Creati nuovi sensori per monitorare la dopamina nel cervello

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Creati nuovi sensori per monitorare la dopamina nel cervello

Piccole sonde installate nel cervello potrebbero monitorare i pazienti malati di Parkinson e altre
patologie.

La dopamina, che all’interno del cervello funziona da neurotrasmettitore, tramite l’attivazione dei
recettori dopaminici specifici e subrecettori, svolge un ruolo importante nel regolare il nostro
umore, oltre a controllare il movimento. Molti disturbi, tra cui il morbo di Parkinson, la
depressione e la schizofrenia, sono legati a carenze di dopamina. I neuroscienziati del MIT hanno
escogitato un modo per misurare la dopamina nel cervello per più di un anno. Essi sono certi che
questo nuovo sistema li aiuterà a imparare molto di più sul ruolo della dopamina nel cervello sano e
malato.

“Sappiamo che la dopamina è una cruciale molecola neurotrasmettitrice nel cervello, implicata nelle
condizioni neurologiche, neuropsichiatriche e nella nostra capacità di apprendere. Tuttavia, per noi
è risultato impossibile monitorare i mutamenti nel rilascio online di dopamina in periodi di tempo
abbastanza lunghi da riferirli alle condizioni cliniche”, afferma Ann Graybiel,(1) professoressa del
MIT Institute, membro del McGovern Institute for Brain Research del MIT e uno degli autori senior
dello studio.

Il dottor Michael J. Cima,(2) professore di ingegneria presso il Dipartimento di Scienza dei
Materiali e Ingegneria nonché membro del David H. Koch Institute for Integrative Cancer Research
(Massachusetts Institute of Technology MIT) per la ricerca sul cancro integrativo, e Rober
Langer,(3) Professore e membro del David H. Koch Institute for Integrative Cancer Research
(Massachusetts Institute of Technology MIT). Entrambi sono anche autori principali dello studio. La
dottoressa del MIT Helen Schwerdt è l’autore principale dell’articolo, che appare nel numero del 12
settembre di Communications Biology.(4)

Sensazione a lungo termine

La dopamina è uno dei tanti neurotrasmettitori utilizzati dai neuroni nel cervello per comunicare
tra loro. I sistemi tradizionali per misurare la dopamina – elettrodi di carbonio con un diametro
dell’albero di circa 100 micron – possono essere usati in modo affidabile solo per circa un giorno
perché producono tessuto cicatriziale che interferisce con la capacità degli elettrodi di interagire
con la dopamina. Nel 2015, il team del MIT ha dimostrato che micro sensori potevano misurare i
livelli di dopamina in una parte del cervello chiamata striato, contenente cellule produttrici di
dopamina che sono fondamentali per la formazione dell’abitudine e per l’apprendimento rinforzato
dalla ricompensa.

I ricercatori hanno calcolato che, grazie alle loro piccole dimensioni (circa 10 micron di
diametro), si potrebbe impiantare fino a 16 sonde per misurare i livelli di dopamina in diverse
parti dello striato. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno voluto verificare se potevano usare
questi sensori per il monitoraggio a lungo termine della dopamina. “Fin dall’inizio il nostro
principale obiettivo era quello di far funzionare i sensori per un lungo periodo di tempo e di
produrre letture accurate di giorno in giorno”, afferma Helen Schwerdt. “Questo è necessario se vuoi
capire come questi segnali mediano malattie o condizioni specifiche”.

Per sviluppare un sensore che possa trasmettere dati accurati per lunghi periodi di tempo i
ricercatori dovevano assicurarsi che il dispositivo non provochi una reazione immunitaria, per
evitare che il tessuto cicatriziale interferisca con la precisione delle letture. Il team del MIT ha
scoperto che i loro piccoli sensori erano quasi invisibili al sistema immunitario, anche per lunghi
periodi di tempo. Dopo che i sensori sono stati impiantati, le popolazioni di cellule della
microglia (cellule immunitarie che rispondono al danno a breve termine) e gli astrociti, che
rispondono per periodi più lunghi, erano le stesse di quelle nel tessuto cerebrale in cui non si
erano inserite le sonde.

In questo studio, i ricercatori hanno impiantato da tre a cinque sensori per animale, a circa 5
millimetri di profondità, nel corpo striato. Dopo aver rilevato periodicamente i dati provenienti
dalle sonde e aver stimolato il rilascio di dopamina dal tronco cerebrale, che si espande verso il
corpo striato, il team scientifico del MIT ha scoperto che le misurazioni sono rimaste coerenti fino
a 393 giorni. “È la prima volta che si riesce a dimostrare che questi sensori possono funzionare per
più di qualche mese. Siamo fiduciosi del fatto che questo tipo di sensori potrebbe essere, in
futuro, utilizzzati sui pazienti”, sostiene la dottoressa Helen Schwerdt.

Paul W. Glimcher,(5) professore di fisiologia e neuroscienze alla New York University, afferma che i
nuovi sensori dovrebbero consentire a più ricercatori di effettuare ricerche a lungo termine sulla
dopamina, neurotrasmettitore essenziale per studiare fenomeni come l’apprendimento, che si
verificano per lunghi periodi di tempo. “Si tratta di una realizzazione ingegneristica davvero
solida che porta avanti il settore”, afferma il dottor Glimcher, che non è stato coinvolto nella
ricerca. “Questo migliora notevolmente la tecnologia in un modo che lo rende accessibile a molti
laboratori”.

Monitoraggio del Parkinson

Nell’uomo, questi sensori potrebbero essere utili per monitorare i pazienti affetti da Parkinson che
ricevono una stimolazione cerebrale profonda, dicono i ricercatori. Questo trattamento prevede
l’impianto di un elettrodo che fornisce impulsi elettrici a una struttura profonda all’interno del
cervello. L’uso di un sensore per monitorare i livelli di dopamina potrebbe aiutare i medici a
erogare la stimolazione in modo più selettivo, solo quando è necessario.

I ricercatori stanno ora valutando l’adattamento dei sensori per misurare altri neurotrasmettitori
nel cervello e per misurare i segnali elettrici, che possono anche essere interrotti nel morbo di
Parkinson e in altre malattie. “Comprendere le relazioni tra attività chimica ed elettrica sarà
davvero importante per capire tutti i problemi creati dal Parkinson”, sostiene la dottoressa Helen
Schwerdt.

La ricerca è stata finanziata dal National Institute of Biomedical Imaging and Bioengineering,
dall’Istituto nazionale per i disordini neurologici e ictus, dall’ufficio di ricerca dell’esercito,
dalla Fondazione Saks Kavanaugh, dalla Nancy Lurie Marks Family Foundation e dal dott. Tenley
Albright.

Riferimenti:

(1) Ann Graybiel

(2) Michael J. Cima, PhD

(3) Robert Langer, ScD

(4) Cellular-scale probes enable stable chronic subsecond monitoring of dopamine neurochemicals in a
rodent model

(5) Paul W. Glimcher

Autore: Edoardo Capuano

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