Disconnessione interiore: quando trascuriamo le nostre emozioni

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Disconnessione interiore: quando trascuriamo le nostre emozioni

La disconnessione interiore è un meccanismo di difesa che molti mettono in pratica. Significa
scegliere di non provare nessun sentimento per non soffrire, significa “raffreddare” il cuore per
proteggere l’anima da eventuali fallimenti, delusioni o ferite che non guariscono. Questa strategia,
in realtà, allontana da una partecipazione sana alla vita.

Analizziamo per un momento lo scopo delle emozioni che proviamo. Ogni volta che si attivano nel
cervello, scatenano una reazione in tutto il nostro essere. Il dispiacere, ad esempio, ci allontana
da qualcosa o qualcuno. L’affetto, l’entusiasmo o la passione ci immergono in dinamiche che ci fanno
sentire più energici e creativi che mai.

Rifiutarsi di amare per paura di soffrire è come rifiutarsi di vivere per paura di morire.
Jim Morrison

Tuttavia, chi pensa che le emozioni negative non abbiano uno scopo o che servano soltanto a renderci
infelici si sbaglia. In realtà, sono proprie queste emozioni che hanno permesso a noi esseri umani
di adattarci, imparare e andare avanti nel corso della nostra evoluzione e ciclo vitale. La paura o
l’ansia sono meccanismi di sopravvivenza, sono segnali di allarme che dobbiamo saper interpretare
per poterli tradurre in risposte di adattamento che garantiscano la nostra integrità.

La neuroscienza e interessanti libri come A new view of pain as a homeostatic emotion (Una nuova
visione del dolore come emozione omeostatica) ci rivelano un dato molto interessante: l’uomo moderno
prova tanta paura. Al di là di minacce esterne o pericoli fisici concreti, la paura di questo mondo
è molto più profonda e complessa..

Stiamo parlando dei timori interiori, di quei demoni personali che ci paralizzano, che ci tolgono
l’aria e che senza dubbio hanno diverse cause. Data la nostra incapacità di gestire queste paure,
spesso optiamo per la sindrome da disconnessione emotiva.

Vi invitiamo a riflettere su questo concetto che forse conoscete già.

La sindrome da disconnessione interiore: un meccanismo di difesa fin troppo comune

Immaginiamo per un momento una persona qualsiasi, Michele ad esempio. Questo giovane ha alle spalle
un passato affettivo ricco di fallimenti. Il suo livello di delusione è talmente profondo che il
ragazzo ha cominciato una nuova fase della sua vita riducendo al minimo l’impegno emotivo. Non vuole
soffrire ancora né provare altre delusioni o disinganni.

I suoi meccanismi di difesa per raggiungere questi obiettivi sono ormai affinati: ha iniziato una
complessa dissociazione tra pensieri ed emozioni al punto di “intellettualizzare” qualsiasi cosa. In
questo modo, protegge il suo isolamento emotivo in qualsiasi momento con ragionamenti del tipo:
“Sono felice da solo, penso che l’amore sia una perdita di tempo e che intralcia il mio futuro
professionale”.

Michele ha sviluppato la sindrome da disconnessione interiore per mettere da parte il disincanto del
passato in modo che non si ripeta più. Tuttavia, e qui arriva il dato interessante, oltre ad
innalzare una barriera per evitare di partecipare attivamente alla vita, il nostro protagonista sta
affondando nello stesso vuoto emotivo da cui voleva proteggersi.

Gli effetti della disconnessione emotiva

Se per Michele amare è soffrire, chiudere le porte all’amore implica spesso trasferire questa stessa
sofferenza a tutti gli ambiti della vita. La disconnessione emotiva è un virus inarrestabile che
avanza lentamente e conquista sempre più territori. Perché la persona che la prova smette di
registrare dentro di sé l’affetto come qualcosa di significativo.

Dopo poco, emergeranno la sibillina frustrazione, la sottile amarezza, l’implacabile malumore e quel
malessere emotivo che prima o poi si tradurrà in dolore fisico, insonnia e diverse malattie e
addirittura nell’ombra della depressione.

Vivere in connessione con le proprie emozioni: un salvavita quotidiano

All’inizio dell’articolo parlavamo del ruolo delle emozioni negative nella nostra vita. Le abbiamo
definite un meccanismo di sopravvivenza. Tuttavia, l’esempio anteriore ci ha dimostrato che molte
persone, invece di accettare e comprendere queste emozioni, le collocano nella stiva delle loro
barche mentali per immergerle nel vuoto dell’indifferenza. Dell’oblio.

Se non avessi sofferto come hai sofferto, non avresti la profondità, l’umiltà e la compassione
dell’essere umano.
Eckhart Tolle

Scegliere di non provare nulla per non soffrire non ha senso. Non ha senso perché l’essere umano non
è un’entità razionale né una macchina. Le persone sono fatte di favolose emozioni che fungono da
guida e consentono di entrare in connessione con gli altri, di imparare a rialzarsi dopo una caduta,
di piangere ogni dolore, di ridere dalla felicità e andare avanti a testa alta dopo aver superato i
pericoli che hanno impartito una lezione importante.

La neuroscienza ci ricorda che la disconnessione interiore che deriva da un insieme di emozioni
negative non è utile né salutare. Le emozioni negative, come la paura o il dispiacere, hanno uno
scopo e danno forma a ciò che gli scienziati chiamano “impulso omeostatico”. L’essere umano è
progettato per agire, non per rimanere fermo ed isolato nell’isola dell’insoddisfazione.

Quando il nostro equilibrio interiore viene in qualche modo turbato, una buona idea è raccogliere le
energie, essere creativi e coraggiosi per ritrovare l’omeostasi interiore. Ed è così che possiamo
raggiungere la pienezza emotiva o quel punto perfetto dove non manca nulla e niente fa male.
Concediamoci di provare di nuovo le emozioni per entrare in connessione prima con noi stessi e per
rischiare, poi, di stabilire un contatto con chi ci sta attorno.

Alla fine, il nostro cervello è una meravigliosa entità sociale ed emotiva che ha bisogno degli
altri per stare bene, per stare in pace e in un equilibrio che si rivela essere necessario. Quindi,
prendiamoci cura delle nostre emozioni.

Di: Valeria Tiziano

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