Dimentichiamo alcuni sogni: perche’?

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Dimentichiamo alcuni sogni: perche’?

La maggior parte di noi dimentica i propri sogni poco dopo il risveglio. Ci restano le sensazioni e
alcune immagini disconnesse che finiscono per svanire. Perché succede? Perché il nostro cervello non
è in grado di ricordare questi universi onirici?

Trascorriamo buona parte della nostra vita dormendo, immersi in quel suggestivo universo onirico;
d’altro canto, però, molto materiale che produciamo in quell’arco di tempo cade nell’oblio. Perché
succede? Non importa che quelle esperienze siano incredibilmente intense e quasi reali: al
risveglio, le immagini, ogni frammento e ricordo ci sfuggono, come fumo che svanisce al primo soffio
di aria. Ma perché dimentichiamo alcuni sogni?

L’aspetto più interessante è che per un breve istante di tempo abbiamo la sensazione che se ci
sforzassimo un po’ di più, potremmo recuperare quel ricordo. Tuttavia, non serve a nulla
concentrarsi, perché l’unica cosa che resta nostra, spesso, è l’impronta emotiva del sogno o, a
volte, dell’incubo.

William Shakespeare diceva che gli esseri umani sono fatti della stessa materia di cui sono fatti i
sogni. Ovviamente, dietro questa immagine poetica si cela una verità innegabile. L’atto di sognare è
una suggestiva combinazione di meccanismi mentali in cui rientrano i ricordi, le esperienze vissute
e alcuni racconti pennellati di creatività, di surrealismo e di fantasia. L’essere umano può contare
anche su questi straordinari ingredienti.

Come negarlo? Ci piacerebbe poter ricordare ogni sogno e questo perché per tradizione siamo portati
a credere che scomporre ogni immagine, parola, sensazione o fatto avvenuto in quel tessuto onirico
ci permetterebbe forse di conoscerci un po’ meglio.

La funzione principale dei sogni è cercare di ristabilire il nostro equilibrio psicologico.
-Carl Jung-

Perché dimentichiamo alcuni sogni? Due teorie ci danno la risposta

C’è chi possiede la curiosa capacità di ricordare molti dei propri sogni. Sono quelle persone che
non esitano a condividere con gli altri tali esperienze, cercando, di solito, in essi simbolismi e
interessanti interpretazioni. Altri, invece, ricordano raramente qualcosa del proprio universo
onirico; si tratta di coloro che non esitano a esclamare frasi come: “io non sogno mai”.

Tuttavia, dobbiamo avere chiara una cosa: tutti sogniamo. Sognare non ci permette solo di goderci
quello stato di riposo profondo e ristoratore, fondamentale per la nostra salute. Il cervello ha
anche bisogno di questo meccanismo per fissare nuove informazioni, per eliminare dati che non ci
servono e per eseguire funzioni metaboliche necessarie per il suo equilibrio. Vale a dire che si
tratta di un meccanismo di selezione.

In tal modo, secondo gli esperti, se vivessimo 90 anni, ne trascorreremmo circa 30 dormendo, 22 di
sonno profondo e 7 fatti di sogni. Di questi 7 anni, tuttavia, non ricordiamo quasi nulla. Ma allora
perché dedicare tanto tempo a qualcosa che in fin dei conti è così poco produttivo nei contenuti?

L’ippocampo non presta attenzione ai sogni

Mentre dormiamo, non tutte le aree del cervello si “disconnettono”. Sappiamo che ci sono aree
incredibilmente attive e una di queste, che impiega diverso tempo prima di abbassare i suoi livelli
di attività per riposare, è l’ippocampo.

Esso trasmette le informazioni rilevanti immagazzinate nella memoria a breve termine all’area della
memoria a lungo termine. L’ippocampo è, per così dire, concentrato su alcuni compiti ben specifici.
Tali attività gli impediscono di prestare attenzione al nostro mondo onirico, che non percepisce
come importante. Il suo compito, in questi momenti, consiste nel consolidare l’apprendimento e i
ricordi.

Quello che succede nei nostri sogni non è di suo particolare interesse. Almeno, è quanto sostenuto
da diversi studi, come quello condotto da Thomas Andrillon, neuroscienziato dell’Università di
Monash, a Melbourne, in Australia. Come è stato osservato attraverso risonanza magnetica,
l’ippocampo invia informazioni alla corteccia, ma non ne riceve.

A volte può captare e conservare qualcosa, delle immagini, delle sensazioni o brevi spezzoni. Questa
probabilità aumenta quando ci si risveglia subito dopo il sonno. In queste situazioni, è stato
dimostrato che il ricordo dell’esperienza onirica dura appena un minuto o due. A poco a poco, ce ne
dimenticheremo.

Bassi livelli di acetilcolina e di noradrenalina

C’è un secondo motivo per il quale dimentichiamo alcuni sogni. Questa teoria (complementare alla
precedente) si concentra su due neurotrasmettitori: l’acetilcolina e l’adrenalina. Un aspetto
interessante da sapere è che quando ci addormentiamo, i livelli di queste due sostanze si abbassano
drasticamente nel nostro cervello.

Questo fenomeno si traduce in una minore capacità di fissare i ricordi. Tuttavia, non è tutto. Si è
osservato che quando entriamo nella fase REM -momento in cui attraversiamo il confine dei sogni per
immergersi nel loro regno- l’acetilcolina si alza all’improvviso, ma questo non vale per
l’adrenalina. Per poter ricordare quello che avviene in quel tessuto onirico, dovremmo avere alti
livelli di entrambi i neurotrasmettitori.

Perché dimentichiamo alcuni sogni, mentre ne ricordiamo altri?

Sappiamo già che esistono due fattori a causa dei quali dimentichiamo alcuni sogni. L’ippocampo e i
neurotrasmettitori, come l’adrenalina e l’acetilcolina, rendono difficile la memorizzazione dei
ricordi mentre dormiamo. Ora, esperti in materia come il ricercatore Ernest Hartmann -professore di
psichiatria della Facoltà di Medicina dell’Università di Tufts- indicano la presenza di un altro
fattore che favorisce l’oblio.

Il cervello non percepisce i sogni come qualcosa di importante: vale a dire, non ne vede l’utilità.
Ricordarli si deve a un motivo molto interessante: perché hanno una componente emotiva. Più intenso
è un sogno -e più coerente è la sua trama- maggiori saranno le probabilità di ricordarlo.

Per concludere, i sogni sono ancora quell’enigma che ci attrae da sempre. Sia Freud che Carl Jung li
consideravano indispensabili per conoscere meglio l’essere umano. Eppure, il cervello li scarta e ci
impedisce di ricordarcene; questo perché, secondo quest’organo, curiosamente, non sono così
importanti come possono esserlo per noi.

Bibliografia

Vallat, R., Lajnef, T., Eichenlaub, J. B., Berthomier, C., Jerbi, K., Morlet, D., & Ruby, P. M.
(2017). Increased evoked potentials to arousing auditory stimuli during sleep: Implication for the
understanding of dream recall. Frontiers in Human Neuroscience, 11.
doi.org/10.3389/fnhum.2017.00132

da lista mente

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