di J.Kabat Zinn
(Tratto da:”Dovunque tu vada ci sei già” – di J.Kabat Zinn
[In cammino verso la consapevolezza] – Edizioni Pratica)
Dovunque tu vada, ci sei già
Avete notato che non si riesce mai a sfuggire a nulla? E che presto o tardi
le cose che volevate evitare, coprire o fingere di ignorare si
ripresentano, particolarmente se correlate a vecchi schemi o timori? 11
concetto romantico e che se qui non funziona basta solo andare altrove e
tutto sarà diverso. Se il lavoro non rende, si cambia lavoro, se non si va
d’accordo con la moglie se ne trova un’altra, se la città è invivibile ci
si trasferisce altrove, se i figli creano problemi si cerca qualcuno che se
ne prenda cura. Il pensiero latente e che i motivi dei vostri guai non
risiedono in voi, bensì nella situazione, in altri, nelle circostanze.
Cambiate casa, cambiate luogo e tutto andrà a posto; potrete iniziare
daccapo, ripartire da zero.
Il lato negativo di questo modo di pensare è ignorare convenientemente di
avere una testa e un cuore oltre a quel « karma », come lo definirebbe
qualcuno, emanante da voi. Per quanto tentiate, non potete sfuggire voi
stessi. D’altronde, quale motivo avreste, se non un’illusione, per ritenere
che altrove le cose sarebbero diverse o migliori? Presto o tardi gli stessi
problemi si ripresenterebbero, se in effetti sono una conseguenza dei
vostri schemi di valutazione, pensiero e comportamento. Troppo spesso la
nostra vita cessa di funzionare perché rinunciamo a occuparcene, e non
siamo disposti ad assumerci responsabilità per lo stato di fatto e ad
affrontare le difficoltà. Non comprendiamo che e davvero possibile ottenere
chiarezza, cognizione e trasformazione nel bel mezzo di ciò che è ora e
qui, per quanto problematico sia. Ma è più facile e meno preoccupante per
il nostro amor proprio proiettare i nostri problemi su altri o sul contesto.
E’ assai più comodo trovare pecche, biasimare, credere che occorra un
cambiamento esterno, una fuga dalle forze che ci trattengono impedendoci di
crescere e di trovare la felicità. Potete persino rimproverare voi stessi
per tutto e, quale ultima evasione dalle responsabilità.
Nello SPIRITO DELLA CONSAPEVOLEZZA
I danni di questo modo di considerare le situazioni sono visibili ovunque.
Guardate praticamente dove volete e troverete rapporti interrotti, famiglie
smembrate, individui distrutti, raminghi, sradicati, persi, che cambiano
continuamente sede, lavoro, amicizie, idee di ri-[ scatto, sperando che
tutte le forze che la persona, il libro, il lavoro, il posto giusti
contribuiranno a migliorare le cose. Oppure si sentono isolati, privi di
attrattive e disperati, avendo rinunciato a cercare o persino a
intraprendere qualche tentativo, per quanto maldestro, di trinare la pace
dello spirito.
La meditazione non rende di per sé immuni da questo schema della ricerca
all’esterno di risposte e soluzioni ai problemi personali. Tal volta si
passa cronicamente da una tecnica all’altra, da un maestro all’altro, da
una tradizione all’altra alla ricerca di qualcosa, di un insegnamento, di
un rapporto speciali, ili quella momentanea « ispirazione» che aprirà la
porta all’autocompassione e alla liberazione. Ma questo può trasformarsi in
una grave delusione, in una ricerca senza fine di una via di fuga da ciò
che è più vicino e torse più doloroso. Per paura e per il desiderio che
qualcuno veramente speciale le aiuti a vedere chiaramente, a volte le
persone si lasciano invischiare in rapporti malati di totale dipendenza ila
maestri di meditazione dimenticando che, per quanto valida possa essere la
loro guida, alla fine il lavoro intcriore va eseguito personalmente ed
essere sempre coerente col tessuto della propria vita.
Alcune persone arrivano persino a strumentalizzare i ritiri meditativi
guidati da un maestro per mantenersi a galla nella vita anziché come ampia
occasione d’introspezione profonda. In un certo senso, nei ritiri tutto è
facile. Ci si occupa delle necessità di vita essenziali, il mondo ha un
senso. Tutto ciò che si deve fare è sedere o camminare, essere consapevoli,
immergersi nel presente e in se stessi mentre altri provvedono per noi alle
necessità quotidiane, ascoltare la grande saggezza di persone che hanno
lavorato in profondità su se stesse.
In gran parte tutto questo è vero. Buoni maestri e lunghi periodi di
meditazione isolata in ritiro possono essere profondamente validi e
salutari, a condizione di essere disposti a considerare qualsiasi cosa
emerga durante il ritiro. Ma esiste anche il pericolo, da cui guardarsi,
che i ritiri si trasformino in un allontanamento dalla vita comune e
consueta e che in definitiva la «trasformazione» personale rimanga a
livello epidermico. Forse potrà durare pochi giorni, settimane o mesi dopo
il termine del ritiro, poi si ritorna al vecchio schema di mancanza di
chiarezza nei rapporti, all’attesa di un successivo ritiro e di un nuovo
grande maestro, di un pellegrinaggio in Asia o di una qualsiasi fantasia
romantica in cui tutto sarà ancora più profondo e chiaro a vantaggio della
nostra personalità.
Questo modo di pensare e di vedere è fin troppo diffuso: a lungo andare non
si può riuscire a sfuggire a se stessi, ma solo trasformarsi. Non ha
importanza se si usano le droghe o la meditazione, l’alcol o il Club
Mediterranée, il divorzio o lasciare l’impiego. Non può esistere decisione
che porti alla crescita fino a quando la situazione in atto non sarà
affrontata completamente, aprendosi con consapevolezza, tanto da consentire
alla difficoltà della stessa situazione di appianare le vostre personali
difficoltà. In altri termini si deve essere disposti a lasciare che sia la
vita a divenire maestra.
Secondo questa modalità di lavoro, dovete affrontare il «qui e ora». Quindi
questa è la realtà… questo luogo, questo rapporto, questo dilemma, questo
lavoro. La sfida della consapevolezza è lavorare precisamente con le
circostanze in cui vi trovate – per quanto spiacevoli, scoraggianti,
restrittive, interminabili e senza uscita possano sembrare – e assicurarvi
di aver fatto tutto ciò che era in vostro potere per utilizzare energie e
trasformarvi, prima di decidere di limitare le perdite e passare ad altro.
E proprio qui che deve svolgersi il vero lavoro.
Così, se pensate che la vostra pratica meditativa sia noiosa o
improduttiva, che non vi trovate nelle condizioni ottimali, e che se solo
foste in una grotta nell’Himalaya o in un monastero asiatico, oppure su una
spiaggia ai tropici o in ritiro in un ambiente naturale le cose
migliorerebbero e la meditazione sarebbe più efficace… ripensateci.
Arrivati nella vostra grotta, in quella spiaggia o ritiro, vi trovereste
con la stessa mente, lo stesso corpo, la medesima respirazione che avete
qui. Dopo aver trascorso una quindicina di minuti nella grotta, potreste
sentirvi soli, desiderare più luce o il soffitto potrebbe gocciolare. Sulla
spiaggia forse farebbe troppo caldo, nel ritiro potrebbero non piacervi i
maestri, il cibo o la vostra stanza. C’è sempre qualcosa che non va.
Allora, perché non lasciar perdere e ammettere che tanto varrebbe essere a
casa, dovunque voi siate? Proprio in quel momento arrivereste all’essenza
del vostro essere, lasciando libero ingresso alla consapevolezza che vi
guarirà. Se comprenderete questo, allora e solo allora la grotta, il
monastero, la spiaggia e il ritiro vi offriranno autentica ricchezza. Ma
altrettanto faranno tutti gli altri momenti e luoghi.
***
Il piede mi scivola su una stretta sporgenza; in quella frazione di
secondo, mentre aghi di paura mi trapassano il cuore e le tempie,
l’eternità interferisce con il presente. Il pensiero e l’azione non sono
diversi, e pietre, aria, ghiaccio, sole, paura e l’Io sono uno. È
esilarante estendere questa acuta consapevolezza nei momenti più usuali,
nell’esperienza momento per momento del gipeto e del lupo, i quali,
trovandosi al centro delle cose, non hanno bisogno dei segreti
dell’esistere vero. Nel respiro che ora facciamo c’è il segreto che tutti i
grandi maestri cercano di dirci, c’è quello che un lama definisce «la
precisione e apertura e intelligenza del presente». Lo scopo della
meditazione non è l’illuminazione; sta piuttosto nel dare attenzione anche
ai momenti non straordinari, nell’appartenere al presente, a nulla se non
il presente, nel portarsi questa coscienza nell’adesso in ciascun evento
della quotidianità.
Peter Matthiessen, il leopardo delle nevi
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