Benefici anche da brani jazz, ma scienziati avvertono che le note non sostituiscono i farmaci
da focus.it
10 AGOSTO 2015
Milano, 10 ago. (AdnKronos Salute) – Ascoltare musica classica o jazz può aiutare chi soffre di epilessia a prevenire nuove crisi. A svelare un ‘effetto-Mozart’ che potrebbe accompagnarsi alla terapia farmacologica per controllare meglio la malattia è uno studio presentato a Toronto, in Canada, al 123esimo Congresso annuale dell’American Psychological Association.
La ricerca, illustrata dalla neurologa Usa Christine Charyton delll’Ohio State University Wexner Medical Center, evidenzia che il cervello delle persone colpite da epilessia reagisce alle note in modo diverso rispetto a quello di chi non presenta la patologia, sincronizzando maggiormente le proprie onde a quelle dalla musica. Quest’ultima “non può rimpiazzare i medicinali antiepilettici”, avverte Charyton, convinta però che “la musica potrebbe rappresentare un nuovo intervento volto a scongiurare le crisi dei malati”.
Nell’80% dei casi l’epilessia colpisce nella forma ‘lobo temporale’. Le crisi tipiche della patologia, cioè, nascono proprio in questa zona del cervello. Poiché a livello cerebrale la musica viene elaborata nella stessa regione, all’interno della corteccia auditoria, Charyton e colleghi hanno pensato di studiare l’effetto delle note sul cervello dei pazienti.
Il lavoro ha riguardato 21 persone con epilessia, monitorate dal centro statunitense da settembre 2012 a maggio 2014. Attraverso l’elettroencefalogramma, gli scienziati hanno registrato l’attività cerebrale dei partecipanti esposti a un’alternanza fra silenzio e musica: 10 minuti di silenzio, seguiti da un brano di Mozart o del jazzista John Coltrane, altri 10 minuti di silenzio, ancora musica (di Mozart per chi aveva ascoltato jazz, di jazz per chi aveva sentito Mozart), e gli ultimi 10 minuti di silenzio.
L’attività cerebrale dei pazienti è risultata molto più alta durante l’ascolto musicale. Cosa ancora più importante, evidenzia Charyton, è che le onde cerebrali di chi soffre di epilessia si sono sincronizzate con quelle della musica in modo maggiore che nei sani, specie a livello del lobo temporale.
“Siamo rimasti sorpresi da quanto osservato – conclude la studiosa – Avevamo ipotizzato che la musica venisse processata nel cervello in modo diverso rispetto al silenzio, ma ancora sapevamo se ciò valesse anche nelle persone con epilessia”.
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