EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA – 9

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EVOLUZIONE DELLA COSCIENZA – 9

da “Enciclopedia olistica”

di Nitamo Federico Montecucco ed Enrico Cheli

EVOLUZIONE NEUROFISIOLOGICA DEL CERVELLO E DELLA COSCIENZA

Nello studio del cervello provo un senso di meraviglia e di rispetto nei confronti di Dio.
Vedo nel cervello tutta la bellezza e l’ordine dell’universo.
Candace Pert

Evoluzione psicosomatica del cervello e della coscienza umana

Archeologia psichica: breve storia dell’evoluzione del cervello

In questo capitolo, sulla base di quanto già esposto nei capitoli precedenti riguardo ai differenti
livelli o densità evolutive di Cyber, tratteremo l’essere umano partendo dal suo sistema nervoso e
dal cervello in particolare. Tracceremo una breve storia psicosomatica della sua evoluzione ed
esporremo alcune tra le informazioni più significative della neurofisiologia degli ultimi vent’anni.

Capire il cervello è capire l’essere umano. Il cervello è stato definito dal premio Nobel Edelman il
chilo e mezzo di materia più complesso dell’universo conosciuto; nella sua complessità sono
custoditi i segreti della sua origine, i misteri della natura della psiche e le sue potenzialità di
ulteriore evoluzione.

Nella visione olistica, il cervello è l’organo attraverso cui l’intero essere vivente pensa ed è
cosciente di se stesso, ossia elabora informazioni, le comprende e le utilizza in senso unitario. La
logica del cervello è la logica dell’intero essere. Il risveglio della coscienza in un essere
vivente è tanto più completo, quanto più ampia è la scelta concessagli; è evidente che lo sviluppo
della coscienza sembrerà dipendente da quello dei suoi centri nervosi, scrive il Nobel Henri
Bergson. La coscienza tuttavia non deriva dal cervello, ma l’uno e l’altra si corrispondono, perché
egualmente misurano, l’uno con la complessità della sua struttura, l’altra con l’intensità del suo
risveglio, la quantità di scelta di cui un dato vivente dispone. Nell’uomo la coscienza spezza la
catena, solo nell’uomo essa si libera.

Mente e cervello si sono sviluppati come un unico sistema integrato all’interno dell’unità vivente e
cosciente (Cyber). In ogni evoluzione del sistema nervoso verso una maggiore complessità ritroviamo
un parallelo sviluppo nella dimensione della coscienza, per questo ogni mutazione, ogni salto
evolutivo è globale, ossia psicosomatico. Nella struttura del sistema nervoso e del cervello si
possono quindi ritrovare tutte le grandi tappe dell’evoluzione mentale degli esseri viventi, le loro
caratteristiche neuropsichiche e le strategie da essi usate per vivere ed evolvere. Alcune di queste
esperienze ci vengono tramandate in forma completa attraverso il materiale genetico ereditato, altre
solo come potenzialità.

L’indagine del cervello – come organo informatico dell’unità Cyber – rappresenta quindi una sorta di
archeologia psichica: strato dopo strato le strutture nervose ci riportano indietro nel tempo, alla
loro origine funzionale. La funzione primaria delle nostre cellule e dei nostri neuroni, le unità di
base del sistema nervoso specializzate nel trasporto e nell’elaborazione delle informazioni, era già
presente nei più primitivi Cyber di seconda densità (unicellulari) come il paramecio, in cui vi sono
strutture nervose estese su tutto il corpo, analoghe, anche se in modo estremamente semplificato, ai
neuroni che si estendono nel corpo umano (fig.**). Lo schema organizzativo essenziale dell’intero
sistema nervoso umano, composto di nervi, colonna vertebrale e cervello, era già presente nel
sistema nervoso delle planarie che sono tra i più primitivi Cyber di terza densità (multicellulari).
È evidente, dalla fig.**, come lo schema di trasmissione, elaborazione ed utilizzo delle
informazioni dell’intero organismo, che costituisce l’aspetto materiale della psiche, era già
perfettamente attivo ed operante nelle primissime fasi della vita sul pianeta. Il Cyber, sia esso di
seconda densità (unicellulare) o di terza densità (multicellulare), opera con le medesime logiche di
fondo, utilizzando la sua parte individuale di coscienza universale e di energia intelligente.

La differenza nei livelli evolutivi, come ha evidenziato il premio Nobel Manfred Eigen, non è nel
numero o nella forma dei componenti chimici, che infatti sono assolutamente simili, ma nella
quantità e qualità delle informazioni gestite. Ed è proprio la qualità negaentropica e di
conservazione dell’informazione, ossia la sua intrinseca tendenza all’ordine (sintropia) e alla
memoria della conoscenza, che porta a quel progressivo aumento della sua complessità globale che noi
chiamiamo evoluzione. Le molecole della vita apparse tre miliardi e mezzo di anni fa sul nostro
pianeta sono le stesse di oggi. Gli stessi 20 aminoacidi, in differenti combinazioni, hanno
costruito i corpi di tutti gli esseri viventi, della prima cellula come di Gesù Cristo: quello che
cambia è la complessità del contenuto e i livelli di informazione.

Fantastici insetti – Il sistema nervoso degli insetti

Continuando la nostra esplorazione di archeologia neuropsichica osserviamo il sistema nervoso degli
insetti, Cyber di terza densità di media evoluzione. Api e formiche hanno già organi sensoriali
complessi quali la vista, il tatto, il gusto e l’udito, possono ricordare varie forme e colori e
riconoscere forme geometriche. Gli insetti posseggono la triplice divisione del corpo in testa,
torace e addome, che ritroviamo anche nell’essere umano, con specifici gangli nervosi relativi a
queste aree somatiche (fig.*).

Nonostante il ridottissimo numero di neuroni di cui è composto il loro sistema nervoso, le api e le
formiche possono svolgere tutte le stesse funzioni fisiologiche primarie dell’uomo (digestione,
riproduzione, respirazione, scelta e ricerca dei cibi, coordinazione dei movimenti corporei ecc.) e
molte delle funzioni cosiddette superiori, che implicano una notevole intelligenza ed elaborazione
mentale delle informazioni, come comunicare dati ed esperienze, orientarsi nello spazio calcolando
l’angolo del sole rispetto al nido, cooperare alla costruzione e alla gestione di strutture
architettoniche e sociali estremamente complesse. Le api e le formiche appaiono sulla Terra circa 80
milioni di anni fa e, nell’albero evolutivo della vita, rappresentano la fioritura di un ramo ben
più antico di quello dei primati. La coscienza.intelligenza di questi esseri viventi estremamente
semplici è riuscita in qualche modo ad anticipare la civiltà umana comparsa solo 80 mila anni fa,
per ingegno, cooperazione, armonia sociale, bellezza delle costruzioni ed organizzazione del lavoro.

Il cervello degli animali e la sua triplice evoluzione

Ma la vita su questo pianeta non si fermò alle formiche e continuò ad evolversi secondo una sua
divina logica naturale per noi ancora assai misteriosa.

Apparvero così i vertebrati, Cyber evoluti di terza densità, che, dopo gli insetti, rappresentano la
classe di animali di maggior successo adattativo ed evolutivo. Questa grandissima famiglia di
animali comprende i pesci, gli anfibi, i rettili, gli uccelli e i mammiferi. In questa classe di
esseri viventi il sistema nervoso si evolve in modo eccezionale sia come velocità che come
potenzialità di elaborazione delle informazioni. I vertebrati, che formano il gruppo di animali più
evoluti sul pianeta, sono i primi a sviluppare un cervello di grande complessità e capacità da cui
originerà il cervello umano.

L’evoluzione dei vertebrati – dai pesci, ai rettili, ai mammiferi – vede un sincronico sviluppo
delle dimensioni e della complessità del cervello e della coscienza. Nei pesci e nei rettili abbiamo
un cervello capace di regolare le complesse funzioni fisiologiche e comportamentali, dalla
digestione alla difesa del territorio, in modo estremamente efficiente. Con i mammiferi si sviluppa
una parte superiore del cervello rettile: il sistema limbico. Questo sistema molto più evoluto è
capace di una regolazione più raffinata dei parametri fisiologici, come la temperatura corporea, e
permette ai mammiferi di comunicare tra loro a livello individuale e di gruppo, ma soprattutto di
espandere la loro dimensione psichica dai livelli istintivi dei rettili ai livelli affettivi ed
emozionali. La dimensione psichica dei mammiferi così arricchita permette loro i comportamenti
materni, il senso del gioco e della simulazione, le relazioni familiari e sociali, quasi
completamente assenti nei rettili.

Vuoto ed evoluzione della coscienza

Nel cervello dei mammiferi si espandono le “aree associative” o “aree mute”: zone informaticamente
vuote che permettono all’individuo di memorizzare le informazioni apprese dai genitori e
dall’ambiente per elaborare una risposta adattativa più veloce e specifica. Poi nei mammiferi più
evoluti, come i primati e i delfini, queste aree mute si sviluppano in modo considerevole
parallelamente alla corteccia cerebrale. In questa zona cerebrale superiore sono situati i centri
più veloci di elaborazione dei dati sensoriali. Nella fig** vediamo, in bianco, le aree associative
che aumentano progressivamente di ampiezza con l’evoluzione dei mammiferi. In alto il cervello di un
roditore, poi quello di una scimmia primitiva, di un scimpanzè, e in basso il cervello umano.

E’ il vuoto potenziale che marca la differenza tra la limitata libertà di un rettile, i cui
comportamenti sono quasi totalmente determinati dal codice genetico, ed il “libero pensiero” umano.

Gli esseri tricerebrati di Gurdjieff e il cervello triuno di MacLean

George Gurdjieff, un maestro spirituale originario del Caucaso, vissuto nella prima metà del secolo,
in un suo libro, Racconti di Belzebù al suo piccolo nipote, descriveva gli uomini con il termine
“esseri tricerebrati”. Ognuno di questi tre cervelli governa, secondo Gurdjieff, una parte
dell’essere umano secondo una precisa gerarchia. George Gurdjieff usava paragonare l’uomo ad una
casa di tre piani che rappresentano l’addome, il torace e la testa. Il cervello inferiore, che si
ciba di materia solida, liquida e gassosa, governa il corpo e la sua fisiologia ed è connesso con
l’area dell’addome. Il cervello medio si ciba di sensazioni ed emozioni ed è connesso con il torace,
mentre il cervello superiore si alimenta direttamente di impressioni e informazioni, è connesso con
la testa e governa la mente. Le recenti tesi neuropsicologiche sulla triplice ripartizione del
cervello in rettile, mammifero e umano, si adattano perfettamente a questa visione.

Paul MacLean, neuroscienziato statunitense direttore del Laboratory of Brain Evolution and Behaviour
di Bethesda, negli anni Sessanta ha scoperto che il cervello umano è in realtà costituito dalla
sovrapposizione di tre distinti cervelli, confermando così le intuizioni di Gurdjieff. Questi tre
cervelli, come abbiamo anticipato, sono l’eredità che l’uomo ha ricevuto dai rettili, dai mammiferi
e dai primati. Come possiamo vedere dallo schema dello stesso MacLean (fig.*), i tre cervelli si
sviluppano uno “sopra e dentro” l’altro e sono strettamente interconnessi. Il “cervello triuno” è
costituito dalla sovrapposizione dell’antico cervello rettile, del cervello limbico tipico dei
mammiferi e del più recente neopallio, ossia della corteccia cerebrale umana. Dopo alcune decine di
anni di ricerche, egli ha concluso che esiste una connessione di tre bio-computers, ognuno con il
proprio speciale tipo di intelligenza, senso del tempo, memoria, attività motoria e altre funzioni.

I tre cervelli sono radicalmente differenti nella struttura e nella biochimica e in un senso
evolutivo separati da innumerevoli generazioni. Ogni uomo quindi guarda a se stesso e al mondo
attraverso tre mentalità assai differenti tra loro. A complicare ulteriormente le cose, continua
MacLean, due delle tre mentalità difettano della capacità di parlare. Il silenzio dei due cervelli
più antichi non deve essere interpretato come una mancanza di intelligenza o di coscienza, infatti
essi possono essere completamente attivi ma si esprimono attraverso le emozioni e il linguaggio del
corpo. MacLean ritiene che, se l’uomo vuole sopravvivere in armonia con queste differenti identità,
diventano necessarie nuove ricerche, differenti approcci e una comprensione più percettiva
dell’intelligenza umana.

Il cervello o istinto rettile si manifesta in strutture di comportamento basate sull’imitazione ed è
scarsamente incline ad adeguarsi alle situazioni. MacLean pensa che l’istintivo cervello rettile,
operando su memorie di comportamenti già appresi o imitati, potrebbe essere responsabile di vari
comportamenti finora considerati opera del cervello emozionale.limbico. Le emozioni devono essere
distinte dagli istinti.

Le tre menti – I processi mentali dei tre cervelli

Egli chiama il processo del cervello rettile protomentale, ossia che segue dei prototipi o schemi
precostituiti; del cervello limbico emotomentale, che segue le emozioni; della neocorteccia
raziomentale, ossia che segue la ragione. Secondo MacLean, il cervello rettile provvede alle
funzioni e attività vitali di base, il cervello limbico influenza l’attività di queste azioni
tramite le emozioni e l’affettività, e il cervello corticale ha la capacità di modificare e adattare
queste azioni ed emozioni in un numero enorme di variabili.

L’interpretazione neurologica di questi tre cervelli non è ancora completa. Il cervello
limbico.mammifero ha moltissime connessioni con il cervello rettile ma anche connessioni
relativamente indirette con la neocorteccia. Nonostante queste connessioni i tre cervelli a volte
sembrano isolati tra loro e non comunicanti, per esempio, nell’epilessia di tipo psicomotorio che
origina nel sistema limbico, l’iperattività neuronale non esce dai suoi confini: un fenomeno che
MacLean chiama di schizo-fisiologia.

A differenza della maggior parte dei neuroscienziati, MacLean è profondamente interessato
all’aspetto sociale e storico delle ricerche sul cervello. Secondo lui, gran parte dei problemi e
delle malattie della nostra società sono causate dal tentativo di forzare i due cervelli più antichi
alle attività mentali e organizzatrici della neocorteccia che fa tutto “in fretta e furia”. MacLean
rispetta le enigmatiche funzioni e attività dei due cervelli più antichi: Qui gli input (dati)
conosciuti sono così oscurati dagli indefinibili input che originano dal passato ancestrale della
persona e dalla sua storia personale, che non c’è modo di accertare quale sarà il risultato che ne
uscirà.

Questi processi sono ancora poco conosciuti, e non sembrano ubbidire a leggi che diano risposte
predicibili. Molti dei disordini fino ad ora imputati all’anormale attività emotiva, come le
psiconeurosi, alcune psicosi, i disturbi psicosomatici, l’alcoolismo, la tossicodipendenza ecc.,
potrebbero invece originare da disturbi dell’attività protomentale ossia dai più automatici processi
del cervello rettile. I comportamenti appresi e automatizzati, al pari degli istinti, possono essere
mediati dal cervello rettile. Questa teoria, se dimostrata da ulteriori esperimenti, potrebbe essere
di fondamentale importanza per le sue implicazioni sugli esseri umani.

Alcuni esperimenti su animali hanno mostrato che la struttura cerebrale rettile reagisce ai
“fantasmi” e alle “ombre”, ossia a parziali rappresentazioni di stimoli conosciuti. Comportamenti
elaborati e ritualistici possono essere provocati anche da uno stimolo incompleto: questa regione
del cervello sembra essere schiava di precedenti esperienze di natura nevrotica, come se fosse
dominata da un super-ego ancestrale. MacLean ritiene che è il cervello rettile (e non la corteccia),
ad influenzare i comportamenti relativi all’establishment ossia alle consuetudini “territoriali”,
intellettuali, di obbidienza alle tradizioni, di fede nelle dottrine e di intolleranza verso nuove
idee.

I tre centri di identità – L’attività delle tre menti

L’intera massa delle ricerche neurofisiologiche di MacLean e le sue teorie supportano le recenti
osservazioni psicologiche che la mente umana, ritenuta strettamente unitaria, è invece costituita da
una costellazione di personalità all’interno dello stesso individuo, come ha evidenziato anche
Ernest Hillgard nel suo libro L’osservatore interiore. Questa teoria delle tre menti si impone anche
come ulteriore spiegazione di come i due emisferi cerebrali mediano i bisogni e le funzioni dei due
cervelli più antichi. Benchè la parte inferiore del sistema limbico sia correlata con attività
egocentriche, ossia centrate sui propri bisogni, MacLean evidenzia che tuttavia le sue parti
superiori sono implicate nell’espressione e nelle sensazioni. Questa parte negli esseri umani,
sembra anche essere l’area che supporta emozionalmente le convinzioni di ciò che è vero, eterno e
importante. MacLean suggerisce anche che la capacità umana per la simpatia, ossia per
l’identificazione empatica con persone o con situazioni, sembra originare dal grande sviluppo del
giro cingolato del sistema limbico, con le sue forti connessioni con la corteccia prefrontale. Il
Prof. Alberto Oliverio, neuropsicologo italiano autore di preziosi volumi sull’argomento, ha
espresso la sua convinzione che le categorie psicologiche freudiane del “super-io” possano essere
riferite alla neo-corteccia, le aree dell’inconscio alle zone sottocorticali (sistema limbico) e
l’”es”, la parte istintiva e pulsionale, alle aree più antiche del cervello rettile.

La nostra società deve riconoscere urgentemente che le strutture più antiche del nostro cervello
sono molto spesso in conflitto con le richieste della neocorteccia, ossia che i nostri istinti e le
nostre esigenze fisiche ed emotive più profonde sono in conflitto con le richieste culturali e
sociali della nostra civiltà attuale. Quando questo fatto sarà riconosciuto, potremo realizzare una
qualità di vita estremamente più soddisfacente. È possibile che questo sia lo stesso messaggio che i
giovani stanno cercando di esprimere. Il rapporto scientifico di MacLean è stato ristampato dal
Dipartimento della Salute degli Stati Uniti per l’Educazione e il Benessere.

continua…

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