Entanglement: ora tocca al momento angolare dei fotoni

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Entanglement: ora tocca al momento angolare dei fotoni

07 novembre 2012

La misteriosa azione a distanza tra le particelle, prevista dalla meccanica quantistica che faceva
perdere il sonno ad Einstein è una realtà sperimentale da alcuni anni. Ora il gruppo di ricerca di
Anton Zelinger, uno dei pionieri degli studi sperimentali in questo campo, ha messo a punto una
metodica per stabilire un entanglement tra il momento angolare orbitale di due fotoni, migliorando
notevolmente i risultati precedenti nello stesso campo (red)

lescienze.it

L’entanglement, cioè la correlazione a distanza tra due particelle o due stati quantistici
opportunamente preparati, è stato a lungo uno dei paradossi più dibattuti nella comunità dei fisici,
e quando è stato finalmente dimostrato sperimentalmente, i laboratori di tutto il mondo hanno fatto
a gara per ottenere risultati sempre più convincenti. L’ultimo in ordine di tempo è quello riportato
su “Science”, in cui si è riusciti a produrre l’entanglement tra il momento angolare orbitale di due
fotoni.

Autori dell’esperimento dal risultato innovativo sono stati fisici dell’Università di Vienna diretti
da Anton Zeilinger, uno dei pionieri degli studi sperimentali in questo campo. Secondo gli
scienziati austriaci, il risultato aprirebbe la strada alla sperimentazione dell’entanglement anche
per oggetti macroscopici, e in prospettiva potrebbe essere assai utile per applicazioni nella
tecnologia dei sensori e del calcolo quantistico.

L’entanglement è uno dei fenomeni più paradossali della meccanica quantistica. Quest’ultima infatti
prevede che le grandezze fisiche associate a due particelle opportunamente preparate possano
correlarsi in modo da influenzarsi vicendevolmente anche a distanza e senza che tra di esse sia
intercorsa alcuna comunicazione fisica. Un “entanglement classico” spesso utilizzato come esempio è
quello del paio di guanti. Se usciamo al mattino e ci accorgiamo a un certo punto che abbiamo con
noi solo il guanto sinistro sappiamo che quello dimenticato a casa – il “guanto entangled” – è il
destro, o viceversa. Allo stesso modo, se si effettua una misurazione su una particella e otteniamo
un certo valore, possiamo sapere istantaneamente il valore della grandezza entangled, della seconda
particella, anche se questa è stata posta a una distanza arbitraria.

La principale differenza con il caso classico è che la grandezza non ha un valore definito fino alla
misurazione, che fa collassare la funzione d’onda associata non solo della particella vicina ma
anche di quella lontana. Il tutto avviene “istantaneamente” anche a distanze enormi, senza che vi
sia un plausibile mezzo fisico di “comunicazione” tra le due particelle. Proprio questo aspetto
turbava Einstein, che battezzò l’entanglement “fantasmatica azione a distanza”. Per contro, il
guanto destro è sempre rimasto destro e il sinistro è sempre rimasto sinistro: in questo caso non
c’è bisogno che i due guanti si comunichino vicendevolmente la loro “chiralità” quando ci accorgiamo
della dimenticanza.

Per quanto paradossale possa essere per la nostra comprensione, l’entanglement è una realtà
sperimentale da alcuni anni: la maggior parte dei risultati è stata ottenuta correlando gli stati di
polarizzazione dei fotoni. In quest’ultimo caso, ovvero l’esperimento di Zeilinger e colleghi, si è
usato – anche se non per la prima volta – il momento angolare orbitale, una proprietà abbastanza
sfuggente per i quanti di luce. Se si pensa a un’onda elettromagnetica, conferire un momento
angolare orbitale ai fotoni significa far sì che il fronte d’onda, mentre si muove, ruoti intorno
alla direzione di propagazione.

In termini di teoria quantistica, invece, il fotone ha un momento angolare con due componenti,
corrispondenti a due gradi di libertà rotazionali indipendenti: una componente di spin, associata
alla polarizzazione, e una componente orbitale (OAM). Quest’ultima può assumere solo valori
discreti, indicati dai valori interi del numero quantico “l”. Le capacità di manipolazione
dell’entanglement degli sperimentatori si misurano in questo caso con la differenza tra il numeri
quantici angolari dei due fotoni, che finora non poteva superare il valore 20.

La nuova metodica sperimentale introdotta dal gruppo di Zeilinger consente di superare enormemente
questo limite, poiché arrivara a produrre coppie di fotoni con una differenza tra i due numeri
quantici anche molto elevata, fino a 600. E in linea di principio, non esiste un limite superiore.

Proprio questa differenza elevata tra i momenti angolari dei fotoni entangled aprirebbe la strada a
nuove tecniche di rilevazione molto sensibili, applicabili per esempio nell’imaging di sistemi
biologici microscopici. Un’altra possibile applicazione è quella del calcolo quantistico, grazie
possibilità di correlare una grandezza alternativa rispetto allo stato di spin o di polarizzazione.

www.sciencemag.org/content/338/6107/640

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