Etichette: cosa sono i “novel foods”?
La comunità europea dispone che iI nanomateriali ingegnerizzati vengano citati nelle etichette degli alimenti, ove presenti: ma cosa sono i nano cibi?
Domenico Battaglia – 02/01/2014
In materia di etichettatura degli alimenti, recentemente il disciplinare della comunità europea per
la prima volta ha introdotto la dizione di nanomateriali ingegnerizzati fra gli ingredienti degli
alimenti, definiti come materiali prodotti intenzionalmente e caratterizzati da dimensioni
dellordine dei cento nanometri, o addirittura inferiori, composti di parti funzionali distinte
interne o in superficie, comprese strutture, agglomerati o aggregati che presentano proprietà
caratteristiche della scala nanometrica. Questi ingredienti vengono annoverati anche con la più
accattivate dicitura di novel foods. Tecnicamente questi nuovi cibi verranno segnalati nelle etichette con la dicitura nano che sarà scritta tra parentesi.
Questo ci induce a dover assolutamente fare delle riflessioni in proposito: da quanto tempo questi
nuovi cibi ingegnerizzati sono presenti nella nostra alimentazione a tal punto che la loro massima
diffusione oggi prevede una loro menzione ed una loro regolarizzazione allinterno delle etichette dei cibi?
Sono molto incuriosito, come consumatore e anche come tutore della salute, dal fatto che questi cibi
contengono parti funzionali distinte interne o in superficie: cosa vorrà significare?
Così descritta ai più potrebbe sembrare che ingurgitiamo micro-robottini con una precisa funzione
da svolgere nel nostro corpo: ma a vantaggio di chi? Di sicuro non del nostro fisiologico benessere
in quanto esseri umani. E inoltre: in quale quantità queste nanotecnologie sono presenti nei cibi
con cui ci alimentiamo? E con che finalità? Come al solito ci verranno segnalate le strabilianti
proprietà salutari ed i possibili impatti positivi di questi cibi, magari in un futuro abbastanza
prossimo potremmo scaricare una App per il nostro smartphone che ci dice, grazie alla presenza dei
nano-robottini, se abbiamo compiuto un gesto banale come laver deglutito. A parte il fatto che
ognuno di noi sa benissimo se ha deglutito o meno, chi è interessato a conoscere quando abbiamo
mandato giù un boccone? E a quali altre informazioni che provengono dal nostro corpo può essere
interessato? Ed inoltre, se le informazioni in uscita sono interessanti per qualcuno, ci sarà
qualcun altro che troverà ancora più interessante inserire nel nostro organismo informazioni, di
certo non richieste? Vi sembra che questa sia fantasia fantascientifica? Direi di no, visto che
quanto descritto accade oggi, nel nostro mondo occidentale, regolarmente e a norma di legge.
Oltre agli esempi negativi ci sono però da sottolineare esempi positivi o comunque tentativi
coraggiosi di etichettatura chiara dei prodotti. Uno di questi è rappresentato in Italia, da alcuni
alimenti presenti sugli scaffali di rivendite a prevalente indirizzo macrobiotico. Da questa
proposta di etichettatura emergono tutti i dati (il luogo, il clima, il metodo di coltivazione e
tutta la cronologia fino alla vendita) che consentono di individuare le caratteristiche e le qualità
del prodotto con la descrizione sintetica di tutti i passaggi, dalla produzione al consumo, che
risulta ben tracciabile. La completa tracciabilità della filiera è assicurata inoltre, dalluso di
bollini colorati che riportano un codice alfanumerico, consentendo al consumatore di eseguire verifiche sul prodotto che sta per acquistare.
Si rimanda al lettore lapprofondimento del vasto argomento con letture specifiche, anche reperibili on line gratuitamente.
Cosa possiamo consigliare dunque al consumatore per sopravvivere in questa giungla malsana?
Innanzitutto di rivolgersi sempre meno ad acquisti di alimenti industrializzati e se proprio non se ne può fare a meno, leggere attentamente le etichette prima della scelta.
Valorizzare i cibi biologici e prodotti con metodiche realmente biologiche perché sempre più spesso
si sentono storie circa aziende che si fregiano di essere biologiche e che poi, guardando bene, non
applicano o applicano solo in parte i disciplinari agro-alimentari imposti dalla legge.
Ricercare cibi prodotti nelle zone vicino al territorio di appartenenza (il famoso Chilometro
zero), ma sempre senza abbassare la guardia riguardo allattenzione circa la filiera dei cibi e le
procedure di produzione e di trasformazione cui vengono sottoposti, infatti chilometro zero non è sinonimo sempre di cose buone e nutrienti.
Auspico che il cittadino-consumatore diventi sempre più parte attiva nel processo di controllo della
qualità dei cibi, per esempio, nel dubbio è preferibile non acquistare prodotti di incerta
provenienza e di cui si conosce poco il processo di produzione e/o trasformazione.
Se si leggono etichette poco fruibili o poco chiare o che in ducono confusione, si può semplicemente
fotografarle (anche con il cellulare) e inviarle a comitati dei consumatori per valutarne lesattezza e la legalità.
Inoltre, oggi più che mai, sentiamo parlare di mercato e ricordo che in questo termine siamo
inclusi anche noi singoli cittadini. Se singolarmente, ma con unione di intenti, compiamo delle
scelte ben precise nel senso della qualità dei cibi con i quali ci alimentiamo e con i quali
vogliamo nutrire veramente i nostri figli, potremmo in poco tempo cambiare molte cose!
Tratto da Medicina Consapevole di Domenico Battaglia
Domenico Battaglia
Medicina Consapevole – Libro >> http://goo.gl/n29su8
Con un poco di zucchero la pillola andrà giù?
Draco Edizioni
Data pubblicazione: Giugno 2013
Formato: Libro – Pag 165 – 13,5×20,5
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__medicina-consapevole-libro.php?pn=1567
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