Ascoltare registrazioni in una lingua sconosciuta mentre si dorme può aiutare a memorizzarla un po’,
ma non aspettatevi miracoli.
22 giugno 2023 – Elisabetta Intini
Alzi la mano chi, alle prese con una nuova lingua, non ha mai pensato almeno una volta di sfruttare
le ore di sonno per memorizzare qualche parola sconosciuta: ci siamo sempre sentiti dire che
ascoltare parole straniere durante il sonno facilita l’apprendimento. È davvero così? In parte sì,
ma non aspettiamoci miracoli. È questa la sintesi di uno studio sul tema postato in prepubblicazione
su bioRxiv.
DORMIRE PER LA SCIENZA. Flavio Schmidig, neuroscienziato cognitivo dell’Università di Tel Aviv, ha
monitorato l’attività cerebrale di 30 volontari parlanti tedesco ospitati per una notte a dormire in
laboratorio dell’Università di Berna, in Svizzera, dove lavorava in precedenza.
ASCOLTO SINCRONIZZATO. Questo primo ciclo è caratterizzato da onde cerebrali (oscillazioni ritmiche
o ripetitive di attività elettrica del cervello) con picchi e valli della durata di mezzo secondo
ciascuna.
Schmidig e colleghi hanno usato un algoritmo per prevedere quando si sarebbero verificati questi
“alti” e questi “bassi”, e hanno sfruttato proprio questi momenti per far ascoltare brevi file audio
ai soggetti dello studio. Metà dei partecipanti ha ascoltato le registrazioni durante i picchi,
l’altra metà nelle valli.
PAROLE INEDITE. Che cosa c’era nelle clip? Parole di due sillabe, in modo che potessero essere
interamente contenute nel mezzo secondo di ciascun massimo o minimo. Nell’orecchio destro, i
volontari hanno udito 27 parole tedesche afferenti a tre diverse categorie: animali, luoghi e
strumenti.
In quello sinistro, una traduzione fittizia di ciascun termine fatta con una parola inventata, in
modo che non potesse richiamare nessun altro vocabolo noto in una lingua diversa dal tedesco che i
partecipanti potessero conoscere. In pratica una nuova lingua, seppure inesistente.
UN RISULTATO C’È (MA NON ECLATANTE). Dodici ore dopo, i partecipanti sono tornati in laboratorio,
questa volta da svegli.
E hanno riascoltato le parole fittizie, che hanno dovuto scrivere e collocare in una delle tre
categorie (animali, luoghi o strumenti) dei vocaboli tedeschi associati. Gli scienziati hanno
calcolato che, se i volontari avessero tirato a indovinare, le chance di azzeccare sarebbero state
del 33%. E in effetti chi aveva ascoltato le parole durante i picchi non si è discostato da questa
percentuale.
Chi invece le aveva udite durante le valli ha risposto correttamente nel 37% dei casi, un risultato
ritenuto però non statisticamente significativo. Tuttavia, a distanza di 24 ore, il secondo gruppo
(e questo soltanto) ha ottenuto una percentuale di successo del 41%: un numero di risposte esatte
che per gli scienziati non può essere frutto del caso.
SPAZI VUOTI. Ora bisognerà capire perché siano proprio le valli del sonno profondo a garantire un
piccolo margine di miglioramento quando si tratta di apprendere una lingua straniera, e se questo
fatto possa essere sfruttato per tecniche di memorizzazione di nuovi idiomi.
Una possibile ipotesi è che queste valli siano brevi periodi di riposo neurale in cui il cervello è
effettivamente nelle condizioni di codificare nuovi ricordi.
www.biorxiv.org/content/10.1101/2022.10.24.513503v2
da focus.it
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