Dio può essere conosciuto soltanto con l’intuizione
di Sri Daya Mata, attuale Presidente della SRF
Tratto da:
Sri Daya Mata – SOLTANTO AMORE
Casa Editrice Astrolabio – Roma
Perché dobbiamo cercare Dio?
(Jyoti Mandram Hall, Bangalore, India, 31 dicembre 1967)
Perché dobbiamo cercare Dio? Che cosa è Dio? Come possiamo trovarlo? La risposta alla prima domanda è molto semplice. Dobbiamo cercare Dio perché siamo fatti a Sua immagine e soltanto la Sua perfezione e la Sua stabilità ci possono dare la felicità durevole.
All’uomo sono stati dati una mente e un corpo dotate di cinque sensi, tramite i quali percepisce questo mondo finito e vi si identifica. Ma l’uomo non è né il corpo, né la mente; la sua natura è lo Spirito, l’anima immortale. Per quanto cerchi di trovare la felicità permanente attraverso le percezioni dei sensi, pure le sue speranze, i suoi entusiasmi, i suoi desideri continuano a infrangersi sugli scogli della frustrazione e della delusione più amare. Tutto l’universo materiale è essenzialmente effimero e sempre mutevole. Ciò che è soggetto al mutamento porta in sé i semi della delusione. Ed è così che la navicella delle nostre speranze terrene si arena prima o poi nelle secche del disinganno. Dobbiamo cercare Dio perché è la fonte della saggezza, dell’amore, della felicità, dell’appagamento. Dio è la sorgente del nostro essere, la sorgente di tutta la vita. E noi siamo fatti a Sua immagine. Quando Lo troveremo, capiremo questa verità.
Se trovare Dio è la meta dell’uomo, allora che cosa è Dio? Tutte le Scritture e tutte le grandi anime che hanno parlato della propria esperienza di Dio, hanno affermato che particolari qualità sono proprie della natura dello Spirito. Ma non possiamo ancora dire che cosa è Dio. Nessuno è mai stato capace di descriverlo completamente. Si racconta che una statua di sale si recò alla spiaggia per misurare la profondità dell’oceano. Appena entrò nell’acqua si sciolse. La statua di sale non potè misurare la profondità perché era diventata tutt’uno col mare. La stessa cosa accade all’uomo. Il suo vero essere è composto delle medesime qualità proprie dello Spirito. Nel momento in cui la sua anima si identifica con l’Essere Infinito, l’uomo diventa una sola cosa con Dio e non può più descriverlo. Molti santi però hanno spiegato ciò che si prova quando si è in comunione con lo Spirito.
Tutte le Scritture dicono che Dio è pace, amore, saggezza, beatitudine. Tutte concordano nel dire che Dio è l’Intelligenza cosmica, è l’Onniscienza e l’Onnipresenza. E` l’Assoluto. E` il grande suono cosmico dell’Om, l’Amen dei cristiani. E` la luce cosmica, questi sono attributi o qualità dell’Infinito. E quando il devoto Lo cerca profondamente, comincia a percepire queste varie manifestazioni del Divino.
Si dice che la prima prova della presenza di Dio nell’uomo sia la pace, quella pace che nessuna cosa esterna può turbare. Quando l’uomo proietta i suoi sogni, i suoi ideali, le sue speranze, le sue ambizioni su traguardi umani, la pace che sente quando li raggiunge è solo temporanea. Questo mondo è un mondo di dualità; la vita è fatta di piacere e dolore, salute e malattia, caldo e freddo, amore ed odio, vita e morte. Il traguardo dell’uomo consiste nel portare la sua coscienza oltre la legge della dualità, oltre il velo di maya3 e trovare l’Uno presente in tutta la creazione e al di là della creazione.
Come possiamo trovare Dio?
La domanda successiva è questa: “Come possiamo trovare Dio?”. Egli non può essere conosciuto per mezzo dei sensi, né misurato col metro limitato dell’intelletto. Ogni qual volta cerchiamo di scoprire la Sua Beatitudine, il Suo amore, la Sua saggezza e la Sua gioia nelle esperienze dei sensi, restiamo delusi. Ma quando l’uomo, con la profonda meditazione, impara a calmare il corpo e ad escludere i cinque sensi, un sesto senso, l’intuizione, comincia a manifestarsi. Dio può essere conosciuto solo con l’intuizione. Egli vuole che noi Lo conosciamo. Per questo ogni uomo è dotato d’intuizione.
Il primo obiettivo, quindi, consiste nel calmare sia il corpo che la mente, affinchè si possano udire i sussurri dell’intuizione.
Il nostro Guru, Paramahansa Yogananda, ci ha insegnato le tecniche di concentrazione e di meditazione che, calmando il corpo e la mente, ci consentono di comunicare direttamente con l’Infinito. Eppure, quante persone nel corso dei miei viaggi attorno al mondo mi hanno detto: “Lei è fortunata, lei ci riesce, ma io non ho fortuna. Dio non mi risponde”.
Dio non risponde perché il devoto non prova per Lui un desiderio sufficientemente intenso e non ha imparato a meditare profondamente. Il Maestro ci diceva:
“Quando meditate dovete sforzarvi di liberare la mente da tutte le preoccupazioni e le irrequietezze fisiche e mentali. Dovete dimenticare il corpo e dimenticare la volontà guidata dall’ego. Questi sono i passi fondamentali che i fedeli di tutti i sentieri spirituali devono fare se vogliono comunicare con Dio. Come riuscirvi? Con la pratica delle tecniche yoga di concentrazione”.
Guruji ci ha insegnato a riservare un angolino della nostra casa esclusivamente alla meditazione, per pensare a Dio; e ci ha insegnato al allontanare dalla mente ogni altra cosa non appena ci sediamo quieti in quel ‘tempio’. Dovremo pur farlo al momento della morte, vero? In un istante, tutti gli impegni che riteniamo così importanti in questo mondo, la cura per il corpo che si assorbe tanto tempo, dovranno essere abbandonati al richiamo della morte. Quindi nessun dovere in questo mondo è più importante del nostro dovere verso Dio, poiché niente può essere compiuto senza il potere che proviene da Dio. Perciò quando meditate, liberate la mente da tutte le preoccupazioni e riuscirete a farlo se imparerete a concentrarvi.
Il punto successivo è questo: il devoto deve sviluppare l’umiltà. Finchè non impareremo a dimenticare noi stessi, non potremo colmare la coscienza del pensiero di Dio. La coscienza dell’io, io, io deve sparire. Dobbiamo imparare a mettere in pratica quell’umiltà di cui parla la Bhagavad Gita.
Rettitudine, aver cura di non ferire le creature viventi;
Sincerità, non essere facile all’ira,
Mente che rinuncia a ciò cui gli altri ambiscono;
Equanimità e benevolenza nel rilevare
I difetti altrui; tenerezza per chi soffre;
Cuore lieto, non turbato da desideri;
Contegno mite, modesto ed austero, unito a nobile coraggio,
Pazienza, fermezza e purezza;
Spirito non vendicativo, né incline
Alla superbia: questi sono i tratti,
O principe indiano, di colui che ha posto
Saldo il piede sul giusto sentiero
Che conduce alla nascita divina!
L’umiltà e l’abbandono del proprio sé, del cuore, della mente e dell’anima. E` l’abbandono dell’intero essere ai piedi del Divino. Come si mette in pratica? Siate come il devoto che segue il sentiero del Karma Yoga6: offrite i frutti di tutte le vostre azioni ai piedi di Dio. Abbiate sempre presente questo pensiero: “Signore, Tu sei l’Artefice; io non sono niente. Tu sei la luce che splende nella lampadina, io sono soltanto la lampadina”.
Un ulteriore passo consiste nell’esercitare la pazienza. Quando meditiamo dobbiamo trascendere totalmente la coscienza del tempo. Anche se meditiamo solo per cinque minuti, per quei cinque minuti dobbiamo concentrarci al cento per cento su Dio. La mente non deve pensare a niente di esteriore, ma deve interiorizzarsi sempre più profondamente finché le acque della pace, della beatitudine e dell’amore divino non comincino lentamente a sgorgare nella coscienza.
Dobbiamo anche saperci accontentare di piccoli passi. All’inizio, quando meditate, non aspettatevi grandi esperienze. accontentatevi del più lieve barlume del Divino dentro di voi, di un senso di serena pace nel profondo della coscienza.
Una delle ragioni per cui alcune persone non riescono a meditare profondamente è che cercano con ansia una esperienza gioiosa e si scoraggiano se non ricevono dal Divino una risposta immediata. Il Signore ci mette alla prova in questo modo.
Egli non si manifesta ai suoi devoti fino a quando non è convinto, al di là di ogni dubbio, che il loro amore per Lui e il loro desiderio di Lui sono incondizionati. Quando Egli sa che facciamo veramente sul serio, che non possiamo essere appagati da nessun altro dono più piccolo che potrà mandarci, allora ci concederà Se stesso.
Guruji diceva spesso: “Dobbiamo essere come il bambino cattivo. Quando il bambino piange, la mamma, sperando di calmarlo, gli dà dei giocattoli così da potersi dedicare alle faccende domestiche. Ma ogni volta che il bambino cattivo riceve un giocattolo, lo prende e lo butta per terra continuando a strillare perché vuole la mamma. Allora, la madre non può far altro che accontentare il suo bambino”. La stessa cosa accade con il Divino: finché la Madre Cosmica vede che un dono basta a farci contenti, continuerà a mandarci dei giocattoli e a rimanere lontana. Ma se riusciamo a convincerla che siamo sinceri, con la costanza della nostra devozione, con il nostro amore incondizionata, con l’umiltà e l’abbandono, e gridiamo: “Madre, i Tuoi giocattoli non possono più soddisfarmi, io voglio solo Te!”, allora la Madre Divina ci risponderà.
Quando meditate frettolosamente o ansiosamente, l’oggetto stesso della meditazione, quell’Essere Divino da cui cercate una risposta, sfugge alla rete della concentrazione. Il segreto della ricerca di Dio nella meditazione sta nell’eliminare l’irrequietezza, l’impazienza e l’ansia.
– I frutti della meditazione –
Quali sono i frutti della profonda meditazione? Prima di tutto l’uomo diventa una creatura piena di pace. Qualunque cosa gli riservi la vita, la sua coscienza rimane concentrata sul Sé. Krishna insegnò a Arjuna a rimanere ancorato a ciò che è immutabile. L’unico principio immutabile nella creazione è Dio. Ogni altra cosa è soggetta al mutamente, perché è soltanto uno dei suoi pensieri di sogno. Voi ed io sembriamo così reali, questi corpi sembrano così solidi, il mondo intero sembra proprio durevole. Eppure questa apparente realtà è soltanto il pensiero condensato del Sognatore cosmico. Nel momento in cui distogliamo la mente dal mondo, così come avviene per Lui, anche per noi il mondo non esiste più. Nell’istante in cui rivolgiamo la mente all’Infinito, cominciamo a percepire lo stato naturale della nostra anima quale espressione individualizzata del Sé Cosmico.
Se Dio è amore, pace, saggezza, gioia, anche noi, fatti a Sua immagine, abbiamo la medesima natura. Ma chi sa di avere questa natura? Ogni notte quando ci addormentiamo, l’Amore infinito nella Sua compassione ci permette di dimenticare per poche ore il corpo con tutte le sue preoccupazioni e i suoi problemi. Ma la mattina, quando ci svegliamo, riprendiamo immediatamente la coscienza propria di un essere finito, legato da limitazioni, abitudini, stati d’animo e desideri molteplici. Finché restiamo così condizionati non ci possiamo conoscere come anime.
L’unico modo per spezzare le catene, le corde nascoste che ci legano alla forma fisica, è la meditazione. E la prima prova dell’esistenza di Dio in noi è un grande senso di tranquillità interiore che cominciamo gradualmente ad avvertire.
Continuando a meditare sempre più profondamente, la coscienza si espande. Si risveglia allora il desiderio di dimenticare questa piccola forma corporea e di contemplare il Sé in tutti gli esseri. Vogliamo aiutare gli altri e nasce in noi il desiderio di servire altruisticamente l’umanità.
Meditando giorno dopo giorno, per tutta la vita, cominciamo a percepire il grande oceano d’amore presente in noi. La devozione per Dio ci porta a quello stato in cui Lo sentiamo come l’Amore cosmico che si esprime attraverso tutte le manifestazioni umane dell’amore. Senza l’amore che proviene da Lui non potremmo amare nessuno. Senza il potere che proviene da Lui non potremmo né pensare né respirare. Eppure escludiamo dalla nostra vita proprio quell’Essere da cui dipendiamo in ogni istante dell’esistenza e ci aggrappiamo a questo mondo come se ci appartenesse.
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