Fischi per fiaschi: perche’ si sbaglia nell’ascoltare una parola

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Fischi per fiaschi: perche’ si sbaglia nell’ascoltare una parola

13 giugno 2018

Ambienti rumorosi e calo dell’udito causano facilmente errori di percezione del parlato. A questi
fraintendimenti contribuiscono sia le nostre aspettative su ciò che potremmo sentire sia una ridotta
attività del circuito cerebrale che dovrebbe controllare rapidamente la correttezza di ciò che
ascoltiamo (red)

da lescienze.it/news

Capire in modo sbagliato una parola che si ascolta – il classico “fischi per fiaschi” – è un
fenomeno legato alle nostre aspettative su ciò che verrà detto, e, dal punto di vista neurologico, a
una ridotta attività di un circuito cerebrale situato nel solco temporale superiore dell’emisfero
sinistro che ha un ruolo critico nell’elaborazione dei suoni del discorso. Il circuito poco attivo è
specificamente dedicato a cercare la differenze sonore fra ciò che ci aspettiamo e lo stimolo
uditivo in arrivo. La scoperta, fatta da un gruppo di ricercatori dell’Università di Cambridge, in
Gran Bretagna, è illustrata sul “Journal of Neuroscience”.

Il fraintendimento delle parole ascoltate è un’esperienza quotidiana che a volte può avere risultati
comici e a volte spiacevoli malintesi, ma per chi ha problemi di udito, incorrere di frequente in
percezioni errate può portare al progressivo evitamento dalle occasioni sociali, all’isolamento e
anche alla depressione.

Pur non essendo l’unico fattore coinvolto, la scoperta di questo correlato neurologico alle
difficoltà uditive potrà in prospettiva suggerire strategie per migliorare la situazione di queste
persone, ma anche a migliorare la comprensione delle allucinazioni uditive in vari disturbi
psichiatrici, come la schizofrenia.

Diversi studi hanno mostrato che la capacità di seguire un discorso anche quando l’interlocutore
parla molto velocemente o, ancora peggio, l’ambiente circostante è rumoroso, si fonda sulla nostra
capacità di anticipare ciò che viene detto sulla base di piccoli indizi sonori. Le aspettative
iniziali però possono a volte indurre in errore chi ascolta, convincendolo di avere sentito
qualcosa che in realtà non è stato detto.

Finora si ipotizzava che il problema nascesse dal fatto che la rappresentazione sensoriale delle
aspettative (ossia dei suoni che ci si aspetta di udire) e l’input sensoriale reale condividono dei
suoni: in pratica, sentendo “fi”, il cervello conclude che si tratta della parola “fischi”, anche se
quella pronunciata è “fiaschi”.

In realtà, attraverso una serie di esperimenti di brain imaging, i ricercatori hanno scoperto che la
procedura è in qualche modo inversa. Il circuito nel solco temporale superiore cerca possibili
differenze fra la parola attesa e ciò che percepisce, e se non ne trova abbastanza – per esempio
perché un rumore di fondo ha coperto la “a” di “fiaschi” e magari anche qualche altra lettera –
conclude che la parola attesa è quella giusta.

www.jneurosci.org/content/early/2018/06/11/JNEUROSCI.3258-17.2018

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