Così accende il cervello

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Così accende il cervello

Come funziona

Venticinque anni fa, un rinomato editorialista della celebre rivista Lancet commentò l’inizio
dell’interesse occidentale verso l’agopuntura con un editoriale sprezzante dal titolo “l’agopuntura
e l’era dell’irrazionalità”. È ancora possibile sentire e leggere qualche commento di tale tono,
sempre più rari, per la verità, anche perché oggi, a differenza di ieri, vengono usati strumenti di
verifica che consentono di far luce sull’apparente irrazionalità della pratica di infiggere
sottilissimi aghi in precisi punti del corpo per curare malattie e promuovere la salute.
Negli ultimi dieci anni si sono moltiplicati gli studi che hanno utilizzato le tecniche di imaging
cerebrale (fRM, Risonanza Magnetica funzionale, PET, Tomografia a Emissione di Positroni) a cui si è
affiancata la biologia molecolare. Come documenta un ampio studio, pubblicato recentemente su
Progress in Neurobiology, con l’imaging si può tracciare la strada che segue lo stimolo indotto
dall’ago per giungere dal midollo spinale al cervello e qui indurre un meccanismo, in discesa, di
regolazione del network umano. Tra le condizioni più studiate quella del dolore e dei meccanismi
antidolorifici messi in moto dall’agopuntura.

Dalle visualizzazioni del cervello di un essere umano trattato con agopuntura, che ha una patologia
dolorosa oppure che viene consensualmente sottoposto a uno stimolo doloroso, emerge che l’infissione
dell’ago attiva alcune aree cerebrali e ne disattiva altre. Attiva la cosiddetta “via discendente”
di controllo del dolore, che dal Rafe Magnus (un’area del tronco dell’encefalo dove sono collocati i
neuroni che producono serotonina) giunge al midollo spinale e cioè al luogo da cui è stato trasmesso
il dolore. Disattiva le aree del cervello emotivo coinvolte nella elaborazione del dolore (insula,
corteccia cingolata anteriore, amigdala). Il risultato netto è un miglior controllo del dolore.
Ma la serotonina non è l’unica molecola coinvolta. Sono decenni che si ha una precisa documentazione
della capacità dell’agopuntura di indurre il rilascio di oppioidi (beta-endorfine, encefalite,
dinorfine), a cui, recentemente si sono aggiunte altre molecole neuroattive, come la noradrenalina,
la somatostatina, le neurotensine.

Accanto a ormoni e neurotrasmettitori anche le molecole del sistema immunitario risultano coinvolte.
Un lavoro giapponese ha dimostrato che l’uso di alcuni famosissimi agopunti (Stomaco-36, Vescica-18,
20 e 23) stimola il rilascio di alcune citochine chiave come l’interferone-gamma e l’interleuchina-4
determinando un’attivazione equilibrata del sistema immunitario.
Insomma, è tutto il network umano che viene coinvolto dall’antica scienza medica cinese. Psiche
compresa.

Al riguardo i sostenitori dell’effetto placebo possono darsi pace. Fin dal 2005 è documentato quello
che ogni persona ragionevole sa: che l’agopuntura, come ogni procedura medica ben fatta, è capace di
attivare le risorse cerebrali del paziente, di provocare quello che si chiama effetto placebo. Ma
accanto al placebo c’è anche un effetto specifico dell’agopuntura documentato dalle immagini.
Probabilmente, nel trattamento di agopuntura c’è più effetto placebo che nel trattamento medico
standard. Ma questo è un valore aggiunto, non un elemento negativo, che dipende dalla relazione più
accurata e accogliente che il medico agopuntore, di solito, ha con i pazienti. Ogni terapeuta,
infatti, può essere placebo o nocebo, un aiuto o un danno per il suo paziente, indipendentemente
dalla metodica che usa.

(francesco bottaccioli)

www.repubblica.it/supplementi/salute/2009/02/05/medicinaricerca/008acc6098.html

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