DOMINARE LE MACCHINE CON IL PENSIERO

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DOMINARE LE MACCHINE CON IL PENSIERO

di Alessandro Provenzano
per Edicolaweb

Da diciotto anni all’università di Princeton si studia la misteriosa “interfaccia” attraverso al
quale la nostra mente è in grado di agire sul mondo fisico.

“Avanti, bella, puoi farcela. Lo so che puoi. Avanti così, fammi vedere come sei brava… Ancora uno
sforzo… Centro!” La gentildonna in camice bianco che pronuncia questi incitamenti, prima a voce
bassa, poi in toni sempre più alti fino all’esclamazione finale, non si sta rivolgendo a un essere
umano. Parla a una macchina, una specie di contatore elettronico con un display digitale che brilla
di cifre rosse. Brenda Dunne è una delle “teste pensanti” del PEARLab: Laboratorio per la ricerca
delle anomalie ingegneristiche, a Princeton, uno degli istituti scientifici più prestigiosi
d’America (ci andò a lavorare Einstein quando si rifugiò negli USA). La strana macchina che ha di
fronte è un “generatore di numeri a caso”, che lei sta cercando di persuadere a usare in maggior
misura le cifre alte che le cifre basse: vale a dire utilizzare più 0, 1, 2, 3 e 4 che 5, 6, 7, 8 e
9. Non lo fa manipolando il programma della macchina: cerca di convincerla parlando, incitandola,
incoraggiandola, lodandola o rimproverandola. E – se per caso ve lo state chiedendo – ci riesce.

Brenda Dunne è psicologa, specialista nell’analisi del comportamento. Nel PEARLab, è una delle
persone incaricate di determinare scientificamente se la volontà umana è in grado di influenzare il
comportamento delle macchine. O (se preferite) di cercare di capire se la mente può agire sulla
materia.
Fino ad oggi, la risposta è positiva.

Il lavoro svolto a Princeton ha mostrato che la mente delle persone normali, e non dei cosiddetti
“sensitivi”, è in grado di influire sul comportamento delle apparecchiature micro-elettroniche. Non
è stato il lavoro di un week-end: la ricerca dura da ben diciotto anni, durante i quali centinaia di
volontari hanno prodotto milioni di stringhe di numeri a caso, la cui analisi ha messo in luce
risultati statisticamente significativi e non attribuibili a semplici fluttuazioni probabilistiche.

I metodi usati sono stati diversi. Alcuni, come la Dunne, hanno cercato di persuadere la macchina
parlandole come si fa con un bambino ostinato; altri hanno fissato il display senza dir nulla, ma
focalizzando la mente sul risultato che volevano ottenere; altri ancora non hanno fatto niente, si
sono limitati a sedere davanti al generatore di numeri, magari leggendo un libro.
È risultato che i tre quarti degli operatori hanno avuto esiti incontrovertibili: la macchina ha
generato numeri conformi alla loro volontà in misura statisticamente significativa.
Quantitativamente, l’effetto è piccolo, come riuscire a “influenzare” un lancio di una monetina ogni
cento: ma – ed è questo quello che conta – è accertato, misurabile e riproducibile.

Lasciate da sole, le macchine producono tante cifre da 0 a 4 quante da 5 a 9, così come vuole il
calcolo delle probabilità; con un operatore davanti, producono più cifre del primo blocco che del
secondo. Se gli operatori sono due, e si concentrano sullo stesso risultato, l’effetto è più
sensibile. Cosa ancor più singolare, se le due persone in questione sono legate affettivamente, la
deviazione statistica è ancor più accentuata.

VIOLAZIONI INESPLICABILI

I ricercatori di Princeton hanno cercato di verificare l’esistenza di “anomalie ingegneristiche”
anche con altre apparecchiature. Una è la cosiddetta “cascata”: un apparecchio che fa cadere
novemila sferette di plastica attraverso una griglia formata da diverse file di chiodini, in modo
che si infilino in diciannove alloggiamenti verticali. Secondo le leggi della probabilità, cadendo
si dispongono in modo da disegnare una “curva a campana”, che esprime graficamente la distribuzione
degli eventi casuali. Ebbene, quando un ricercatore si pone davanti all’apparecchio e pensa “A
destra!” o “A sinistra!”, alle lunghe una quantità statisticamente significativa di palline finisce
per obbedire al comando, infilandosi in numero maggiore da una parte piuttosto che dall’altra.

Diverse organizzazioni di “scettici” hanno esaminato le apparecchiature del PEARLab, i suoi
protocolli di ricerca, i sistemi di analisi dei risultati, senza trovare nulla di non corretto. Sono
state prese in considerazione tutte le ipotizzabili cause “esterne” che potessero giustificare le
anomalie: variazioni di temperatura, tremori sotterranei inavvertibili, vibrazioni dovute al
traffico e altre cose analoghe, prendendo di volta in volta precauzioni per eliminare ogni
interferenza: le macchine hanno “sempre” continuato a “obbedire” agli operatori. Gli esperimenti
sono stati tentati anche in altri laboratori e si sono ottenuti gli stessi risultati.

Insomma, dal punto di vista empirico, non sembrano esserci dubbi: il fenomeno esiste.
La parte difficile, a questo punto, è elaborare una teoria che spieghi i risultati.
Brenda Dunne pensa che esista un “qualcosa”, una specie di risonanza che si stabilisce fra il mondo
della coscienza e il mondo fisico, e che è in grado di eliminare almeno in parte la casualità che ci
circonda. Questa risonanza potrebbe essere influenzata dall’intensità emotiva: lo dimostrerebbe, fra
l’altro, l’esito più favorevole degli esperimenti compiuti da coppie di ricercatori legati
affettivamente.

NOZIONI ERETICHE

Sarebbe facile, e pericoloso, scivolare senz’altro da considerazioni di questo genere ad
affermazioni circa la “potenza della preghiera”, i poteri della “volontà purificata”, la “forza
dell’amore”. D’altra parte, è difficile negare che, così come stanno le cose, appare credibile che
il nostro psichismo abbia almeno in parte il potere di ridurre l’entropia del mondo, indirizzando i
processi casuali verso forme di realtà più ordinata.
È lo stesso direttore del PEARLab, Robert Jahn, a raccomandare prudenza. Jahn ha un curriculum
impressionante. Ingegnere meccanico, è laureato anche in fisica ed è professore a Princeton di
Scienze Aerospaziali, nonché Decano della Scuola d’Ingegneria. Evita di parlare di “paranormale”,
“parapsicologia”, “forze psi” e cose del genere.

Quelle che sta studiando – insiste – sono “anomalie ingegneristiche”. Il suo atteggiamento di
prudenza è determinato anche dall’ostilità con la quale le sue ricerche incontrano negli ambienti
accademici malgrado il prestigio suo personale e della sua istituzione. Il direttore di un famoso
periodico scientifico gli ha detto di recente che avrebbe pubblicato i risultati dei suoi studi
soltanto il giorno che lui fosse stato in grado di trasmetterglieli telepaticamente.

Jahn, peraltro, è convinto che il “qualcosa” oggetto delle sue analisi esista davvero.
“Io credo – dice – che le cosiddette interazioni anomale fra coscienza e ambiente fisico siano una
realtà e che siano presenti in modo abbastanza evidente nelle forme di vita inferiori, piuttosto che
negli esseri umani. Possono dipendervi, per esempio, le capacità migratorie di uccelli e pesci, o la
‘coscienza di gruppo’ che è palese negli sciami di insetti. È una capacità che noi umani abbiamo
forse perduto quando abbiamo scelto di sviluppare le nostre facoltà razionali a scapito di quelle
intuitive”.

Il PEARLab finora non ha tentato di misurare le interferenze mente/materia negli animali. Due
scienziati del laboratorio tempo fa hanno costruito per un altro istituto di ricerca un
“distributore casuale di noccioline”: una macchina che, a intervalli di tempo imprevedibili, lascia
cadere due o tre arachidi. La macchina è stata posta in una foresta e tenuta sotto osservazione, per
studiare il comportamento nei suoi riguardi dei diversi abitatori del bosco: scoiattoli, procioni,
ricci, qualche volpe. La Biologa Marsha Adams, che sta conducendo le osservazioni, è sconvolta dai
primi risultati. “C’è da chiedersi – dice – se l’istinto non sia in realtà un fattore attivo. Il
numero di volte in cui un animale è presente nel momento in cui la macchina sta per liberare il suo
‘regalo’ va ben al di là del caso e della coincidenza. Credo che la capacità degli animali di
influenzare l’apparecchiatura sia molte volte superiore a quello di un operatore umano”.

MISTERIOSA INTERFACCIA

Dopo diciotto anni di ricerche, Robert Jahn non è ancora riuscito a trovare risposte definitive.
“Siamo ancora lontani dall’individuare i parametri essenziali. – dice – Sappiamo che in certe
condizioni si stabilisce una forma di comunicazione fra la nostra mente e le macchine, ma quale sia
l’interfaccia attraverso la quale avviene il dialogo coscienza/materia, non lo sappiamo. Che questa
interfaccia esista, è comunque ormai dimostrato. E sono certo che potrebbe spiegare molti
comportamenti inesplicabili di certi macchinari complessi, più volte denunciati da operatori
diversi, come i piloti o i tecnici di computer”.

Arriveremo al punto di dialogare direttamente con le macchine o, a livello più vasto, riusciremo
prima o poi a trovare il modo di inflenzare a nostro favore il “campo probabilistico”, piegando gli
eventi a nostro beneficio?
Brenda Dunne non nega nessuna possibilità. “Il nostro cervello è il più potente elaboratore di
informazioni che si conosca. Il suo funzionamento ci è largamente sconosciuto, e non sappiamo come i
nostri poteri cognitivi interagiscano con la realtà che è sottoposta alle nostre osservazioni. La
fisica quantistica ci suggerisce, e i risultati sperimentali confermano, che questa interazione è
più profonda di quanto non appaia alla nostra consapevolezza razionale. Ma prima di arrivare al
punto di utilizzare praticamente quelle che per ora sono soltanto idee confuse, occorrerà calarci a
fondo e senza preconcetti in territori che fino ad oggi per la scienza materialista erano veri e
propri tabù”.

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