Elettrosmog (prima parte)

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Elettrosmog (prima parte)

di: Alessio Mannucci

RADIAZIONI AURICOLARI

Nell’aprile del 2000, uno studio inglese della “Consumer Association”, una associazione di
consumatori, lancia un altro allarme: gli auricolari del telefonino indirizzano sul cervello il
triplo delle radiazioni di un cellulare normale.

Secondo i risultati dello studio, pubblicati sulla rivista “Which?” il filo dell’auricolare
fungerebbe da “antenna”, dirigendo sull’orecchio una quantità tre volte superiore di microonde
rispetto a quelle che si sprigionano da un telefono cellulare senza questo accessorio.

“Non ci sono prove conclusive – sottolinea il direttore del mensile inglese, Graeme Jacobs – che
queste radiazioni siano nocive per l’uomo o che provochino cancro o difetti genetici, ma è bene
stare in guardia“.

La notizia gettò nello sgomento milioni di persone che usano regolarmente l’auricolare fidandosi
degli studi che indicavano livelli di radiazioni elettromagnetiche inferiori ben del 95% alle soglie
di sicurezza stabilite dall’Unione Europea.

CELLULARI ALLA SBARRA

Nell’agosto del 2000, Chris Newman, un neurologo americano al quale, nel marzo del 1998, era stato
diagnosticato un tumore al cervello, intenta una causa miliardaria contro due giganti della
telefonia, la Motorola e il fornitore di telefonia Verizon Communication, chiedendo un risarcimento
per danni materiali e morali di 800 milioni di dollari, pari circa a 1.600 miliardi di lire.
Purtroppo per Newman, nonostante i numerosi studi scientifici sulla materia, nessuno dei suoi capi
d’accusa può essere dimostrato “oltre ogni ragionevole dubbio”. Anche la “Food and Drug
Administration”, l’organismo che dovrebbe sovrintendere alla salute degli americani (in realtà una
delle più potenti lobby americane, ndr), continua a barcamenarsi tra la tesi che non esiste alcuna
prova della nocività delle radiazioni provenienti dai telefonini e quella, opposta, che non è mai
stato dimostrato il contrario.

Una manna per la Motorola, che a questa confusione ha fatto immediatamente appello, dichiarando che
“da anni risulta evidente che accuse di questo tipo non hanno alcun fondamento”. Una disgrazia per
Chris Newman che, in mezzo a tutto questo caos, si ritrova con un’unica certezza: quella di avere un
tumore dietro all’orecchio destro, proprio lì dove appoggiava il suo “amato” cellulare.

ELETTROBUSINESS

Con mezzo miliardo di cellulari sparsi in ogni angolo del globo, la posta in gioco, più che la
salute di milioni di persone, è un giro d’affari multimiliardario. Più recentemente, è scesa in
campo anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, varando un progetto imponente, del costo di 6
milioni di dollari, per studiare gli effetti dei telefoni cellulari in soggetti sani e in soggetti
con diagnosi di tumore cerebrale. A finanziarla, almeno parzialmente, sono le stesse industrie
produttrici dei telefonini.

La International Agency for Research on Cancer (IARC) ha avviato uno studio che coinvolgerà 14 paesi
per accertare i rischi legati all’uso del telefonino. La parte italiana del progetto sarà coordinata
da Susanna Lagorio, dell’Istituto Superiore di Sanità. Si intende analizzare oltre tremila casi di
pazienti affetti da vari tipi di tumore al cervello. Inoltre, si studierà un gruppo di un centinaio
di volontari che utilizzeranno telefonini particolari dotati di dispositivi per misurare con
precisione i livelli di radiazione ricevuti ed emessi. La battaglia contro i telefonini, spesso
condotta nell’ambito della più vasta campagna sull’inquinamento elettromagnetico, comincia ad
assumere toni particolarmente roventi. Il paragone più frequente evocato dagli “elettroattivisti” è
quello con le sigarette: le aziende che fabbricano cellulari, dicono, hanno le prove che fanno male
alla salute, ma le tengono chiuse in cassaforte per non danneggiare il proprio mercato.

Ma neanche chi accusa i cellulari è sempre disinteressato: all’ondata di preoccupazione si è
prontamente affiancata una fiorente industria di microscudi, cuffiette e copriantenna che promettono
di scongiurare ogni rischio, proteggendo dal contatto diretto con le microonde emesse dal
telefonino. Un team di ricercatori irlandesi dell’Electronic Research Group (una divisione della
società statunitense Life Energy & Technology Holdings) ha annunciato di aver messo a punto un
dispositivo che potrebbe sostituire le antenne dei telefoni cellulari. Il nuovo sistema sarebbe in
grado di ridurre dell’80% l’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche. Si tratta di una sorta di
griglia flessibile che può adattarsi a qualsiasi forma, come il retro di un telefonino, il tetto di
un’automobile o il muro di una stanza, già sperimentata dalla marina russa per proteggere le
trasmissioni radio dalle interferenze elettromagnetiche naturali.

UNA QUESTIONE DI MICROONDE

Sono le microonde, o meglio le radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza, le vere imputate. A
quale livello di emissione diventano nocive? La questione è tutta qui. Ma è meno semplice di quel
che potrebbe apparire.

Il problema è costituito dalla radiazioni ad alta frequenza usate per trasportare le informazioni
destinate alle radio, alle televisioni ed ai telefonini. Quando la frequenza delle radiazioni è
molto alta, come nel caso dei raggi X, si sviluppa energia sufficiente a spezzare i legami chimici,
e quindi a provocare danni biologici, danneggiando il DNA e favorendo l’insorgere dei tumori.
Tecnicamente, questo tipo di radiazioni si chiama “ionizzante”, mentre “non-ionizzanti” sono le
radiazioni a frequenze più basse, come quelle emesse dai telefoni cellulari, la cui energia,
teoricamente, non basta a influire sui materiali biologici.

Per avere un’idea della distanza che separa i due tipi di radiazione basta qualche cifra: i
cellulari funzionano a frequenze tra i 900 e i 1800 Mhz, circa, i forni a microonde a 2450 Mhz. I
raggi X di un normale laboratorio d’analisi non sono neanche paragonabili: la loro frequenza è
superiore a un milione di Megahertz.

Tuttavia, anche una modestissima quantità di radiazioni elettromagnetiche può avere effetti sugli
organismi biologici, non solo sugli umani, ma su tutto l’ambiente. Alcuni studi su soggetti animali
esposti alle microonde, ad esempio, hanno rilevato reazioni inattese, quali un aumento della
velocità di crescita o la produzione di ormoni legati allo stress. O perfino un incremento della
suscettibilità ai tumori, come affermato da uno studio australiano che però nessuno è ancora
riuscito a dimostrare. Così come attende ancora conferma anche un esperimento tedesco sull’uomo
secondo il quale i telefonini causerebbero un aumento della pressione sanguigna.

Altri test ingles, sembrano perfino evidenziare effetti vantaggiosi: l’uso dei telefoni cellulari
migliorerebbe la velocità di reazione.

Secondo Guido Santonocito, fondatore del settore Elettrosmog del WWF, di cui attualmente è
responsabile, fondatore e portavoce dell’Associazione Lotta Contro l’Elettrosmog (ALCE), autore del
saggio “Il Problema Corre Sull’Onda” , edito nel 1998 dalle Edizioni del WWF, anche referente
parlamentare del governo per la legge quadro sull’elettrosmog approvata nel 2001: “il possibile
rischio cancerogeno comincia a partire da livelli di campo magnetico superiori a 0,2 microtesla. In
particolare, è stato osservato da parte di vari studiosi internazionali censiti dal nostro Istituto
Superiore di Sanità nei rapporti Istisan del 1995 e del 1998, che a queste quote di esposizione vi è
un incremento delle leucemie infantili da 2 a 4 volte rispetto alla normale incidenza della malattia
sulla popolazione”.

Il WWF sta completando una ricerca sul tema in collaborazione con il CNR e l’Istituto Superiore per
la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL). La ricerca è finanziata anche dal Ministero della
Sanità. Gli studi internazionali pubblicati a partire dal 1979 sono disponibili sul sito internet
del WWF (www. elettrosmog.org). La questione rimane però incerta.

NUOCE GRAVEMENTE ALLA SALUTE

È la frase simbolo dell’ipocrisia industriale, in generale, di questa epoca dominata da un potere
economico bio-assasino che si diverte pure a prenderci per i fondelli. Oltre al danno la beffa.

Nell’attesa di una prova scientifica, che molto probabilmente non arriverà mai, in Gran Bretagna è
stata avanzata la proposta di porre una scritta analoga a quelle che compaiono sui pacchetti di
sigarette, veleno legalizzato “par excellence”. Un modo quanto meno per avvisare i consumatori che
le onde elettromagnetiche irradiate dai piccoli apparecchi possono far male.

A riferirlo, sono stati due quotidiani inglesi, l’“Indipendent” e il “Guardian”, nel novembre del
2000. “Persistono timori che l’uso di telefoni portatili potrebbe avere un effetto nocivo,
presenteremo tra breve un’avvertenza per i consumatori”, ha dichiarato all’“Indipendent” un
portavoce del dicastero.

Hanno risposto prontamente gli Stati Uniti con il SAR (Specific Absorption Rate), cioè il livello di
onde elettromagnetiche emesso dall’apparecchio. L’iniziativa,, limitata al mercato d’oltreoceano, ma
che potrebbe essere estesa anche all’Europa, viene da Nokia, Ericsson e Motorola (ovvero i maggiori
produttori mondiali di telefonini), d’intesa con la Food and Drug Administration. Tanto per calmare
le acque.

CELLULARI ALLA SBARRA BIS

Nel dicembre del 2000, partono una serie di cause nei confronti di un altro gigante della telefonia
cellulare, l’inglese Vodafone, chiesti da un’associazione americana di vittime di tumori al
cervello. A guidare la battaglia legale un celebre avvocato americano, Peter Angelos, lo stesso che
ha contribuito a ottenere un risarcimento record di 4,2 miliardi di dollari dalle industrie di
tabacco del Maryland.

“Se queste industrie conoscevano i rischi connessi alle radiazioni dei telefonini”, spiega John
A.Pica, avvocato dello studio legale di Angelos, “allora devono essere punite e non solo per quello
che hanno provocato nei propri clienti ma anche per i miliardi di profitti che ne hanno nonostante
tutto ricavato”.

La Verizon Wireless, una joint-venture tra Vodafone e America’s Bell Atlantic, sarà citata in quasi
tutti i giudizi intentati. La Verizon è infatti la più potente compagnia di telefonia mobile negli
Stati Uniti, con circa 26 milioni di utenti. In ognuna delle cause Angelos ha intenzione di chiedere
risarcimenti per i familiari delle vittime di cancro.

Si tratta della più grande causa collettiva mai intentata al mondo ai danni di un’industria di
telefonia mobile. Se Vodafone dovesse essere ritenuta colpevole e costretta a pagare miliardi di
danni si potrebbe innescare un meccanismo a catena di richieste di risarcimenti nel Regno Unito. Ma
non sarebbe solo la Vodafone a finire in ginocchio: se l’azienda britannica dovesse essere ritenuta
responsabile di provocare il cancro al cervello dei propri clienti, il principio implicito è che
l’uso del telefonino comporta questo rischio. Di conseguenza, le cause si allargherebbero al mondo a
macchia d’olio.

RADIO-PROTEZIONE

Nel marzo 2001, sempre dall’Inghilterra, da un’istituzione governativa, l’Ente Nazionale per la
Protezione Radiologica (NRPB), parte una denuncia contro l’inquinamento elettromagnetico collegato a
malattie tumorali. Richard Doll, l’epidemiologo che negli anni Sessanta aveva dimostrato il legame
tra il fumo e il tumore ai polmoni, ha esaminato, per conto del NRPB, tutte le ricerche pubblicate
negli ultimi cinque anni sui casi di cancro riscontrati su persone che vivevano vicino ai fili
dell’alta tensione. E ha confermato le conclusioni di uno studio condotto su 3mila bambini degli
Stati Uniti, della Nuova Zelanda e dell’Europa. Secondo lo studio in questione, pubblicato lo scorso
anno, la vicinanza ai piloni elettrici raddoppiava, per i più giovani, il rischio di contrarre la
leucemia. I fili dell’alta tensione, infatti, emetterebbero delle particelle cariche, o degli ioni,
che una volta a contatto con l’ossigeno e l’idrogeno dell’aria, provocherebbero una pericolosa
reazione.

Secondo l’equipe di ricercatori, coordinata da Doll, non ci sarebbe ancora motivo di allarmarsi. Il
rischio sarebbe molto lieve, e soltanto uno su 20mila bambini esposti ad elevate radiazioni sarebbe
a rischio cancro. “Raramente si raggiungono i livelli di elettricità considerati negli studi – ha
spiegato Colin Blakemore, uno dei ricercatori dell’equipe – i nostri bambini non sono in pericolo”.

Vagamente contraddittorio.

Quantomeno, il riconoscimento ufficiale del nesso tra elettrosmog e cancro incoraggia le famiglie
che imputano ai campi magnetici la contrazione di tumori, a portare avanti le loro cause. E le
associazioni locali riaprono la campagna per sotterrare o allontanare i cavi dalle abitazioni.

OLTRE LA BARRIERA BLOOD-BRAIN

Nel gennaio 2002, uno studio durato due anni, condotto da scienziati della Radiation and Nuclear
Safety Authority finlandese su cellule da laboratorio, sostiene che le radiazioni emesse dei
telefonini, perfino quelle a bassa frequenza, provocano gravi alterazioni del sistema neurale, in
particolare della barriera “blood-brain”, una specie di filtro che ha la funzione di impedire a
sostanze nocive presenti nel sangue di penetrare nel cervello.

Il Professor Darius Leszcynski, intervistato dalla BBC News Online, dichiara che gli stessi effetti
sono stati osservati su cavie animali, ma che è ancora troppo presto per dire se siano riscontrabili
anche nell’uomo (ma che aspettano a fare delle prove?).

La messa al bando dei telefonini, per l’ennesima volta, è scongiurata.

Alessio Mannucci
E-mail: hugofolk@ecplanet.com

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