DROGHE, RELIGIONE E MAGIA

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DROGHE, RELIGIONE E MAGIA

fonte: High Times Encyclopedia of Precreational Drugs, Stonehill Publishing Company, New York, 1978

Da dove proviene l’idea degli dèi? Forse dall’ingerimento di piante psicotropiche, come sospetta il
micologo R. Gordon Wasson? Quale migliore spiegazione per l’animismo profondamente radicato nel
cuore di tutte le religioni magiche primitive, la profonda convinzione che alberi muti e bestie
terribili, scogliere rocciose e oscuri corsi d’acqua siano posseduti dalla stessa misteriosa
vitalità che hanno gli esseri umani? Il fuoco dell’accampamento scoppoietta; strane figure guizzano
sulle pareti della caverna. Vedi demoni e creature; disegni i loro contorni con carbonella e succo
di bacche. Respira profondamente, odora gli spiriti malsani. Loro non se ne vanno neppure quando tu
chiudi gli occhi; il cuore batte pauroso e affascinato di fronte al soprannaturale, allo
straordinario, al magnifico divino. Un migliaio di piante sacre, un migliaio di versi sacri di
glorificazione e orrore, di lussuria e serenità, di estatica preghiera e guerra rabbiosa, eseguiti
nella profondità della coscienza. Lo sciamanesimo fu la base della maggior parte delle prime
religioni. Nelle società di cacciatori e agricoltori lo sciamano era allo stesso tempo il prete, il
dottore e il mago, che usava pozioni di droga per comunicare con il mondo degli spiriti, per
divinare gli arcani segreti della vita e della morte, per curare i malati e per controllare i fatti
che influenzavano non solo i singoli individui, ma l’intera comunità. La parola sciamano deriva dal
russo o tungus saman, un monaco buddista, e dal sanscrito shramana, un asceta religioso. Il concetto
risale alla formazione del ceppo linguistico indoeuropeo in Eurasia. In altre parti del mondo, dove
l’eredità linguistica non è così chiara, l’archeologia e la mitologia indicano tradizioni simili
circa l’uso di piante magiche in tempi preistorici.

I funghi sono apparsi molto presto nell’evoluzione del regno vegetale e, insieme alle piante
solanacee, possono essere stati tra le prime sostanze sacre usate dagli sciamani in Eurasia e
nell’emisfero occidentale (un ponte di terra attraverso lo stretto di Bering rende questa
coincidenza ancora più probabile). D’altra parte in Cina, nel Medio Oriente, nel Mediterraneo e in
Africa, le prime piante sacre erano principalmente granaglie, uva e palme, da cui si potevano
ricavare birra e vino. La canapa, la coca, il papavero dell’oppio e il tabacco sono tra le più
antiche piante coltivate, e alcune specie sono completamente sconosciute allo stato selvaggio.Che
cosa c’era di magico in queste piante? I funghi sono magici perché crescono senza semi. Molte specie
(psilocybe, amanita ecc.) crescono da spore e miceli praticamente invisibili e diventano piante
falliche alte dieci, anche venti centimetri in meno di una settimana – e hanno l’altrettanto
soprendente capacità di mantenere i propri poteri psicoattivi per lunghi periodi, se seccate e
conservate nel modo giusto. La canapa segue il genere umano nomade come un fantasma, sviluppandosi
rigogliosamente in desolate terre desertiche e in fertili giungle, nel freddo intenso e nel caldo
oppressivo. Il peyotl sembra quasi sdoppiarsi con minuscoli germogli grigio-verde che appaiono
miracolosamente proprio a fianco dei vecchi boccioli nell’arido deserto. Per di più, molte specie,
recise e apparentemente morte per lunghi periodi di tempo, possono improvvisamente rinascere alla
vita attiva se immerse in acqua per una notte. I concetti di rinascita e resurrezione, di poteri
soprannaturali e di vita eterna – concetti che costituiscono i fondamenti della maggior parte delle
religioni – non potrebbero essere stati suggeriti dalla semplice osservazione di queste piante?

E in secondo luogo, naturalmente, i loro effetti celestiali. Alcune piante alimentano il corpo,
altre stordiscono la mente. Tali piante divennero ben presto il territorio di competenza dello
sciamano, «lo trasportavano temporaneamente in affascinanti mondi di meraviglia indescrivibilmente
impalpabile», come ha detto Richard Evans Schultes. «I narcotici, specialmente quelli definiti
allucinogeni, erano la sua medicina per eccellenza e divennero ben presto le istituzioni della sua
magia e religione, le basi delle sue pratiche mediche». La conoscenza esatta delle origini si è
perduta da molto tempo per la maggior parte delle religioni preistoriche, ma miti e folclore,
tramandati oralmente, ci forniscono degli indizi. La più antica religione sulla Terra, di cui si
abbiano i testi completi, è la religione vedica in India, del secondo millennio a.C., che si
sviluppò dallo sciamanesimo dell’Asia centrale. Il canto di inni sacri (mantras) conservò, in modo
complesso, gli inni e i riti vedici per migliaia di anni. Essi sono tuttora conservati così dai
Bramini. Diciotto preti si sistemano cantando sull’Altare del Fuoco. Esso prende la forma di un
possente uccello in volo, che si innalza verso i cieli. Dopo molte settimane di preparazione il
sacrificio del soma incomincia. La pianta di soma, resa gonfia dall’immersione nell’acqua per una
notte, è presa insieme a una mucca sacra e portata su un carro. I preti (continuando monotonamente a
recitare i testi sacri) battono tre volte il soma su pietre logorate dal tempo: il suo succo lucente
gorgoglia attraverso un setaccio e cade in tinozze di legno. Infine i preti tengono le loro ciotole
di soma in alto e bevono il nettare d’oro cantando:

Il succo mi porta come venti impetuosi.
Non ho forse bevuto soma?
La mia grandezza trascende i cieli
e questa terra.
Non ho forse bevuto soma?
Sono grandissimo: sono nelle nuvole.
Non ho forse bevuto soma?

Che cosa sia in realtà questo soma i Veda non lo dicono in nessun punto; cresceva solo sulle
montagne e venne perduto quando gli Ariani penetrarono più profondamente in India. Vennero cercati
dei sostituti, e lo yoga, forse già conosciuto precedentemente, venne accettato nella religione
formale, nel tentativo di riconquistare, attraverso la meditazione, le gloriose visioni indotte una
volta dal soma. La pianta comunemente usata oggi è una pianta appartenente alla famiglia delle
asclepiadacee con poco effetto psicoattivo, appena sufficiente a colorare il canto degli inni
vedici. L’Avesta, un testo sacro portato in Persia dagli Arii e strettamente legato ai Veda, si
riferisce ad haoma come alla pianta d’oro dai molti rami e la distingue dalle altre bevande
inebrianti come il vino in quanto è «l’unica bevanda che si prende con religiosità, piuttosto che
con rabbia». Molte sostanze sono state proposte per l’identificazione come l’originale soma/haoma,
compresi il rabarbaro, la lattea Sarcostemma bevistigma, la canapa e la ruta siriana (Peganum
harmala). L’identificazione più plausibile è stata fatta da Wasson che, dopo anni di minuziosa
ricerca, conclude che si tratta dell’amanita muscaria.

E in effetti esiste una tradizione sciamanistica antica sull’uso dell’amanita muscaria nell’Asia
centrale, dai cui perimetri occidentali vennero originariamente gli Arii. Vestigia di questo
sciamanesimo rimangono solo tra i Koryaki, Chukchi, Ostyak, Samoyed, Kamchadae e altre tribù della
Siberia. Fotografie moderne di sciamani Samoiedi sotto l’effetto della amanita, che intonano canti e
canzoni con accompagnamento di un tamburo magico, corrispondono quasi esattamente ai disegni su
vecchissime rocce di sciamani Samoiedi che viaggiano nel mondo dei morti. Sebbene le cerimonie
specifiche variassero da tribù a tribù, un rapporto di Jochelson, un antropologo che visse tra i
Koryaki nel 1901, riporta l’esperienza del fungo con grande chiarezza. Anche in questo rapporto di
un osservatore esterno possiamo intravedere qualcosa dei terribili poteri provati dagli antichi
sciamani nella trance prodotta dall’amanita. Una tale esperienza potrebbe benissimo aver causato le
estasi reverenziali dei Veda. Le allucinazioni dell’amanita muscaria possono essere anche le cause
della metamorfosi che subivano gli sciamani, la divina metamorfosi di esseri umani in animali,
piante ed esseri polisessuali. «All’inizio delle cose, nel periodo mitologico del Grande Corvo»
racconta Jochelson circa le credenze Koryaki «l’uomo era dotato anche del potere di trasformare se
stesso. Mettendosi addosso la pelle di un animale, o assumendo la forma esteriore di un oggetto,
egli poteva trasformarsi in quell’oggetto o animale. Il Grande Corvo ed Eme’mqut si trasformavano in
corvi coprendosi di penne di corvo. Eme’mqut e le sue mogli si mettevano dei copricapi maculati a
tesa larga che assomigliavano all’amanita muscaria e si trasformavano in quei funghi velenosi. La
credenza nella trasformazione di uomini in donne dopo aver indossato dei vestiti da donna, e
viceversa, è stranamente collegata a questo gruppo di idee».

In Cina, il culto del fungo dell’Asia centrale può aver influenzato il concetto taoista del «Divino
Fungo dell’Immortalità», ling chih. Ma sin dai tempi della prima dinastia Shang, nel secondo
millennio a.C., il vino di miglio o riso era la droga della magia e della metamorfosi degli
sciamani. Lo sciamano ingerisce una coppa di vino e striscia nella bocca della tigre. È mortalmente
impaurito. La tigre lo tiene delicatamente, attenta, calmando fieramente il gattino del genere
umano. Lo sciamano intravede la morte e si sente vivo – sente il cuore della tigre battere nel suo
cervello, profondo, palpitante e vigilante nella sua pelle animale. I cicli della morte e della
rinascita continuano, l’uomo resta per sempre nella bocca della tigre. Le droghe dello sciamano non
solo procuravano protezione e consolazione, ma anche viaggi in oscuri recessi della coscienza.
Viaggi attraverso il surreale, e spesso attraverso magnifici regni, ricorrono in tutta la mitologia
della droga. Spesso è un viaggio terrificante nella terra della morte, ma qualche volta è più
sereno. Il viaggio di Ulisse nella terra dei mangiatori di loto ne è un esempio; la leggenda cinese
della «visita alla Terra Ubriaca» è un altro.

Anche la canapa, un’altra pianta nativa dell’Asia centrale, ha svolto un ruolo importante nella
prima magia sciamanistica. Si dice che il mitico Coltivatore Divino dell’antica Cina, Shen Nung,
abbia insegnato al popolo cinese come coltivare la canapa per ricavarne la fibra e la medicina, e la
canapa contribuì in modo sostanziale allo sviluppo della civiltà cinese. Lo storico greco Erodoto
racconta che gli Sciti dell’Asia centrale si purificavano, dopo il funerale di un re, erigendo delle
piccole tende, strisciandovi dentro e inalando i vapori prodotti dai semi di canapa gettati su
pietre roventi; specifici attrezzi per questo scopo sono stati rinvenuti in tumuli siberiani.
Racconta anche che le tribù che si trovavano lungo il fiume Araxes gettavano il frutto di un albero,
probabilmente la parte superiore dei fiori di canapa, nei loro fuochi «e l’odore che ne emanava li
inebriava, produceva lo stesso effetto che da noi fa il vino, e si intossicavano sempre di più mano
a mano che buttavano altri frutti, finché non saltavano in piedi e incominciavano a cantare e a
ballare».

Nella tarda India vedica la canapa veniva usata dagli stregoni in cerimonie del fuoco per la buona
fortuna nella guerra e nella caccia, per curare e avvelenare. Forse, come è stato suggerito,
l’antico culto dell’haoma morì lentamente perché Zoroastro, che riformò la religione avestica (il
mazdeismo) della Persia, odiava l’haoma e i bevitori di vino. Tuttavia la canapa è nominata
favorevolmente in parecchi miti degli adoratori del fuoco zaratustriani (conosciuti come «I Magi»
nella Bibbia). La canapa, con il nome qunupu o qunabu, appare anche nei testi sacri assiri
all’incirca del secolo VII a.C., sebbene il vino fosse molto più importante nell’antica religione di
allora. […]

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