di Mario Thanavaro
Recensione di Cinzia Picchioni
Di che origine è questo strano cognome? Mi sono chiesta. L’autore è
originario di Cividale del Friùli, ho scoperto leggendo le brevi note
biografiche, e il cognome non mi sembrava di quelle parti. Ma poi,
leggendo il libro, ho scoperto a un certo punto che il suo maestro zen
gli ha conferito un nome spirituale, Thanavaro appunto, che significa
«Fondazione eccellente».
Abbiamo presentato questo prezioso libretto (libretto solo per via del
formato, tascabile, per portarselo sempre dietro) poco tempo fa, nella
Sala Gandhi del Centro Studi Sereno Regis di Torino. Nella città era
in pieno svolgimento il Salone Internazionale del Libro e perciò le
persone intervenute non sono state molte, ma questo ha permesso una
serata molto familiare e intima e anche una piccola meditazione finale
verso la gioia, guidata dall’autore. Egli è stato infatti anche monaco
buddhista (nella tradizione theravâda) e ora – tornato laico – insegna
meditazione di consapevolezza e ha fondato (con Enzina Luce Franzese)
l’associazione Amita LuceInfinita per la crescita olistica nella
spiritualità. La serata perciò non è stata la «classica» presentazione
di un libro, assomigliava più a una chiacchierata nel salotto di Mario
Thanavaro, con persone interessate a un cammino interiore di
consapevolezza, sulla scia del Buddha.
Perché un libro di meditazione?
«Come guarire dal dolore del mondo», il sottotitolo, è stato uno dei
motivi della presentazione al Centro Studi Sereno Regis; nel libro si
tratta di evoluzione interiore, di soluzioni pacifiche per guarire dal
dolore del mondo che, prima o poi, toccherà tutti e tutte noi. Allora,
abbiamo imparato quella sera, si tratta di cambiare noi stessi per
affrontare con docilità le avversità che – inevitabilmente – ci
verranno incontro nel corso della vita. Sull’importanza della presenza
mentale leggiamo con attenzione le parole di Thich Naht Hahn alle pp.
124-5, dove si insiste sull’importanza della meditazione, anche per
un’azione e una militanza efficaci, come più avanti ci indica
Thanavaro:
«La presa di coscienza ci rende audaci: se lasciamo andare la paura di
soffrire, invecchiare, ammalarci, morire e perdere persone a noi care,
possiamo avere lapresenza mentale necessaria per essere pronti quando
la vita ci chiede di far ricorso a tutte le nostre risorse, e poiché
nella vita tutti saremo prima o poi chiamati a farlo, è bene allenarci
a non fermarci davanti al dolore, trovando un equilibrio anche nelle
esperienze più disagevoli», p. 129.
Proseguendo nella lettura ho scovato molte parole di cui si legge e si
parla continuamente al Centro Studi Sereno Regis, e le ho usate come
sottotitoli…
Nonviolenza, pace, conflitto, guerra
«Non creare altra sofferenza» (una specie di frase koan ripetuta
dall’autore) può essere una delle traduzioni per la parola sanscrita
«ahimsa» – nonviolenza – che a volte si trova tradotta anche con «non
nuocere»:
«[…] se togliamo carburante al motore della sofferenza, che alimenta
il conflitto e ci porta a fare la guerra dentro e fuori di noi,
probabilmente troveremo il modo di vivere bene, felici di dialogare,
di parlare, di comprenderci e magari di cambiare la visione l’uno
dell’altro. Se invece alimentiamo il motore della sofferenza, di cui
la guerra è il nefasto effetto, non possiamo fare del bene a noi
stessi né agli altri. Anche se non abbiamo responsabilità dirette per
i mali del mondo, se non ne siamo i diretti responsabili come i
burattinai che tirano le fila del potere, abbiamo comunque una
responsabilità che riguarda soprattutto la nostra persona», p. 43.
Verità
Per chi «mastica» già un po’ di buddhismo c’è l’insegnamento delle
Quattro Nobili Verità (pp. 111-20), nel «Grande discorso sui
fondamenti della presenza mentale» (Mahâsatipatthâna Sutta).
Armi, riconciliazione, solidarietà
«[…] viviamo in un mondo violento e amorale, martoriato dalle
guerre, e non vogliamo superare le nostre diversità attraverso il
dialogo, il perdono, il rispetto e la riconciliazione. Se potessimo
combattere con cuscini di piume invece che con le armi […] non ci
sarebbero tanti orrori e morti; invece, abbiamo sviluppato una
tecnologia che promuove la cultura della morte. Proprio perché la
temiamo rispondiamo a ogni minaccia con violenza. […] Il rispetto
delle leggi e del diritto internazionale dovrebbe aiutarci a
promuovere la cooperazione, la solidarietà e la pace, a comprendere
che siamo tutti sulla stessa barca e sotto uno stesso cielo», pp.
144-5.
«Sotto uno stesso cielo», ecco, proprio questa frase mi fa venire
voglia di trascrivere quest’altro pezzettino di dialogo con Mario
Thanavaro, così «affine» alle tematiche di cui il Centro Studi Sereno
Regis si occupa da oltre 30 anni: «È evidente che il mondo è in crisi
e che viviamo una profonda sindrome di insicurezza, tuttavia dobbiamo
guardare avanti con fede e fiducia per ripartire prendendo come base
del nostro sviluppo la comprensione della nostra interdipendenza», p.
37.
Azione o medit-azione?
Intanto bisognerebbe rispondere che occorre cercare di non usare «o …
o», ma sempre «e … e» così si creano meno contrapposizioni. Poi, a chi
volesse dire che non c’è tempo per meditare, che dobbiamo lottare,
scendere in piazza, entrare in politica ecco qua un parere (quello
dell’autore) cui si unisce quello di chi scrive (per ciò che può
valere…):
«La pratica spirituale non ci allontana dai problemi del mondo, ma
intende risolverli promuovendo la semplificazione dei bisogni, il
consumo consapevole, l’ecosistema, l’uguaglianza sociale e una
decrescita felice […] il risveglio di una consapevolezza globale
fondata sulla ridistribuzione delle ricchezze, il riconoscimento del
capitale umano e il rispetto universale dei diritti di tutti gli
esseri senzienti», p. 36.
E a chi volesse dire che siamo troppo piccoli per fare la differenza,
che il resto del mondo è più potente e ragiona diversamente e noi non
abbiamo armi sufficienti e che in fin dei conti la nostra piccola
battaglia individuale non conta nulla, ecco qua un proverbio tibetano,
tratto dal libro, ovviamente: «Se pensi di essere troppo piccolo per
fare la differenza, prova a dormire con una zanzara».
Meditazione e azione
Se pensiamo che non si può perdere tempo a stare seduti con la schiena
diritta mentre fuori il mondo va a rotoli eccovi alcuni consigli
forniti dall’autore (un maestro di meditazione):
«Potremmo per esempio iniziare a liberarci del superfluo, invertendo
così un’economia di mercato infettata da fenomeni speculativi
finanziari e basata sul controllo delle multinazionali, improntata
sullo smisurato guadagno di pochi. Questo mercato senza regole, che
calpesta i diritti degli stessi lavoratori, soffre di un liberismo
sfrenato e di una corsa produttiva non più sostenibile che ha
alimentato il fuoco dei desideri e ci ha resi tutti consumatori
insaziabili. Occorre imparare a lavorare per il bene comune
introducendo norme di vigilanza sulla finanza selvaggia per uscire dal
circolo vizioso e folle dell’avidità e della rapacità del capitalismo
bancario e dei mercati», p. 36.
Infine – come potrebbe mancare – il cinema!
Quiddità. Avete mai sentito questa parola? Bellissima a mio parere
(oltre a ricordarmi la saga di Harry Potter e le partite di quiddich…
che avessero qualcosa in comune? Bisognerebbe chiederlo alla
Rowlings…), la leggiamo a p. 153 e ha a che fare con il cogliere
l’attimo fuggente (che mi porta naturalmente a un altro ricordo
cinematografico, inutile dire quale), viverlo con intensità per
smettere di stare nel passato: «[…] la pratica della presenza
mentale è fondamentale, perché ci permette di vivere nella pienezza
[…] se il nostro pensiero corre a qualcosa di diverso rispetto a
quello che stiamo facendo, diventa impossibile vivere il presente
pienamente e chiaramente o capire le potenzialità di realizzazione che
racchiude», pp. 153-4.
Piena-mente e chiara-mente: pienezza mentale (mente piena di presenza)
e mente chiara, cioè non intorbidata, non offuscata, nitida, pulita,
che se ne può vedere il fondo…
Mario Thanavaro – Dalla sofferenza alla gioia – Magnanelli, Torino
2013, pp. 192, € 11,00
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