Dio è in ogni uomo

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Dio è in ogni uomo

Le Chiavi Mistiche dello Yoga

di Guido Da Todi

Capitolo 54:

Vivekananda – discepolo di Ramakrishna – indicò uno degli atteggiamenti più
teneri e maturi che lo spiritualista deve avere verso i suoi simili, in
genere: l’accettazione delle diverse imperfezioni soggettive del prossimo.
Come in una foresta che contenga svariate tipologie di arbusti, piante e
fiori, ed alcuni di essi si innalzano, creando boccioli dallo screziato
colore magnifico, e dai profumi intensi; mentre, altri si contorcono, in
terra, in brulle radici senza slancio, così succede attorno a noi.

In una sua lettera, scritta il 19 dicembre 1895, a Sarah Farmer,
Vivekananda affermava:

“…L’ idea di cui parlo ci insegna che la legge non è quella di distruggere,
ma di guidare più verso l’alto. Ci indica che ci troviamo in un mondo
composto da bene e da male; ma, lì ove appare il bene, esiste anche il
meglio, ed ancora il meglio. Ci dice che nessuna situazione resta priva di
speranza, e perciò accetta ogni forma di valenza mentale, morale, o
spirituale – già lì dove essa si trova a vivere; e cerca – senza alcuna
parola di biasimo – di suggerire alla situazione esaminata che, sino a quel
punto, si è ben comportata, ma che è giunto il momento di fare meglio….”

In queste parole, a ben considerarne il contenuto, appare l’essenza di ogni
morale, di ogni religione e di ogni validità delle evoluzioni spirituali.

Di primo acchito, la spinta genetica – dovuta ad un millenario passato
reincarnativo – spinge l’uomo ad eliminare dal suo campo diretto ed
esistenziale ogni forma espressiva che contrasti con una propria idea di
miglioramento. Ciò avviene per un antico istinto.

L’uomo – anzi, il suo impulso naturale – ritiene giusto ed automatico
spingere via e lontano da sè–
con ogni mezzo – l’ostacolo all’idea pianificata del benessere che egli ha.

Meglio, è, quindi – da parte di governi favorevoli al sistema – eliminare
la vita umana che ha sbagliato, ed ha ucciso.

Meglio è, da parte nostra, assumere – anche verso la nostra medesima
soggettività – un modo di agire che esprima la totale disapprovazione
attiva ed immediata – verso ogni forma di espressione formale, che non
incarni l’ideale modello che noi, invece, ne abbiamo.

L’attività costante dello appare, sovente, quella di curare
quotidianamente il suo piccolo e lindo giardino, liberarlo dalle erbacce,
agghindarlo, e mostrarne agli altri il delicato contenuto.

Anche la critica a noi stessi è sovente portata, verso gli altri, come un
vezzo evolutivo, senza tenere conto che l’attardarsi troppo ad esaminare le
minuscole piaghe sul nostro organismo interiore può, alla fine,
evidenziarsi come un determinato e sottile tipo di morbosità psicologica.

Eppure, tutti noi abbiamo quasi un disperato bisogno di comprendere le
parole di Vivekananda, per ritrovare una qualità della vita maggiormente
serena e profondamente saggia.

E ’indubbio che ognuno di noi – a causa di una sicura evoluzione interiore
– si trovi nel bel mezzo di tensioni, di modi di vivere contrastanti sia
l’etica che la morale comuni, di esperienze esistenziali ben diverse dalla
nostra.

È come se un fiore candido si ergesse in mezzo ad una brulla pianura,
composta da rovi, ben innestati nelle loro radici, e con i rami tesi ed
intrecciati tra di essi, a formare una distesa molto, molto più ampia
dell’angolo in cui ci troviamo.

Si tratterà – lo abbiamo sovente ripetuto – di un ambiente sordo ad ogni
tipo di sfumatura luminosa che proviene dalla nostra alba interiore; si
tratterà dei nostri stessi congiunti; o, anche, della visione più ampia che
ci appare, dal mondo, in genere.

La reazione che la maggioranza degli spiritualisti vede nascere in sè, dal
(attivo, o passivo) che si erge loro attorno – e spesso da
coloro che egli maggiormente vorrebbe associare alla propria visione – è
una reazione di delusione, di sottile malinconia, di ribellione.

“Cos’ è che manca, in essi, e che li rende ostili a quanto dico? Non è
tutto ciò chiaro e palese? Perchè siamo andati d’accordo sinora, e, ad un
tratto, quanto io sento e percepisco li rende sordi e distanti da me?…”

Vi sono, allora, molte sottili considerazioni da fare, in proposito.

Intanto, e non ultima, va stimata una certa frettolosità ad esibire un
messaggio – sovente anche per sè stessi non molto chiaro – verso chi non ha
fermentato a fondo quegli orientamenti adatti ad accettarlo.

Anche qui, vale la tradizionale verità di coinvolgere gli altri con
l’.

Ci sono dei casi in cui un tipo di comportamento è molto più formativo ed
assimilato dall’esterno, di quanto non lo possano divenire delle
affermazioni verbali che, spesso, non hanno altro valore che di
e rendere perplessi – anche se momentaneamente – coloro che ci ascoltano.

Come ripete Vivekananda, esiste anche il rispetto verso le modalità e gli
che non combaciano strettamente con il nostro; ma,
che fanno, a pieno diritto, parte dell’intero sistema evolutivo.

Nostro dovere etico è solo percepire nettamente come ognuno di essi faccia
parte di un’onda portante generale, che stia muovendo ogni cosa verso un
miglioramento; lento, costante ed ineluttabile.

Non c’è bisogno, in conseguenza a ciò, e da parte nostra, di , di
, di alcunché di definito, in certi momenti
dell’esistenza. Ma, solo di pienamente le nostre sensazioni, le
nostre certezze, e la natura del divino che trapela al nostro sguardo
interiore.

Il senso di sacralità’, comunque posseduto in ogni essere – che lo si
accetti, oppure no – ed anche nel più apparentemente involuto, lo rende del
tutto percettivo di ogni nostra radiazione interiore; sì che egli si
convincerà molto più e molto prima, attraverso il silenzio sonoro della
nostra realtà’, di quanto vorremmo invece propinargli verbalmente.

Ed in effetti, forse non vi rendete conto che, più è tesa la struttura
ambientale, nei riguardi della vostra natura spirituale, e più risulta
evidente una Volontà Divina, che vi ha posto esattamente là, ove i
significati del contrasto rientrano nell’ampio respiro di una Provvidenza
Universale.

La fiamma – volontariamente, oppure no – va dove vi è maggior combustibile.
E lo spirito appare più luminoso dove stridente è il contrasto con il suo
ambiente.

Tutto questo fa parte del grande disegno di Dio.

“Come lievito che innalza le masse, Io vi ho distribuito nel mondo…”

Ecco, ciò dovreste comprendere. Ognuno di voi tenga preziosa la
chiara luce che ha in sè;
l’apprezzi, la dilati; se ne faccia un immenso potere.

Il suo silente vibrare, la sua caratteristica qualità divina vale per suo
proprio conto più di quanto possiate immaginare.

Quei timori, quelle , quella nota
depressione, quel costante senso di inferiorità che, in molti,
costituiscono la pelle esteriore del loro io più formale, e quant’altro
possa turbare lo slancio verso la libertà del divino, ebbene tutto ciò
; non .

Si tratta veramente di strutture emozionali e mentali relative e
passeggere. Ed esistono i sistemi per dominarle.
Subite, quindi, le vostre imperfezioni. Ossia, relegatele in uno stato di
una momentanea esistenza;
ben sapendo che è possibile vincerle.

Solo le rendete forti. E basta capire la differenza di
sfumatura tra il concetto di
ed per darvi già un forte, ed attuale respiro di
libertà e di speranza per l’avvenire.

Moltissimi spiritualisti se ne stanno abbrancati al loro
soglia>, costituito dalla schiuma del mondo di maya, dalla loro personalità
momentanea. Eppure, viene detto che non appena si rinnega (si ) il
guardiano, esso comincia a sbadigliare, a sentire in sé il torpore del
sonno, e ad iniziare a morire…

Lentamente, attraverso i ritmi planetari, la silente divinità ha prodotto
quel fermento di crescita che avviluppa ogni cosa: dal rovo al fiore.
Nessuno di noi ha il diritto di vedere solo alcuni privilegiati inseriti
nel respiro evolutivo universale. E proprio quell’individuo verso il quale
qualcuno ha storto il naso, vedendone l’aspetto di oscuro è
inconsapevolmente inebriato dalla spinta, attuale ed immanente, verso la
perfezione.

Questo, il messaggio di Ramakrishna, che diceva:” Dio è in ogni uomo”.

(Guido Da Todi)

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