Cronizzato il morbo di Parkinson

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Cronizzato il morbo di Parkinson

a cura del CNR

L’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano(ITB) ha
realizzato un’importante scoperta che fa luce sul processo neurodegenerativo del morbo di Parkinson.
Il lavoro dei ricercatori del CNR pubblicato sulla rivista della Federation of American Societies
for Experimental Biology Journal offre finalmente speranze concrete per nuove ed efficaci strategie
di trattamento contro questa grave malattia. Uno studio che continuerà grazie a nuovi fondi concessi
al CNR da importanti fondazioni statunitensi.

Il morbo di Parkinson, come si sa, è provocato nella maggior parte dei casi da una interazione di
fattori genetici e ambientali. In questa malattia esiste una processo iniziale di innesco e un
processo di cronicizzazione della perdita neuronale. Su questa fase di perpetuazione del danno
neuronale si conosce molto poco, anche se è la fase più importante e che dura a lungo nel tempo.
Quindi è la parte forse più importante della malattia da chiarire in vista dello sviluppo di terapie
nuove capaci di rallentare decisamente la perdita di neuroni e il conseguente peggioramento dei
sintomi. Su questo aspetto chiave della malattia è stata fatta una importante scoperta da un
ricercatore dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del CNR di Milano, pubblicata dalla rivista
scientifica FASEB J: la neuromelanina, una sostanza di colore scuro che si accumula normalmente nei
neuroni durante l’invecchiamento, in condizioni di danno neuronale verrebbe rilasciata e indurrebbe
la formazione di sostanze tossiche che produrrebbero una situazione cronica di morte neuronale.

“La nostra sperimentazione – spiega Luigi Zecca, ricercatore dell’Istituto di Tecnologie Biomediche
del CNR di Milano e autore dello studio- ha dimostrato che la neuromelanina causa in certe cellule
del cervello, chiamate microglia, il rilascio di fattori tossici che determinano uno stato
infiammatorio cronico. Lo stato di neuroinfiammazione provoca la degenerazione e quindi la morte dei
neuroni attaccati. A loro volta questi neuroni, morendo, rilasciano altra neuromelanina perpetuando
all’infinito il micidiale processo degenerativo”.

Ma la neuromelanina non è per sua natura tossica e, in determinate condizioni, può svolgere anche
un’azione protettiva: “Infatti – precisa Luigi Zecca – durante la fase di invecchiamento tende ad
accumularsi nei neuroni, all’interno dei quali non provoca alcun danno ma piuttosto un effetto
protettivo. Il problema sorge quando uno o più neuroni, a causa di uno stimolo tossico di tipo
genetico-ambientale, muoiono liberando la neuromelanina che, una volta fuori dalla cellula, innesca
il processo neurodegenerativo di cui abbiamo parlato”.

I ricercatori del CNR non si sono limitati solo ad individuare questo meccanismo neurodegenerativo
del morbo di Parkinson, ma sono andati oltre, dimostrando con le sperimentazioni effettuate che
esistono delle molecole in grado di inibire gli effetti dannosi della neuromelanina. Una ricerca di
grande rilevanza, riconosciuta di alto valore anche attraverso consistenti contributi finanziari
concessi a Luigi Zecca dalle più prestigiose fondazioni americane per la ricerca sul morbo di
Parkinson quali la Michael J Fox Foundation for Parkinson’s Research e la Parkinson’s Disease
Foundation-National Parkinson Foundation, per continuare le sue ricerche.

Autore: Luigi Zecca
Phone: +39 02 26422616
Mobil: +39 338-9349414

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