La domanda personale e le pressioni sociali e personali possono portarci a logorarci ogni giorno con
questioni che non valgono la pena. L’arte di un buon guerriero è sapere quando combattere e quando
accettare, riflettere o riposarsi e ricaricarsi.
Ogni giorno siamo soggetti a molte pressioni personali e professionali. Sentiamo sulle spalle il
peso di dover svolgere il lavoro, essere disponibili con gli amici, svolgere il ruolo di madre,
essere bravi amanti, svolgere le faccende domestiche, mantenerci in salute e mangiare in modo sane;
il tutto sempre con il sorriso sulle labbra. Un simile scenario si traduce nella sensazione di dover
essere un guerriero che non lascia mai il fronte di battaglia.
Non ci occupiamo solo di tutti i dovrei della nostra vita personale, ma vi aggiungiamo anche le
esigenze sociali. Vogliamo rispettare i nostri valori sociali e ciò può significare sforzarsi di
utilizzare un linguaggio inclusivo, acquistare prodotti locali, utilizzare i trasporti pubblici,
riutilizzare gli imballaggi, acquistare vestiti prodotti nel proprio paese, evitare la plastica, non
contribuire al riscaldamento globale, ridurre il consumo di carne e un lungo eccetera allelenco.
Cercare di soddisfare tutte queste richieste personali e sociali può causare esaurimento fisico ed
emotivo. Va bene combattere, di fatto è necessario per sé, la società e il pianeta, ma non va bene
stare male al fine di riuscirci.
È possibile che leroina sia in grado di combattere da sola tutti i cattivi e uscire illesa dai
combattimenti. Ma il guerriero, almeno quello saggio ed efficiente, sceglierà bene quali battaglie
vale la pena combattere e da quali è meglio ritirarsi.
Cercare di raggiungere tutto è il risultato di unestrema auto-richiesta e si traduce in esaurimento
fisico e mentale.
Guerriero caduto in battaglia a causa degli sforzi eccessivi
Tutti noi vogliamo e abbiamo bisogno di sentirci utili nella nostra vita quotidiana. Sentirsi
soddisfatti quando si fa un buon lavoro, bravi madri quando educhiamo i nostri figli.
Cerchiamo di creare un mondo più pulito e relazioni più empatiche, tolleranti ed eque. Vogliamo dare
il nostro contributo. Eppure, a causa di un numero così elevato di battaglie, la nostra salute
mentale è sottoposta a uno sforzo eccessivo. Ciò di solito provoca frustrazione, rabbia e impotenza.
La necessità di convalidare noi stessi in tutte le lotte è determinata anche dalla pressione
sociale. Che sia direttamente o indirettamente, tutto sembra dirci che dobbiamo combattere con tutte
le nostre forze, sempre, contro qualsiasi nemico, mostrare la nostra versione migliore o leroe che
portiamo dentro.
Anche se quelle battaglie non ci interessano, anche se non ci siamo nemmeno allenati per esse. Se
non combattiamo sempre e comunque, siamo cattivi. E nessuno vuole essere il cattivo, vero?
Se state combattendo così tante battaglie insieme da non avere energie per altro, riponete la spada
e chiedetevi: tocca a me cambiare il mondo? Solo io posso salvare tutti gli animali del pianeta?
Solo con le mie pretese sarò in grado di cambiare lazienda per cui lavoro? Fino a che punto vale la
pena di combattere così duramente se ciò mi lascerà impotente nel mezzo della lotta?
Forse è giunto il momento di abbassare i livelli autoesigenza e capire che tutti noi abbiamo bisogno
del necessario tempo di riposo.
Non poter fare tutto
Nelle gare a lunga distanza, come i nostri progetti personali, la frustrazione è una sensazione
ricorrente che può affondarci o accompagnarci.
Quando la tolleranza è bassa, ci paralizza, porta ad abbandonare lo scopo, che rimane in fondo a un
cassetto. Senza azioni che reputiamo di valore, avremo la sensazione di non avanzare nei nostri
obiettivi.
Quando ci sentiamo bloccati e appare la frustrazione, tendiamo a volercene liberare a ogni costo.
Anche a costo del nostro benessere. Forse è per questo che preferiamo sfinirci piuttosto che
fermarci e riposare.
Tuttavia, la frustrazione non sempre è negativa, possiamo usarla come strumento a nostro favore.
Accettiamola e rendiamola unaltra guerriera nel nostro esercito.
Per trarne vantaggio, dobbiamo capire che non tutte le nostre azioni avranno risultati immediati, né
potremo sempre ignorare il nostro mondo interiore. Non saremo sempre felici quando inizieremo a dare
la priorità al nostro benessere ponendo limiti sani alle relazioni e ai progetti.
Riuscire a convivere con il disagio che può derivare dal trattare noi stessi come tratteremmo gli
altri fa parte del processo di cura di sé.
Non sempre si riesce a fare tutto, tenerne conto fa parte della nostra cura di sé.
Scegliere la propria battaglia, concentrarsi su di essa e riposarsi
Le priorità possono cambiare nella vita. A volte vorremo concentrarci sul lavoro, altre sulla
famiglia, sugli amici e altre ancora su noi stessi. Forse cambierà anche il contributo che dovremo
dare in ogni battaglia, per cui alcune ci richiederanno il minimo intervento e altre di scalare una
montagna.
Se abbiamo iniziato una battaglia utile, concentriamoci su questa. Pensiamo strategicamente a come
combattere senza sfinirci più del necessario. Cerchiamo alleati e definiamo piani comuni. Adottiamo
un discorso critico, non solo contro il nemico, ma a volte anche contro noi stesso. Abbiniamo le
nostre azioni ai nostri valori.
La vittoria non è garantita, anzi vi saranno momenti in cui vorremo gettare la spugna, in cui avremo
la sensazione che essere un guerriero non serva a nulla. Essere determinati permetterà di adottare
una posizione più sicura ed equilibrata.
Bibliografia
Ellis, A. (2006). Usted puede ser feliz. Terapia racional emotiva conductual para superar la
ansiedad y la depresión. Paidós.
Neff, K. (2016). Sé amable contigo mismo: El arte de la compasión hacia uno mismo. Paidós.
www.wikihow.it/Fissare-delle-Priorit%C3%A0
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