Cos’è lo Zen
Da “Qu’est-ce que le Zen” AZI. Paris, 1995.
Versione italiana curata da Emanuela Losi e Franco
Chiambalero, Torino 1997.
PERCHÉ LO ZEN ?
Lo Zen è conosciuto in Occidente da inizio secolo, tramite
pratiche quali le arti marziali, la cerimonia del tè, l’addobbo
floreale o la sistemazione dei celebri giardini zen
giapponesi. La profondità della sua filosofia e la purezza
della sua estetica, hanno pure suscitato un forte impatto
negli ambienti artistici e intellettuali. Ma questo
coinvolgimento, mancando lo sbocco su una pratica
autentica, non ha potuto superare la soglia di una curiosità
speculativa.
Questa pratica autentica è zazen: seduti nella postura
corretta, concentrati sulla postura, la respirazione leggera e
lo spirito libero, zazen non è altro che il ritorno alla
condizione normale del corpo e dello spirito. Zazen è in
origine la postura del Buddha, tramite la quale egli ottenne
la completa liberazione, la suprema saggezza e la vera
libertà.
Trasmesso da maestro a discepolo senza interruzione da
più di 2.500 anni, la pratica dello Zen divenne accessibile
agli Occidentali nel 1967 con l’arrivo del Maestro Taisen
Deshimaru in Europa. Nato a Saga nel 1914, morto a Tokyo nel 1982; il
Maestro Deshimaru ha praticato zazen per cinquant’anni ed
è stato il primo a presentare una visione globale dello Zen in Occidente.
Il Maestro Kodo Sawaki (1880-1965), di cui fu discepolo, resta nella storia
dello Zen come il
grande riformatore moderno che seppe ritornare alle origini del più puro
insegnamento del
Maestro Dogen, fondatore dello Zen Soto in Giappone nel XIII° secolo.
Benché lo Zen si sia sviluppato nell’ambito di una delle più antiche
tradizioni dell’umanità,
il buddhismo, l’essenza del suo messaggio ha un significato universale. Esso
è il principio
unificatore che forma la radice della conoscenza di se stessi al di là delle
differenze dei
sistemi, dei valori, delle nazioni o delle razze. Se è talvolta considerato
una religione o una
filosofia, lo Zen non verte in effetti su alcun dogma, né su alcuna
ideologia. Si indirizza
direttamente al cuore dell’uomo, è esperienza vivente e slancio creativo
prima di ogni
formalismo.
Lo Zen consiste essenzialmente nella pratica di zazen. Realizzare questo e
metterlo in opera
nella propria esistenza personale è in effetti una vera rivoluzione
interiore. E’ ritrovare le
proprie radici e penetrare la realtà della propria vita. Attraverso questa
pratica, i valori che danno
un senso alla vita umana sono basati sull’esperienza del corpo e della
mente.
Zazen è l’esperienza dell’unità, prima di ogni dualità. E’ per questo che è
quasi impossibile
parlarne perché il linguaggio separa, esercita una frattura nella realtà di
ciò che è.
Tutte le scienze umane o fisiche osservano l’uomo sotto un angolo
particolare. Ma la somma
di tutte queste visioni non rigenererà mai un uomo vivo, perché la vita di
un essere umano è,
alla fine, al di là di tutte le analisi possibili, questo al di là è la
vita, ed è lo Zen.
LA PRATICA DELLO ZAZEN
E’ IL SEGRETO DELLO ZEN
Per praticare zazen, sedetevi al centro di uno zafu (cuscino
rotondo e spesso), tenetevi ben diritti, inclinate il bacino in
avanti a partire dalla quinta vertebra lombare e tendete la
colonna vertebrale.
Incrociate le gambe nella posizione del loto, o del mezzo-loto, in
modo che le ginocchia siano fortemente radicate al
suolo. Spingete il cielo con la testa, spingete la terra con le
ginocchia.
La mano sinistra riposa sul palmo della mano destra, i pollici si
raggiungono nel prolungamento l’uno dell’altro, esercitando una
leggera pressione, e le due mani sono in contatto con l’addome.
Il mento è rientrato, la nuca tesa, il naso sulla verticale
dell’ombelico, le spalle cadono naturalmente. La bocca è
chiusa, senza contrazione; l’estremità della lingua è contro il
palato. Con gli occhi semichiusi si posa, senza fissare, lo sguardo
un metro davanti a sé.
La respirazione deve essere calma, lunga e profonda. L’attenzione è portata
sull’espirazione,
che deve esercitare una spinta verso il basso su tutta la massa addominale.
L’inspirazione
avviene naturalmente, automaticamente, spontaneamente. Il ventre deve sempre
restare
libero, disteso e in espansione.
In questa postura, il flusso dei pensieri incessanti e delle rimuginazioni
mentali è interrotto
dall’attenzione portata alla giusta tensione muscolare ed alla respirazione.
“Quando lo spirito non dimora su nulla, il vero spirito appare.”
Più si pratica zazen, più si comprende in ogni fibra del corpo che questi
pensieri sono solo
dei contenuti vuoti, privi di ogni sostanza reale, che vanno e vengono. Ci
si rende conto
finalmente che esiste una coscienza intuitiva, originaria ed universale,
radicalmente diversa dalla
coscienza abituale del me. Se mantenete la giusta postura e praticate una
respirazione
sempre più profonda e tranquilla, sentirete la realtà della vita che
impregna tutto l’universo.
Possiamo dire che questo è il campo integrale della coscienza.
Il funzionamento del cervello si chiarifica spontaneamente ed
automaticamente; questo stato
non è quello di una coscienza particolare, ma il semplice ritorno ad una
condizione più
normale del cervello. Se mantenete questo perfetto stato di coscienza in
zazen, la vita
naturale ed incommensurabile è attivata al di là del pensiero del piccolo me
e sentite allora
che siete uniti al mondo esterno, a tutti gli elementi della potente natura.
Noi dobbiamo prendere coscienza dell’aspetto effimero ed impermanente della
mente.
Hishiryo, lo stato della coscienza durante zazen, consiste nel lasciare
passare i pensieri. E’
la coscienza che supera ogni giudizio particolare, come quello che ci fa
ricercare ciò che
amiamo e fuggire ciò che detestiamo.
Hishiryo è il pensiero che ritorna al punto zero del tempo, il pensiero che
le ragioni e le
considerazioni personali non raggiungono. E’ la coscienza universale che
segue il movimento
della natura e l’ordine dell’universo. E’ la coscienza integrale che nasce
naturalmente ed automaticamente dalla postura e dalla respirazione di
zazen. Ciò può essere compreso solo con la pratica. Questa coscienza
di zazen è non-profitto (mushotoku), non ha oggetto. Deposta come un
seme nei neuroni, questa idea germoglia e diventa coscienza naturale.
Nel capitolo “Shoji” dello Shobogenzo, si può leggere riguardo a ciò:
“Non tentate di valutare questo con la vostra mente o di esprimerlo con
delle parole.” In altri termini, è difficile cogliere oggettivamente,
scientificamente, la coscienza se una evidenza soggettiva non viene a
sostenere questa scelta.
Dogen disse al suo maestro Nyojo: “Ho abbandonato corpo e mente.”
Questo significa che con zazen vi emancipate dall’influenza della coscienza
del passato e che
ritornate, corpo e mente, all’autentica coscienza antecedente l’esistenza
umana. La
coscienza del passato smette di essere un problema, il vostro corpo e la
vostra mente
precedenti si risolvono in zazen.
Ritornate allora alla pura condizione della coscienza dove nessuna esigenza
vi attacca. In
questo modo potete abbandonare corpo e mente in un mondo eterno dove create
la vostra
vera vita, dove la saggezza si genera naturalmente.
Lascia un commento