Dipendenza da analgesici

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Dipendenza da analgesici

di: Johann Rossi Mason

Nel variegato campo delle dipendenze da sostanze psicoattive, che negli ultimi 10-15 anni sta
assumendo forme molto diverse rispetto al classico stereotipo del “tossicodipendente” da eroina,
quella da analgesici sembra assumere un ruolo sempre meno secondario. Chi può divenire dipendente da
analgesici? Spiega il professor Luigi Gallimberti, psichiatra e tossicologo clinico all’Università
di Padova: “Lo studio della letteratura internazionale e l’esperienza clinica di chi opera in questo
settore consentono di individuare due principali sottogruppi di popolazione. Il primo riguarda quei
pazienti che, trattati con farmaci antidolorifici per lo più oppioidi a causa di un dolore
importante, una volta terminato il trattamento diventano dipendenti (“addicted”) da tali sostanze.
Il secondo gruppo riguarda prevalentemente persone che fanno uso di analgesici non-oppioidi in modo
crescente e superiore a quanto prescritto, e si trovano spesso a sviluppare una cefalea/emicrania in
relazione a tale abuso. Tali dati sono frutto per lo più dell’osservazione effettuata da clinici
esperti nella terapia del dolore, da tossicologi clinici esperti nel trattamento della dipendenza da
sostanze, e da nefrologi chiamati in causa dalla principale complicazione dell’abuso di analgesici:
la tossicità renale”.

Dal punto di vista tossicologico clinico è fondamentale distinguere tra una condizione di dipendenza
fisica (“dependence”) ed un disturbo di dipendenza propriamente detto (“addiction”). Su 24mila
pazienti trattati con analgesici oppiacei per un dolore di varia natura, la quasi totalità ha
sviluppato una dipendenza fisica, ma solamente 7 hanno mostrato segni di quella che chiameremmo
comunemente “tossicodipendenza”. “Ciò concorda” continua Gallimberti “con le recenti direttive
ministeriali italiane che giustamente rassicurano i medici ad usare gli oppioidi nella terapia del
dolore, essendo minimo il rischio che essi inducano una tossicodipendenza nei loro pazienti. Diversa
è la problematica per quanto riguarda l’uso di analgesici, spesso non oppioidi (acido
acetilsalicilico, fenacetina, paracetamolo, nimesulide…): tali farmaci non sono di per sé in grado
di produrre le modificazioni neurobiologiche tipiche dello stato di adattamento che si sviluppa
nella dipendenza fisica. Ciò nonostante sono talvolta abusati, con meccanismi ancora da chiarire,
probabilmente agendo prevalentemente sul sistema serotoninergico, mediatore importante per la
regolazione del tono dell’umore.

In effetti gli abusatori di analgesici presentano attacchi di panico, fobie, depressione,
instabilità dell’umore in modo maggiore rispetto alla popolazione generale; a lungo termine,
inoltre, l’esaurimento della serotonina porta ad un persistente mal di testa che, secondo quanto
dicono i pazienti, li obbliga a continuare ad assumere nel tempo ed a dosi massicce, i farmaci per
combattere il dolore”. Complessivamente sembra che tali pazienti possano costituire intorno all’1%
della popolazione generale adulta, percentuale leggermente superiore a quella stimata per i
dipendenti da eroina. Questa diffusione nella popolazione generale giustifica l’allarme che sta
nascendo attorno a questa problematica. (Con la cortese collaborazione del dottor Giovanni Forza,
psichiatra Università di Padova)

Decalogo: 40 righe

Al Waissman Institute di Beverly Hills (California) specializzato in programmi di disintossicazione
è stato stilato un decalogo, riportato e adattato qui di seguito, per identificare i segni della
dipendenza da analgesici.

1. Incremento del dosaggio – Nel tempo è abbastanza frequente per le persone che assumono questo
genere di farmaci, di diventarne “tolleranti” ossia la stessa dose non basta più per ottenere lo
stesso effetto. Il raggiungimento della soglia di tolleranza induce il paziente ad aumentarsi le
dosi in maniera progressiva, in una situazione che prevede il rischio di sviluppare una vera e
propria dipendenza.

2. Cambiamento della personalità – I cambiamenti del comportamento di una persona possono essere un
segno di dipendenza. Il soggetto diventa più apatico, presenta cadute di energia, scarsa
concentrazione, calo del tono dell’umore. Le responsabilità della vita di tutti i giorni diventano
secondarie rispetto alla necessità di procurarsi il farmaco e il benessere che il farmaco procura.

3. Ritiro sociale – La dipendenza spinge a isolarsi e sottrarsi progressivamente dalla vita
familiare, dalle relazioni con amici e dalla vita sociale in genere.

4. Uso protratto – L’uso continuato di un farmaco che era stato prescritto a seguito di un fatto
clinico, determina il bisogno di protrarre l’uso giustificandolo con la cronicità del dolore. Il
soggetto si lamenta di frequente che il medico non ritiene più necessario continuare la terapia,
parla spesso del suo disagio, della sua condizione, è astioso nei confronti del medico e
rivendicativo.

5. Impiego del tempo per ottenere la prescrizione – Una persona dipendente utilizza una elevata
quantità di tempo per vedere molti medici e ottenere la ricetta desiderata. Ciò vale principalmente
per gli antidolorifici prescritti con ricetta non ripetibile (in Italia sono indicati nella Tabella
1 della legge 685/75)

6. Cambiamento nelle abitudini quotidiane e nella cura personale – Può diminuire l’igiene personale,
oppure esserci cambiamenti nel sonno e nel modo di alimentarsi. Spesso il paziente può presentare
una tosse persistente, rinorrea e occhi arrossati.

7. Diminuzione delle responsabilità – Assenze dal lavoro, debiti, mancanza del rispetto degli
impegni presi sono aspetti tipici.

8. Aumento della sensibilità – Le emozioni vengono sovrastimolate. La persona varia il modo di
vedere e percepire il mondo circostante e per quanto siano difficili da valutare possono presentarsi
fenomeni allucinatori.

9. Dimenticanze – Una chiara indicazione di una dipendenza è il dimenticarsi degli impegni, perdita
di memoria, amnesia.

10. Atteggiamento difensivo – Quando si tenta di nascondere una dipendenza da sostanze queste
persone si mettono sulla difensiva, temono che si possa scoprire il loro segreto. Reagiscono in modo
eccessivo alle attenzioni dei parenti o degli amici.

Tabella per articolo su analgesici

Classe terapeutica Analgesici – Dati di vendita nel 2002

Nel 2002 sono state vendute 66,1 milioni di confezioni di analgesici per un fatturato di 356 milioni
di euro.

Indicazione Numero confezioni vendute Fatturato in Euro in milioni

Analgesici generali 37 milioni 159,5
Dolori muscolari 22 milioni 163.9
Altri analgesici 2,6 milioni 15.5
Dolori mestruali 1,7 milioni 7.4
Mal di denti 1,2 milioni 7.9
Analgesici specifici mal di testa 0,3 milioni 2.1

Dati ANIFA

Fonte: Repubblica SALUTE marzo 2004

Johann Rossi Mason
E-mail: jobres@ecplanet.com

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