Il diapason ed il Se’ Superiore
di Guido Da Todi
Conoscete quello strumento di metallo che adoperano i musicisti, simile ad una forcella dalle braccia strette e lunghe, chiamato diapason?
Percuotendolo con una barretta di ferro ne esce un suono affascinante, che dà ad ogni melodia che il musicista sta componendo.
Molti spiritualisti perdono il passo, insistono a ritardare il riconoscimento di quello che essi chiamano il Sé Superiore, pensando che lo stesso sia un che di lontano, sacro (è chiamato anche Monade, Scintilla divina, ecc..) che intervenga, molto raramente, lungo il sentiero, per dare la sua attenzione a quel frammento microscopico, nel tempo e nello spazio, che è lo spiritualista stesso.
Insomma, il dualismo feroce sbrana e lacera anche questa importante realtà di identificazione con la dimensione metafisica…
Prendiamo lo strumento di cui abbiamo parlato – il diapason – ed immergiamolo in una pozza piena di mota. Lasciamo che il terriccio bagnato si consolidi e si secchi su di esso. E proviamo a batterci sopra la barretta di ferro.
Ovviamente non ne sortirà più il limpido suono che percepivamo sempre. E solo da qualche brandello di superficie non completamente sporca riusciremo a trarre qualche brandello smozzicato di sonorità più chiara.
Ebbene, noi siamo il diapason. Quando esso è pulito e terso, emette il suono della Vita Pura ed Assoluta. Quando è sporco e terroso, sotto il velo della personalità e dell’ego più morboso, perde ogni riferimento alla Musica delle Sfere.
Importante è che tutti ci si renda conto che noi siamo contemporaneamente Sé Superiore e frammento di disarmonia.
Noi!
Non esiste un Sé superiore distaccato dalla nostra realtà quotidiana; né qualche altro babbo natale di alcun genere.
Se si avrà il coraggio di affrontare questa meditazione e questo stato di fatto, saremo veramente in grado di riuscire ad ottenere la fusione con quello che è già soggiacente nella nostra vita….
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