Doping sicuro

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Doping sicuro

Data articolo: agosto 2008

Fonte: salute.agi.it

Epo di terza generazione ? Macché. Alla vigilia delle Olimpiadi di Pechino ecco un breve vademecum
di piante dopanti, capaci di assicurare prestazioni atletiche vincenti senza lasciar traccia. Sono
perlopiù ignorate dai cacciatori dell’antidoping. In compenso sono ben note alla farmacia
tradizionale cinese basata, come noto, sulle virtù medicinali, non prive di rischi, delle piante.

Fabio Firenzuoli, presidente dell’Associazione italiana dei medici fitoterapeuti (Anmfit) che ha
sede presso l’Ospedale di Empoli, è un esperto in materia e fa appunto notare che la pianta più
usata nella storia del doping è, non a caso, cinese.Si tratta dell’Efedra (Ephedra sinica), vegetale
ricco di varie sostanze di tipo anfetaminico, tra cui l’efedrina. Tra le piante cosiddette
adattogene, che facilitano cioè l’adattamento del fisico a stimoli stressanti, ve ne sono alcune non
considerate dopanti, e quindi mai neppure ricercate nel sangue o nelle urine degli atleti.

Sono piante orientali che aumentano la potenza muscolare e l’ossigenazione dei muscoli e del
cervello, come il Ginseng cinese e coreano (Panax Ginseng) o quello siberiano (Eleuterococcus
senticosus), ma anche la Maca (Lepydium meyeni) dei popoli sud-americani e la Rhodiola rosea, usata
inizialmente da atleti russi. Sempre tra le piante di origini orientali usate da atleti e di cui non
si trova traccia all’esame doping, il Tribulus terrestris consente di produrre estratti capaci di
moltiplicare l’attività dei recettori per gli androgeni con migliori risultati in termini di
prestazioni sia sportive che sessuali.

Quanto alle cosiddette “piante fantasma”, agiscono indirettamente sugli ormoni e le relative
attività ma senza che ve ne siano tracce urinarie: si tratta di sostanze naturali che al tempo
stesso riducono la degradazione degli ormoni nel sangue e riducono la loro escrezione. Il risultato,
spiega Firenzuoli, è facilmente comprensibile: l’ormone rimane nel sangue più a lungo, funziona di
più, e come per magia nelle urine si trova in quantità ridotta. Sembra l’uovo di Colombo.

In realtà esistono proprio sostanze naturali che possono agire con questi meccanismi; in
particolare, la radice di Liquirizia, pianta medicinale di origini cinesi attiva proprio sul
metabolismo degli steroidi; il frutto di una pianta cinese usata come condimento chiamata anche pepe
del Sichuan (Zanthoxylum schinifolium); ma anche prodotti usati come alimenti, come alcuni funghi
cinesi (ad esempio il Ganoderma lucidum), usati come tonici. Tornando all’efedrina, un tempo era
usata come dimagrante e anoressizzante, ma anche per curare asma e raffreddore. Poi si è capito che
poteva danneggiare cuore e cervello (provocando ictus, aritmie e infarti) ed è stata abbandonata, ma
fino a pochi anni fa era presente anche in prodotti naturali di tipo erboristico camuffata sotto il
nome cinese di Ma Huang.

È stata sostituita da altre piante orientali, ma sempre ricche di efedrina (la Sida cordilofia e la
Pinellia ternata, nota anche con il nome cinese di BanXia), quindi a rischio di essere scoperte.
Oggi l’efedrina è proibita ed è considerata sostanza dopante. In alternativa sono però di moda
integratori contenenti una molecola del tutto simile, la sinefrina usata sempre come dimagrante,
spesso in associazione a piante contenenti caffeina, tipo il Guaranà o le noci di Cola, oppure a
diuretici come il Tarassaco cinese.

Si trovano nei cosiddetti prodotti termogenici, che attivano i processi metabolici a livello
muscolare, con due risultati: riduzione della massa grassa e aumento della forza muscolare.
L’ostacolo giuridico quindi rappresentato dall’efedrina è così aggirato ricorrendo ancora una volta
ad una pianta di origini orientali, cioè l’arancio amaro, dalla cui scorza si estrae appunto la
sinefrina. Molecola sì naturale, ma sempre rischiosa soprattutto per il cuore degli atleti, così
come degli obesi, degli ipertesi e dei cardiopatici.

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