può essere guidata dalla comprensione
o dall’ignoranza: più spazio avrà l’ignoranza più le malattie
affliggeranno i nostri corpi e le nostre menti. Al contrario, la
comprensione sviluppa in noi l’amore compassionevole e crea le
condizioni adatte per la guarigione e la salute.
Nella “medicina dell’unità della mente” la coscienza collettiva gioca
un ruolo significativo per la realizzazione della felicità nostra e
dei nostri cari. Dobbiamo cercare la cause primarie dei nostri
malanni, la maggior parte dei quali ha origine nella coscienza
deposito collettiva. Nelle facoltà di medicina non si insegna come
entrare nel regno dell’inconscio. L’inconscio degli psicologi
occidentali è solo una piccola parte delle coscienza collettiva e la
cura della maggioranza delle malattie deriva proprio da questa. Se
vogliamo dare cura dobbiamo preoccuparci di creare una buona coscienza
deposito. Praticate la meditazione seduta, camminata, il parlare e il
mangiare consapevoli. Annaffiate i semi di pace e gioia in voi, ogni
giorno. Gioite del momento presente e condividete pace e amore con gli
altri. Questa è vera preghiera.
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