di G. Bertagni
“Una pagina di Franco Battiato sulla meditazione”
All’inizio abbiamo letto un brano tratto dal libro-intervista a Franco
Battiato, Tecnica mista su tappeto:
“Lo studio sul cosiddetto Sé è lungo e vario, perché ogni scuola ha
una sua regola. Diciamo che è un po’ come imparare a suonare il
pianoforte: solo che la scuola preparatoria di pianoforte e gli
esercizi adatti sono più noti di quelli necessari per lo studio del
proprio corpo. […]
La meditazione è uno studio simile a quello di uno strumento. Bisogna
arrivare a una conoscenza pragmatica e progressiva delle parti del
proprio corpo. Si realizzano esercizi di attenzione sugli arti, si
approfondisce il proprio Sé, si esercita un’attenzione costante su
ogni particolare della vita quotidiana, anche su quelli apparentemente
meno importanti. Diventa importante essere coscienti dell’apertura di
una porta o del fatto di tenere in mano la cornetta del telefono,
avere una doppia coscienza quando si parla, essere coscienti di
essere, di quello che si dice, dei gesti che accompagnano le azioni.
Tutto questo è puro addestramento, un piccolo gioco rispetto alla
coscienza di sé: sono piccoli esercizi che portano a giocare con il
corpo, come succede con uno strumento. Questa preparazione serve alla
meditazione. Quando ci si mette in uno stato meditativo, bisogna avere
tutti i muscoli del corpo rilassati. Tutti i giochini descritti
servono a fare in modo che il controllo del proprio corpo sia
avanzato, libero da qualsiasi tensione, muscolare o di altro genere. A
quel punto la meditazione può cominciare da una base dignitosa. La
meditazione è uno stato di assoluto rilassamento. Ci sono persone che
riescono a fermare anche i pensieri, ma questo non è importante. È
invece importante allontanarsi dal circolo meccanico dei pensieri:
esserne fuori, osservarli come si osserva un fiume senza farsi
trascinare dalla corrente. Da quel punto in avanti, per ogni persona
che si appresta a fare meditazione, il campo metafisico di questa
frequenza cambia”.
Poi abbiamo iniziato la pratica.
Esercizio della consapevolezza del respiro. Camminata in meditazione.
Poi, ritornati seduti, nella stessa posizione da noi assunta nel primo
esercizio, soffermiamo la nostra consapevolezza non più sul respiro,
ma sulle zone del corpo contratte, in tensione. Naturalmente una certa
contrazione dei muscoli è necessaria per mantenere la nostra
posizione, per l’incrocio delle gambe, per il completo allungamento
della spina dorsale, … . Tuttavia è importante, per quanto riguarda
questi muscoli in uso, porre attenzione al livello della loro
contrazione: non deve essere superiore al necessario.
Poi, facendo questo esercizio, come sempre per tutti gli esercizi,
parti del corpo – apparentemente senza motivo – si contraggono: qui io
sposto la mia attenzione e con l'”occhio della consapevolezza” le
riassesto, con atteggiamento di abbandono “slego i nodi” che incontro
durante la pratica. Una parte in tensione: consapevolezza e
rilassamento. Un’altra parte si contrae: consapevolezza e
rilassamento. E così via.
Poi abbiamo ripreso a camminare. Questa volta però abbiamo fatto solo
mezzo giro del perimetro della stanza e senza mantenere la
consapevolezza sui 3 (o 5) movimenti. Abbiamo fatto invece un lavoro
analogo all’esercizio precedente. Soprattutto quando si cammina, si
attiva tutta una serie di tensioni inutili. Allora, proprio durante la
camminata, io le lascio andare. Il solito discorso: arriva una
tensione, me ne accorgo, la individuo e “lascio la presa”. Ne arriva
un’altra: me ne accorgo, la individuo e “lascio la presa”. Eccetera. È
un esercizio certamente non facile: siamo costretti a rallentare
ulteriormente la nostra velocità, per essere maggiormente coscienti
delle varie tensioni che sorgono. Ma con la pratica…
Poi, come ultimo esercizio, quello da sdraiati, come le scorse volte.
Alla fine della lezione abbiamo letto una storia zen sul liberarsi
della nascita e della morte.
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