di J.K.Zinn
Quando ci si distende a terra, si prova una particolare sensazione di
fermare il tempo sia che si pratichi una meditazione supina come l’analisi
corporea sia che si lavori sistematicamente con il corpo lentamente ma con
fermezza, cimentandosi con i propri limiti in svariate direzioni, come si
fa nello Hatha Yoga consapevole.
Il solo trovarsi a basso livello in una stanza tende a chiarire la mente.
Forse perché è per noi insolito giacere sul pavimento si rompono gli schemi
neurologici consolidati e questo c’invita a entrare nel momento presente
attraverso un’apertura subitanea che potremmo definire la porta del corpo.
Nella pratica dello Hatha-Yoga, il concetto è inserirsi pienamente nel
proprio corpo, mentre si diventa consapevoli di sensazioni, pensieri e
sentimenti che si presentano mentre ci si muove, ci si stira, mantenendo le
posizioni, stendendo o sollevando braccia, gambe e torso. Si dice che vi
siano più di 80.000 posizioni yoga fondamentali. E difficile rimanere a
corto di nuove sfide per il corpo, ma, per quanto mi riguarda, ritorno
sempre a una successione abituale di una ventina di posizioni che nel corso
degli anni mi fanno penetrare sempre più profondamente nel mio corpo e
nella tranquillità.
Lo yoga vicendevolmente associa movimento e quiete. E’ una pratica
meravigliosamente corroborante e, come nelle altre forme meditative, non ci
si pone un obiettivo, ma ci si muove di proposito in questo momento fino
ai limiti estremi del corpo. Si esplora un terreno in cui una considerevole
intensità di sensazioni può provenire dal distendere, sollevare o mantenere
l’equilibrio in configurazioni spaziali insolite di arti, capo e torso. Qui
si rimane, di solito più a lungo di quanto vorrebbe parte della mente,
unicamente respirando e percependo il proprio corpo. Non si vuole ottenere
nulla. Non si gareggia con un corpo altrui né si pensa a migliorare il
proprio. Non si valuta no i movimenti del corpo, ma si rimane tranquilli,
nell’arco completo delle proprie esperienze, accogliendo intensità e
scomodità (in ogni caso lieve se non si sono superati i propri limiti),
assaporando la fioritura di questi momenti nel proprio corpo.
Per il praticante assiduo tuttavia è difficile non notare che il corpo ama
un trattamento costante di questo tipo e cambia di sua iniziativa. In
questa pratica si crea frequentemente una « tendenza a » mentre esiste
contemporaneamente la sensazione «così com’è ora» quando il corpo si adagia
sempre più profondamente, abbandonandosi, steso sul pavimento
nell’intervallo tra due posizioni più impegnative. Senza forzare, facciamo
del nostro meglio per coesistere con l’ordito e la trama di corpo, mente,
pavimento e ambiente circostante, rimanendo in contatto.
***
prova: sdraiatevi sul pavimento una volta al giorno, distendendo il corpo
consapevolmente, anche per soli tre o quattro minuti, sintonizzandovi con
la respirazione e con quanto suggerisce il corpo stesso. Ricordate che
questo è il vostro corpo oggi. Controllate se mantenete il contatto con
esso.
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