Come un uomo che voglia domare un toro lo legherà a un albero, così
la mente dev’essere saldamente legata con la consapevolezza all’oggetto
della meditazione.
Ashin Buddhaghosa spiega che quando un meditante lavora nel
modo giusto, mantenendo la consapevolezza del tocco del respiro che
entra e che esce all’imboccatura delle narici, prima o poi deve
manifestarsi un segno. Spiega anche che il segno non è per tutti il
medesimo. Per alcuni sarà un tocco lieve come un fiocco di cotone, un
batuffolo di seta o una leggera brezza. Per altri potrà essere una forma
come una stella, un diadema di gemme o un filo di perle. Altri
avvertiranno una sensazione grezza come se venissero pinzati da una
molletta di legno. Altri sperimenteranno il segno come una lunga treccia
di corda, un mazzo di fiori o uno sbuffo di fumo. Altri ancora lo
avvertiranno come una ragnatela, una pellicola di nuvola, un fior di
loto, la ruota di un carro, il disco della luna, il disco del sole. Se
appare un segno luminoso, non bisogna cominciare a pensarci né dargli
attenzione diretta; il segno è originato dalla percezione, perciò
bisogna capire che appare diverso a causa della differenza di percezione.
Visuddhi Magga
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