Custodi della Natura

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Custodi della Natura

(di Ilaria Giovinazzo)

Per trattare questo tema dobbiamo spostarci ad Ovest ed entrare nel regno di
Wakan Tanka e degli indiani del Nord America, popoli considerati ancora come
primitivi dai manuali di etnologia e che si accostano per molti versi al
primo tipo di sciamanesimo druidico.

Ritengo che la saggezza che questi popoli mantengono ancora in vita sia un
ottimo esempio per noi europei civilizzati, sentire le loro parole di
critica e compassione nei nostri confronti fa riflettere. Uno dei concetti
fondamentali che gli indiani hanno da insegnarci è il fatto di considerare
gli uomini semplicemente come parte del tutto, né predatori, né dominatori,
bensì, semmai, dei custodi. L’essere umano ha la capacità di vivere sulla
Terra con saggezza, seguendo le leggi della natura, ma, come essi dicono,
egli è l’unico ad aver smarrito la strada.

Il nostro stesso esistere viene considerato un grande dono, un fatto sacro,
il nostro compito supremo è prenderci cura del mondo e degli animali.
Orso in piedi della tribù dei Lakota è consapevole del valore della Natura
nella vita dell’uomo ” gli anziani Dakota erano saggi. Sapevano che il cuore
di ogni essere umano che si allontana dalla natura si inasprisce. Sapevano
che la mancanza di profondo rispetto per gli esseri viventi e per tutto ciò
che cresce, conduce in fretta alla mancanza di rispetto per gli uomini. Per
questa ragione il contatto con la natura, che rende i giovani capaci di
sentimenti profondi, era un elemento importante della loro formazione.”
Adesso in quante scuole si insegna questo?

Il simbolo che gli indiani considerano sacro è il cerchio, per essi la Vita
intera è ciclica, tutto ciò che si compie ritorna indietro “Tutto ciò che il
potere del Mondo compie è realizzato in un cerchio.”

Un indiano Hopi racconta di come, nel lontano 1492 le varie tribù accolsero
come fratelli noi occidentali e di come si aspettassero da noi benevolenza e
saggezza, ma come, purtroppo, i nostri antenati smentirono queste speranze
“Le nostre profezie parlano del popolo bianco. Un tempo essi erano nostri
fratelli, andati verso est per imparare tutte le invenzioni di quella
lontana regione. Noi aspettavamo il loro ritorno e le loro conoscenze per
poter migliorare la nostra vita. Noi ci aspettavamo che essi completassero
il nostro cerchio di natura spirituale. Ma invece di riportare il simbolo
del cerchio, sono ritornati con la croce. Il cerchio mantiene unita la
gente, la croce la divide.”

Questo simbolismo, è inutile sottolinearlo, richiama perfettamente il
concetto del cerchio druidico; la croce celtica diventa Ruota di Medicina;
si prende a modello il cerchio di una ragnatela per spiegare il mondo come
una rete di energia; si costruiscono acchiappasogni circolari con piume
appese per conciliare i sogni degli uomini.

Ma addentriamoci nella religione naturale di questo popolo.

La religione degli uomini dalla pelle rossa è definita animista: le varie
tribù adorano il Grande Spirito chiamato Manitou o Wakan Tanka, e venerano e
rispettano i vari elementi naturali: la prateria, la pioggia, il sole, il
lupo, il bisonte. Ogni aspetto del loro mondo è dominato da forze
soprannaturali e invisibili, che compenetrano le persone, gli animali e le
piante. L’entità divina si concretizza nelle diverse forme (animali, alberi,
astri), ma non viene identificata materialmente bensì venerata, secondo una
visione panteista del mondo, come un unico Grande Spirito che è insito in
ogni cosa. I mezzi per comunicare col Grande Spirito sono le visioni e i
sogni.

Coloro che si occupano del mondo degli spiriti vengono definiti sciamani.
Essi sono uomini e donne con poteri soprannaturali che fanno uso delle forze
soprannaturali soprattutto per guarire gli ammalati. Gli occidentali vedendo
che lo sciamano conosceva le erbe medicamentose, lo chiamarono “uomo di
medicina”, ma per uno sciamano e la sua tribù, tutto il potere degli spiriti
sull’ intero cosmo è “medicinale” e curativo.

Uno dei culti fondamentali è quello riservato alla Dea della terra, la dea
madre, rappresentante delle forze ctonie che è alla base della sussistenza
di uomini, animali e piante. Incarnazione vivente di questa forza femminile
è la donna, onorata e rispettata da ogni tribù come espressione della
divinità della creazione. La donna è sacra poiché genitrice della razza
umana. Ogni elemento è figlio della Madre.

Un’indiana Mohawk spiega che ogni cosa che dà la vita appartiene al genere
femminile. E che solo quando gli uomini inizieranno a capire la segreta
armonia insita nell’universo, di cui le donne sono somme conoscitrici, il
mondo conoscerà una positiva evoluzione.

Ma la donna non esiste da sola, come abbiamo già detto la Dea ha accanto il
Dio del Cielo, Wakan Tanka o Manitou, il Grande Spirito, il grande essere
sacro.

Questi è una sorta di dio sole creatore, chiamato anche Grande Nonno, una
sorta di antenato originario; allo stesso modo la Terra viene definita
Grande Nonna.
Oltre ai Grandi Nonni, dei supremi del “pantheon” indiano, vi sono tutta una
serie di spiriti degli animali e della vegetazione. Essi fungono da
protettori delle varie specie e puniscono chi non segue le leggi naturali e
usurpa il diritto alla vita e la sacralità della creatura vivente che
tengono sotto protezione. Anche l’acqua, ovviamente, tenuta in gran
considerazione, è dimora di uno o più esseri spirituali e di solito questi
spiriti prendono la forma di serpenti acquatici.

Il mito della Donna Bisonte Bianco che dona la sacra pipa agli indiani è il
racconto allegorico di una verità eterna. La pipa è formata da due parti: il
cannello e il fornelletto. Come mai la Donna Bisonte insisteva sul
simbolismo e sull’importanza della sacra pipa? Non era solo un oggetto?
Certo, ma rappresentava qualcosa di molto più profondo. Gli indiani sapevano
che il cannello rappresentava il principio maschile del’esistenza, Dio,
mentre il fornello era la Dea, la Creazione. Essi, stacati non funzionavano,
soltanto insieme tutto trovava un senso, tutto era integro e sensato.
Maschile e femminile uniti, creano la Vita, ecco il grande mistero; la Donna
senza l’Uomo non è niente, e l’Uomo senza la Donna lo stesso. L’equilibrio è
il segreto. L’amore il sigillo.

Dopotutto la Natura, organizzata secondo leggi universali armoniche,
perfettamente capace di dosare le forze per creare equilibrio, ha assegnato
anche ai membri della coppia umana compiti diversi ma ugualmente importanti
affinché si integrino tra loro realizzando un insieme compiuto.

Il nostro mondo deve sembrargli alquanto bizzarro, e infatti, le loro parole
sul nostro modo di vivere non sono davvero complimenti. Ci criticano
affettuosamente, anche se serbano un certo rancore per gli episodi di storia
passata e presente. Il nostro modo di trattare questi antichi popoli non è
certo rispettoso, abbiamo ucciso la loro cultura, stiamo disintegrando
tradizioni venerande e distruggiamo la terra su cui hanno vissuto per
secoli. Il nostro comportamento non è certo stato irreprensibile. Il loro
vivere è una preghiera, il loro camminare sulla madre Terra è una preghiera;
ogni azione della loro vita è un inno alla bellezza, alla guarigione, alla
Vita.

Il nostro considerarli popoli primitivi offende la loro cultura, poiché il
grado di civiltà che essi hanno raggiunto è forse maggiore del nostro.
Costruire abitazioni non durature è forse indice di inciviltà? Non sporcare
i fiumi, non inquinare, non produrre materiali non degradabili è forse segno
di barbarie? Onorare il Sole nascente e la Terra che li nutre li rende
abietti e ignoranti?

Sinceramente proporrei una riflessione.

“La vista delle vostre città addolora gli occhi del pellerossa. Ma forse
questo succede perché il pellerossa è un selvaggio e non riesce a capire.
Non c’è un luogo tranquillo nelle città dell’uomo bianco, un luogo dove
ascoltare le foglie in primavera e il battito d’ali degli insetti. Forse
questo succede perché io sono un selvaggio e non riesco a capire. Comunque
anche il forte rumore sembra essere un insulto per gli orecchi. L’indiano
preferisce il delicato suono del vento che increspa la superficie dello
stagno, il profumo del vento purificato dalla pioggia di mezzogiorno o
profumato dal pino. Per il pellerossa l’aria è preziosa poiché tutte le cose
hanno lo stesso respiro: gli animali, gli alberi, l’uomo. Come un uomo che è
in agonia da molti giorni, un uomo nelle vostre città è intontito dal
fetore.”

Queste sono riflessioni di Capo Seattle, e ritengo che l’umiltà con cui si
esprima sia indicativa della loro capacità di pensiero; essi sono possessori
di una saggezza che noi abbiamo perduto ma non ci impongono di seguirla, si
dispiacciono per noi; i nostri sacerdoti missionari, invece, per imporre la
loro di saggezza li hanno sterminati. Ma qui la vicenda cadrebbe in
politica.

Questa saggezza è profondamente pervasa da una convinzione: tutto ciò che
accade alla Terra accade ai suoi figli.

Ecco quello che ci chiedono questi popoli: tornate a voi stessi, alla
natura, a ciò che Dio padre ha creato di buono e trattatelo con rispetto.
Ogni violenza, ogni oppressione, ogni tortura che infliggerete alle creature
divine vi si ritorcerà contro. Anche l’uomo è Figlio di Dio e parte della
creazione, tutto è unito in profondità, siamo tutti incastrati nella stessa
ragnatela di energia.

(Tutte le citazioni delle voci del popolo pellerossa sono tratte dal libro:
Indiani D’America, Il Grande Spirito parla al nostro cuore, Red Edizioni,
1995)

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