FULLERENI “alla carta”
di Giulio Biddau
da www.scienzaeconoscenza.it 15-9-2008
Ci scrive entusiasta all’incirca 10 giorni fa questo giovane fisico teorico italiano, 29anni,
dottorando. Trasferitosi a Madrid per il dottorato, si definisce – pare ovvio – un “cervellino” in
fuga. E’ protagonista di una scoperta che riguarda appunto questa intrigante molecola di carbonio,
il fullerene. Perché intrigante? Perché dopo il diamante e la grafite è l’unica composta da soli
atomi di carbonio. Oltre alle elegatissime forme che prende sembra estremamente duttile e
superconduttiva. La sua ricerca è uscita su “Nature” di Agosto e lui ne è fiero. Quella che è stata
scoperta è una nuova metodologia innovativa, pienamente efficiente per creare tali molecole, ed
altre, ossia fullereni modificati, che permetta cosi di sviluppare tutta una branca di
nanotecnologia sconosciuta, nanomedicina etc. Questa ricerca è stata inoltre valutata a pieni voti
dalla commissione dell’ECOSS25 (european conference on surface science ), la più importante
conferenza mondiale di fisica delle superfici, tenutasi a liverpool nell’ultima settimana di luglio
e che mi ha visto il nostro giovane fisico insignito del premio per il miglior talk. Ciò che ci
rende ancor più lieti è prendere atto che anche un “cervello” da Nature reputa la nostra rivista:
“una importante risorsa di divulgazione scientifica, a cui mi sono affezionato”. In barba a quei
cattedratici che vanno a cercarci in edicola “camuffati”, solo per affossarci.
I fullereni, molecole di 60 atomi di carbonio (seppure ne esistano anche con 540 ndr) e della forma
di un pallone da calcio, costituiscono la terza forma stabile del carbonio dopo il diamante e la
grafite. Fin dalla loro scoperta nell’anno 1985, sono state proposte numerose applicazioni in
Nanotecnologia basate sulle particolari proprietà meccaniche ed elettroniche. Molte di queste
applicazioni risiedono nella possibilità di creare piccole modifiche della molecola, come la
sostituzione di certi atomi nella struttura per altre di differente specie chimica (etero fullereni)
o nella incorporazione al loro interno (fullereni endoedrali). La grande stabilità della struttura
tridimensionale dei fullereni aveva impedito fino ad oggi la formazione di queste varianti
molecolari.
In un articolo dell’ultimo numero della rivista Nature, un’equipe multidisciplinare composto da
scienziati del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC), del Centro de Astrobiología
(CAB, CSIC-INTA), dell’ Instituto Catalán de Investigaciones Químicas (ICIQ e dell’ Universidad
Autónoma de Madrid (UAM), sviluppa un nuovo metodo per la sintesi controllata di queste specie a
partire da precursoi planari [1]. Questa equipe è altresì internazionale e vede come prime firme,
rispettivamente sperimentale e teorica, due dottorandi, uno argentino e uno italiano (Giulio
Biddau), quest’ultimo frutto della cosiddetta fuga dei cervelli.
Il meccanismo rappresenta l’equivalente in scala molecolare di quei disegni di cartone ritagliabili
con i quali abbiamo tutti giocato da bambini per costruire figure tridimensionali a partire da
disegni in un foglio.
Nel nostro caso abbiamo sfruttato le tecniche di sintesi e di sostituzione chimica per creare una
molecola planare con una struttura e una composizione adeguata. Questa molecola si può curvare e
piegarsi su se stessa per formare strutture molecolari tridimensionali ricercate. Il segreto per
indurre questo processo è utilizzare le proprietà catalitiche di una superficie di platino, che
favorisce la perdita degli atomi di idrogeno che circondano la molecola precursore planare. La
tendenza a chiudere i legami chimici liberi risultanti induce l’incurvamento e la chiusura della
struttura.
Questo processo è stato caratterizzato utilizzando il microscopio a effetto tunnel (Scanning
Tunneling Microscopy, STM), uno strumento basilare in nanotecnologia per visualizzare e manipolare
la materia. Sofisticati calcoli teorici, combinati con i risultati dell’STM e altre tecniche
sperimentali, ci hanno permesso comprendere il meccanismo su scala atomica.
La efficienza del processo proposto apre la posta alla sintesi controllata di tutta una nuova
famiglia di molecolederivate dai fullereni. Nel nostro lavoro siamo stati in grado di sintetizzare
per la prima volta l’eterofullereno C57N3 , che potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella
nanoelettronica. Il processo di chiusura può realizzarsi in presenza di un flusso di altri atomi o
molecole per favorire il processo di incapsulamento dentro la struttura finale chiusa. Questa
estensione del nostro metodo permetterebbe l’accesso ai fullereni endoedrali.
Questo lavoro dimostra l’importanza di un approccio multidisciplinare per raggiungere progressi
significativi in nanotecnologia. Il suo sviluppo ha richiesto la collaborazione di un numeroso
gruppo di ricercatori, diretti da Berta Gomez-Lor (CSIC) e Antonio Echavarren (ICIQ) per la parte di
sintesi chimica, da Rubén Pérez (UAM) negli aspetti di simulazione teorica, e da Jose A. Martín-Gago
(CSIC,CAB) nella caratterizzazione sperimentale e la coordinazione generale.
A cosa servono?
Microelettronica, Bioelettronica, Nanomedicina.. un’infinità di possibili applicazioni a cui noi
abbiamo aperto la strada. Se i fullereni hanno queste applicazioni, con metallofullereni e fullereni
endoedrali stiamo aprendo strade che la fisica della materia aveva messo da parte causa la estrema
difficoltà di sintesi.
Qualcosa di me…
ho 29 anni appena compiuti, sono sposato da due anni con una ragazza di Singapore, che ha appena
terminato un Master in Economia internazionale, sono di e ho studiato a Cagliari, dove mi sono
laureato con un normale 106/110 in Fisica. Ho trovato subito motle possibilità, Londra, Orlando,
Singapore ma alla fine scelsi Madrid. Ora sono al terzo anno di dottorato, tra un anno dovrei
finire.
per approfondire vedi anche: digilander.libero.it/Fullereni/Applicazioni.htm
Il gruppo di ricerca
[1] Fullerenes from aromatic precursors by surface-catalysed cyclodehydrogenation.
Gonzalo Otero1, Giulio Biddau2, Carlos Sánchez-Sánchez1, Renaud Caillard1, María F. López1, Celia
Rogero3, F. Javier Palomares1, Noemí Cabello4, Miguel A. Basanta2, José Ortega2, Javier Méndez1,
Antonio M. Echavarren4, Rubén Pérez2, Berta Gómez-Lor1 & José A. Martín-Gago1,3.
Nature 454, Number 7206 pp 865-868 (14th of August, 2008)
1 Instituto de Ciencia de Materiales de Madrid (CSIC), Cantoblanco, 28049 Madrid, Spain.
2 Departamento de Física Teórica de la Materia Condensada, Universidad Autónoma de Madrid, 28049
Madrid, Spain.
3 Centro de Astrobiología (CSIC-INTA), Carretera de Torrejón a Ajalvir, km 4, 28850 Torrejón de
Ardoz, Madrid, Spain.
4 Institute of Chemical Research of Catalonia (ICIQ), Avinguda Paisos Catalans 16, 43007 Tarragona,
Spain.
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