Epigenetica e PNEI in medicina: intervista al professor Giovanni Abbate Daga
Medicina Non Convenzionale
Che cosa sono la PNEI e l’epigenetica e in che modo stanno cambiando la scienza e la medicina? Lo scopriamo in questa intervista al professor Giovanni Abbate Daga – psichiatra e direttore del Master di I livello in PNEI che si tiene presso l’Università di Torino
Carmen Di Muro – 21/11/2019
Epigenetica e PNEI stanno cambiando i paradigmi in medicina e nelle scienze umane: alla luce di queste discipline possiamo rivedere e arricchire percorsi eziologici, diagnostici e terapeutici. Per capire quali prospettive si stanno aprendo, soprattutto nell’indagare quanto la madre, prima, e i genitori, poi, possano “influire” sulla salute fisica ed emotiva del nascituro abbiamo incontrato Giovanni Abbate Data, psichiatra e ricercatore in ambito PNEI.
Ci può spiegare come, a suo avviso, la PNEI sta cambiando la medicina e, più in generale, le scienze umane?
La PNEI, ovvero la Psicoconeuroendocrinoimmunologia, è una concezione diversa di approcciare il paziente e di concepire il "sistema uomo", che viene visto non più con una prevalenza della mente sul corpo o del corpo sulla mente, ma con l’idea che esso sia un’interazione di sistemi diversificati e in continua e complessa connessione tra loro. Questi sistemi si regolano, si parlano, cooperano, qualche volta si contraddicono.
Tutto questo ha un impatto molto forte sull’aspetto medico, perché possiamo pensare che agendo su un sistema si interagisca anche con gli altri.
Facciamo un esempio: da un punto di vista clinico, una dieta non cura solamente gli esami, non fa solo scendere o aumentare di peso, ma può curare la salute mentale. Sarebbe lungo e complesso darne qui la spiegazione scientifica, basti dire che vi sono alcuni studi secondo i quali una dieta mediterranea impostata in un certo modo è in grado, in un determinato lasso di tempo, di dimezzare il rischio depressione.
E l’epigenetica? È anch’essa una rivoluzione?
Più che una rivoluzione, l’epigenetica è un passo in avanti. Da quando, negli anni Cinquanta, è stato scoperto il DNA, la genetica ci affascina molto. Nei primi anni Duemila abbiamo scoperto e codificato il genoma umano: il vero problema è non tanto sapere cosa siano i geni, ma come interagiscono fra di loro, quando si attivano e quando si disattivano. La genetica fornisce una serie di strumenti di base, diversificati fra gli esseri viventi e gli esseri umani, ma poi la vera differenza la fa l’utilizzo di questi strumenti.
In questo contesto l’epigenetica è come l’esperienza della vita, i quando ci aiuta e ci insegna a utilizzare il DNA; questo vale sia per attivazioni e disattivazioni rapide, ma anche – e questo è più importante per la medicina – per il fatto che l’epigenetica può avere dei fattori costanti e che si mantengono nel tempo. Questo avviene per tutti gli eventi che intervengono nella nostra vita, soprattutto in gravidanza, nel periodo prenatale o nei primi anni di vita, dove la regolazione dei sistemi impara i suoi pattern. Cosa significa tutto questo? Oggi sappiamo che alcuni eventi, modificando in parte il DNA (si parla di acetilazione, si parla di metilazione di alcuni geni), rendono alcuni geni più attivi o meno attivi in certi momenti o per tutta la vita, cosa che può modificare il nostro approccio, ad esempio, allo stress.
Faccio un esempio caro al mio mestiere, in quanto faccio lo psichiatra. Da più di cent’anni la psicologia, la psicanalisi e la psichiatria conoscono il fatto che gli eventi precoci incidono notevolmente sulla nostra vita futura. Gli eventi precoci, nel mondo attuale, sono soprattutto eventi di interazione umana: l’importanza del rapporto con la madre, con il padre, con la famiglia, ma anche gli eventi traumatici o meno. Un evento traumatico – l’esempio classico è quello dell’abuso che un bambino può subire – può permanentemente metilare l’espressione di alcuni geni che hanno a che fare con i recettori del cortisolo a livello ippocampale. In sintesi possiamo affermare che un bambino abusato sarà un adulto più sensibile agli stimoli stressanti, con meno risorse su questo fronte.
Per far capire meglio la differenza tra genetica ed epigenetica sono state coniate alcune metafore particolarmente esemplificative. Una metafora interessante è quella dello spartito musicale e dell’esecuzione dello spartito. Nella tradizione musicale, dall’antichità ai giorni nostri, ci sono casi in cui abbiamo solo qualche traccia di spartito, come ad esempio per le tragedie greche e il coro, e non sappiamo nulla di come quello spartito venisse eseguito. Abbiamo perduto per sempre quella musica in quanto non sappiamo, effettivamente, come gli antichi greci cantassero e suonassero. Laddove, invece, abbiamo una cultura che si è mantenuta – pensiamo al Settecento, a Bach, a Beethoven – non c’è solo lo spartito che ci dice com’è quella musica, ma c’è anche l’esecuzione. L’esecuzione è qualcosa che si impara. L’orchestra si esercita a lungo per poter eseguire una sinfonia e tale esercizio è la segnatura epigenetica dei pezzi e dell’interazione dei sistemi. Pertanto, la genetica sta allo spartito, così come l’epigenetica sta poi all’esecuzione, che l’orchestra impara. Cito anche Francesco Bottaccioli, che invece utilizza la metafora del libro: la genetica è il libro e l’epigenetica sono gli appunti a margine che si annotano per tutta la durata della vita.
Continua la lettura su:
Scienza e Conoscenza n.70 – Ottobre/Dicembre 2019 — Rivista >> http://bit.ly/2BASRPZ
Nuove scienze, Medicina Integrata – AA. VV.
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__scienza-e-conoscenza-n-70-ottobre-dicembre-2019.php?pn=1567
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