E’ necessario vincere il dubbio

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Saggezza: Come far buon uso delle religioni?

Anagarika Silanda
(Georges Bex)

Redatto con la collaborazione di Marcelle Suriyong
Traduzione di Elisa Taibi

Edizioni Arista

Titolo originale dell’opera: La sagesse – Guide pour un bon usage des
religions – La Cit, ,diteur, CH Georges Bex, Lausanne, CH per l’Italia:
Edizioni ARISTA s.a.s., Torino

[…..]

* E’ necessario vincere il dubbio *

Non e’ necessario risalire ai tempi del Buddha per ascoltare l’insegnamento
di vari “maestri” che diffondono importanti dottrine filosofiche o religiose
fra loro opposte, e puo’ avvenire che, dopo averli ascoltati senza partito
preso, un uomo provi una certa esitazione nel decidere come condurre la
propria vita.

Il modo in cui conduciamo la nostra vita dipende dalla comprensione della
meta che ci prefiggiamo, e poiche’ questa meta non e’ stabilita in modo
assoluto, sentiamo il bisogno di ascoltare altri autorevoli maestri. Spesso,
tuttavia, i vari insegnamenti si contraddicono tra loro, causando nella
nostra mente una confusione ancora maggiore.

Secondo alcuni maestri, un’azione va giudicata soltanto in base al
risultato, ma possiamo obiettare che se un’azione puo’ essere positiva sul
piano materiale, non sempre lo e’ su quello spirituale.

Altri maestri insegnano che perche’ un’azione sia positiva, deve esserlo sia
sul piano materiale sia su quello spirituale, ma fortunatamente lo sviluppo
spirituale non dipende dalla quantita’ di beni terreni posseduti: si puo’
essere schiavi di quel poco che si ha cosi’ come si puo’ essere liberi dalle
proprie ricchezze; e’ una questione di evoluzione.

Vorrei fare osservare che la motivazione sul piano sociale non coincide con
quella sul piano spirituale.

Sul piano sociale, l’ideale e’ cercare di ottenere il benessere del maggior
numero di persone e di mettere tutti al riparo dalla miseria. Ora, teniamo
presente che questo benessere dipende dalle sensazioni-percezioni avvertite.

Sul piano spirituale, l’ideale e’ individuale in una prima fase: il
raggiungimento della pace e della serenita’, che e’ possibile soltanto
vigilando su pensieri, parole e azioni, a condizione che la comprensione sia
giusta.

Abbiamo quindi una prima possibilita’ di abbandonare le esitazioni
chiedendoci, per cominciare:

“Nell’insegnamento di tale maestro, si parla di benessere legato alle
sensazioni-percezioni oppure di ricerca della pace e della serenita’?”

Questa prima possibilita’ ci obbliga ad una sorta di preselezione: o
vogliamo i beni terreni, o ricerchiamo i beni spirituali.

Preselezione splendidamente evidenziata dalle parole del Cristo: “Date a
Cesare quel che e’di Cesare e a Dio quel che e’di Dio.”

Rimaniamo sul piano spirituale.

Persino e soprattutto su questo piano possiamo ascoltare insegnamenti
contraddittori. Ad esempio, alcuni negano qualsiasi possibilita’ di vita
dopo la morte mentre altri affermano il contrario; alcuni insegnano che le
nostre azioni si ripercuotono soltanto sulla nostra vita in questo mondo,
altri affermano invece che la vita futura e’condizionata dal nostro
comportamento in questa vita; secondo alcuni esiste una vita eterna, per
altri la liberazione giunge dopo una serie di vite successive… queste
diverse concezioni possono far sorgere il dubbio, quella carica di dinamite
capace di far esplodere e di ridurre in cenere una convinzione traballante.

Per vincere il dubbio, osserviamo come si comportano l’uomo di mondo e
l’uomo che ha fatto la preselezione spirituale.

Prendiamo l’uomo che conduce la propria vita privo di qualsiasi problema
spirituale e che non crede in una vita dopo la morte: il suo comportamento
sara’ determinato unicamente dalla ricerca delle sensazioni-percezioni
piacevoli, evitando il piu’ possibile quelle spiacevoli e ricercando
soltanto il proprio tornaconto.

Come diceva Goethe : “…il mugnaio crede che il grano cresca soltanto per
far funzionare il suo mulino.”

Anche Madame de Pompadour, quando Luigi XV s’incupiva, lo rassicurava
dicendogli: “..Non dovete affliggervi, o vi ammalerete. Dopo di noi, il
diluvio.”

Possiamo osservare che alcune persone prive di scrupoli godono di benessere,
di stima, di un certo lusso e non sembrano preoccuparsi dello stato in cui
versa la loro coscienza, tanto che sono soliti dire che tutto va per il
meglio.

Vediamo ora il comportamento di un uomo che sceglie la preselezione
spirituale: egli non ricerca piu’ le sensazioni-percezioni piacevoli e
vigila sui propri pensieri, parole e azioni.

Sul piano sociale, egli e’ meno privilegiato di chi ha come scopo la ricerca
delle sensazioni piacevoli. Facendo un confronto, sembrerebbe che i
risultati penalizzino la ricerca spirituale.

Per trovare un rimedio contro i dubbi, dobbiamo comprendere l’essenza
dell’insegnamento del Buddha, e cioe’:

“Questa e’ la sofferenza, quest’altra e’ l’origine della sofferenza.”

Per giungere alla cessazione della sofferenza e, di conseguenza, del dubbio,
il Buddha ci indica la via da percorrere che, riassunta in un’unica formula,
e’ la buona condotta .

Certo non vogliamo criticare la fondatezza dell’insegnamento del Buddha,
eppure come rinunciare a quei vantaggi terreni che abbiamo appena visto e
scegliere la preselezione spirituale, decisamente meno vantaggiosa sul piano
sociale?

Cambierebbe tutto se potessimo avere la certezza di un aldila’ condizionato
dal nostro comportamento in questa vita, eppure per molti di noi questa e’
un’ipotesi non verificabile.

Il problema, quindi, resta irrisolto: e’ meglio godersi appieno i beni
terreni, pur essendo consapevoli delle loro caratteristiche (impermanenza,
sofferenza e illusione) piuttosto che illudersi sull’esistenza di un
problematico aldila’?

Si potrebbe dire che, se la vita dell’aldila’ fosse una realta’,
condizionata per di piu’ dalle azioni compiute in questa vita, l’uomo che ha
fatto la preselezione spirituale sarebbe nettamente favorito, a differenza
di chi dice:”…dopo di me, il diluvio…”

A questo ragionamento sfugge un punto importante, messo in luce in una
favola di Florian in cui, durante uno spettacolo di ombre cinesi, la scimmia
vanta la bellezza delle immagini, mentre gli altri animali sgranano gli
occhi senza pero’ vedere nulla…

… La scimmia aveva dimenticato solo un particolare, quello di accendere la
lanterna luminosa…

Per chiarire questo punto vorrei servirmi di una storia famosa, la parabola
del Figliol prodigo. Egli, pur vivendo nella casa del padre, e’
insoddisfatto; la sua vita gli appare monotona e, dal suo punto di vista,
non gli sembra normale. Cosi’ lascia la casa del padre e si lancia nella
vita, ricercando piaceri e lussuria. Nella caverna della sua mente,
ignoranza, desideri e attaccamento formano l’elisir di sofferenza, e giunge
ad un tal punto di saturazione che dira’, come e’ scritto nel Vangelo:

” Quanti servi in casa di mio padre hanno pane in abbondanza, ed io, qui,
muoio di fame!”

Questa e’ l’amara lezione della sofferenza, che pero’ puo’ essere assai
salutare quando aiuta l’infelice ad aprire gli occhi.

Questa parabola vale sia per il discepolo del Buddha sia per quello del
Cristo, poiche’ riassume l’esperienza vissuta delle prime due Nobili Verita’
e si conclude con il ritorno del giovane alla casa del padre: come nelle
belle favole, nella parabola tutto finisce bene.

Vorrei pero’ continuare nella mia meditazione. Proprio come con la
guarigione si dimentica la malattia, non e’ forse possibile che questo
giovane rinsavito si ponga nuovamente degli interrogativi e si dica:

“E’ vero, sono stato negligente, superficiale, non lo saro’ piu’. E’ anche
vero, pero’, che la vita in casa di mio padre non e’ divertente. So che i
desideri incontrollati portano alla sofferenza, ma i desideri sono anche
fonte di gioia. Invece qui, nella casa di mio padre, non c’e’ ne’ gioia, ne’
sofferenza. Non e’ forse meglio rinunciare a questa vita monotona e
prepararsi ad accettare le gioie, controllando l’attaccamento che potrebbe
derivarne e accettandone, ovviamente, anche le conseguenze spiacevoli?”

Come alla scimmia della favola sopra ricordata, a quest’uomo manca
l’illuminazione. Egli e’ tornato alla casa del padre, gode di una certa
sicurezza, ma non ha ancora capito la condizione essenziale per un simile
ritorno: la sua eredita’ spirituale, ovvero la Pace e la Serenita’.

Chiunque sappia cos’e’ la sofferenza, abbia preso la via del ritorno e sia
giunto alla Pace e alla Serenita’ deve poter dire:

“Non sapevo che Pace e Serenita’ fossero proprie della mia vera natura,
mentre gioia e sofferenza sono proprie del mio ego.”

Giunto al termine della mia meditazione, la mia conclusione e’ che dobbiamo
essere certi che Pace e Serenita’ sono gia’ profondamente dentro di noi;
ecco perche’ e’ importante agire affinche’ la ricerca della Pace e della
Serenita’ prevalga su quella delle sensazioni-percezioni.

Di fronte ad una simile scoperta, il problema di sapere se c’e’, o meno, una
vita dopo la morte non sussiste piu’: perche’ mai rimandare all’aldila’ la
ricerca della Pace e della Serenita’, quando possiamo trovarle qui ed ora?

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