Effetto Mozart

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Effetto Mozart

L’Effetto Mozart è un termine che indica come la musica, o per lo meno certi generi di musica, possa
cambiare la salute, l’educazione e l’intelligenza dell’essere umano.

Il termine “Effetto Mozart” deriva dal fatto che i primi esperimenti sugli effetti della musica
sulla psiche umana siano stati effettuati utilizzando musica classica, in particolare alcuni brani
di Mozart. La definizione è stata coniata da Alfred A. Tomais nel 1991, un otorinolaringoiatra che
creò una corrente di medicina alternativa conosciuta come “Metodo Tomatis”, o
“Audi-Psico-Fonologia”.
Tomatis iniziò a sottoporre alcuni pazienti all’ascolto di brani di Mozart, ritenendo che l’ascolto
di musica classica potesse aiutare nella cura di disfunzioni dell’orecchio e del cervello.

Uno degli effetti osservati dopo gli esperimenti di Tomatis è stato quello dell’ aumento temporaneo
di quoziente intellettivo. In un esperimento pubblicato sulla rivista Nature dal nome “Prelude or
requiem for the Mozart effect”, è stato dimostrato come una sonata di Mozart abbia aumentato
l’intelligenza spazio-temporale di 8-9 punti sulla scala del quoziente intellettivo definita
“Stanford-Binet”.

I partecipanti all’esperimento sono stati sottoposti a tre stimoli sonori: Mozart, musica ripetitiva
rilassante, e silenzio completo. Dopo ognuno di questi stimoli, i partecipanti al test hanno
compilato un questionario per determinare il livello di intelligenza spazio-temporale. Il risultato
ottenuto sembra dimostrare che nei 15 minuti successivi all’ascolto di Mozart il quoziente
intellettivo sembra innalzarsi di 8-9 punti, per poi ritornare ai livelli precedenti al periodo
d’ascolto.

Spesso l’Effetto Mozart è stato frainteso, affermando che l’ascolto della musica del compositore
austriaco potesse migliorare in via definitiva l’intelligenza dell’essere umano. Il fraintendimento
è arrivato al punto che nel 1998 il governatore della Georgia decise di stanziare un budget annuale
di oltre 100.000 dollari per fornire ogni neonato dello Stato di un CD musicale contenente una
raccolta di brani di musica classica.
Sebbene esista un riscontro reale dell’ Effetto Mozart, non si hanno prove sperimentali che
l’ascolto di musica classica possa aumentare il quoziente intellettivo definitivamente.

Non bisogna pensare che l’ascolto di Mozart “renda più intelligenti”. Per prima cosa, esistono 9
tipi di intelligenza differenti, e l’ effetto Mozart sembra avere dei risultati solo su qualle
spazio-temporale e, parzialmente, su quella logico-matematica.
Secondariamente, gli effetti sono del tutto transitori, e riscontrabili solo dopo una decina di
minuti dall’ascolto.

I test condotti finora infatti fanno pensare che l’Effetto Mozart (e non di tutte le sue sinfonie)
produca risultati temporanei, e solo su un particolare tipo di intelligenza, quella definita
“spaziale”. L’intelligenza spaziale riguarda l’abilità di analizzare le informazioni sulle forme e
sulle posizioni nello spazio. Aiuta a ricordare dettagli ambientali, ad avere senso
dell’orientamento e nel riconoscimento di forme. L’intelligenza spaziale risulta particolarmente
utile per scultori, pittori, architetti e chirurghi.

Il miglioramento temporaneo dell’intelligenza spazio-temporale dovuto all’ Effetto Mozart è stato
dimostrato anche in altri esperimenti, come quello condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’
Università del Wisconsin e reso pubblico nel 1998.
I ricercatori hanno esposto diversi gruppi di ratti, sia quando ancora si trovavano nell’utero
materno sia dopo il parto per 60 giorni, a tre tipi differenti di musica: Mozart (sonata K448),
musica minimalista, e silenzio.
Dopo l’esposizione allo stimoli sonoro, i ratti sono stati sottoposti a test per 5 giorni, tre volte
al giorno. Il test consisteva nel trovare l’uscita di un labirinto, cosa che risultò più facile per
i ratti che avevano ascoltato Mozart.

L’effetto Mozart sembra essere parzialmente efficace anche in soggetti affetti da epilessia,
diminuendo la frequenza degli attacchi.
Su 29 pazienti esposti alla sonata K448 di Mozart dai ricercatori della University of Illinois
Medical Center, dopo 5 minuti di ascolto ben 23 hanno sperimentato un’attività epilettiforme meno
frequente.

In generale, le sperimentazioni sono state condotte con due differenti sonate di Mozart: la K448 e
la K488. Sembra infatti che altri brani di Mozart o di altri autori non ottengano gli stessi
effetti. A parte uno: un pezzo realizzato dal compositore greco Yanni, intitolato “Acroyali/Standing
in Motion”, simile alla K448 di Mozart per tempo, struttura, melodia e consonanza armonica.

E’ però vero che altri brani musicali ottengono effetti rilassanti, distensivi, rallentano il
battito cardiaco e fanno diminuire la pressione sanguigna.
Musica celtica o indiana, come del resto la musica classica, sembrano avere effetti benefici per la
pressione sanguigna, come è stato dimostrato da Gianfranco Parati, dell’ Università Bicocca di
Milano.

Sembra però che non basti comprare il primo cd di “musica rilassante” per poter ottenere effetti
reali come l’ Effetto Mozart. Occorre rispettare precisi criteri di ritmicità, melodicità, struttura
musicale. Oltre al fatto che, se non vi piace Mozart, ascoltarlo probabilmente non otterrà alcun
effetto riscontrabile sulla vostra psiche.
Non basta nemmeno ascoltare passivamente, come afferma Glen Shellenberg, psicologo della University
of Toronto, e uno dei primi ad effettuare ricerche sulla materia. “I risultati dei nostri
esperimenti sono stato grossolanamente fraintesi ed esagerati”.

Schellenberg tiene a far presente, come già detto sopra, che gli effetti su alcune funzioni
cerebrali persistono per solo circa 10 minuti, e porta l’esempio di come siano state fraintese le
sue ricerche facendo notare come i CD venduti da Don Campbell, considerato il “magnate dell’effetto
Mozart”, non contribuiscano affatto a migliorare l’intelligenza dei bambini. Il massimo che possono
ottenere quelle compilation è far ascoltare della buona musica classica a dei bambini che, forse, di
musica classica non ne vogliono sentire affatto.

Semmai, la vera sfida è imparare a suonare. Secondo alcuni test effettuati da Schellenberg ed i suoi
colleghi, si sono verificati dei veri e propri (anche se piccoli, 3 punti circa) aumenti permanenti
di quoziente intellettivo in bambini di 6 anni che hanno imparato a suonare o a cantare.
“Ci sono prove che fare musica cambia il cervello in maniera positiva e permanente” afferma Laurel
Trainor, professoressa di psicologia della University of Toronto.

Suonare uno strumento infatti richiede una coordinazione che coinvolge diverse aree del cervello,
incluse quelle delegate alla memoria, alle emozioni e alla gestualità.
Gottfried Schlaug, neurologo della Harvard University, ha osservato lo sviluppo cerebrale di 30
musicisti e di altrettante persone che non hanno mai suonato uno strumento, rilevando che nei
musicisti le fibre connettive che connettono l’emisfero destro e sinistro del cervello sono in media
più larghe e dense di chi non ha mai provato a fare musica.
E non solo: i musicisti che avevano iniziato a praticare prima dei 7 anni mostravano differenze
significative rispetto a chi aveva iniziato più avanti con l’età.

Tutto questo però non vi deve portare a costringere i vostri figli a fare lezioni di piano, e
nemmeno farvi pensare alla musica come ad uno strumento per potenziare le nostre capacità cerebrali.
Ascoltate la musica che più vi coinvolge, comprendetela, approfonditela, suonatela se vi piace e ne
siete in grado; e dimenticatevi dei possibili effetti temporanei o permanenti sul vostro cervello.
La musica è percezione e sentimento, e devono essere questi gli stimoli che vi spingono ad
ascoltarla o a praticarla.

www.nature.com/nature/journal/v400/n6747/abs/400827a0.html

www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/9664590

www.medpagetoday.com/MeetingCoverage/ASH/9597

www.physorg.com/news186827279.html

da ditadifulmine.com

approfondimenti su:
www.sublimen.com/sublimen/dossier/effetto_mozart_e_sub_mozart.html

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