GENITORI E FIGLI
di Marco Ferrini
Nei periodi di sconvolgimento sociale come quello che stiamo vivendo è doveroso chiedersi se e come
possano sopravvivere rapporti familiari delicati ed essenziali come quelli tra genitori e figli,
senza che si smarriscano il senso e lo scopo ultimo di questa relazione basilare per ogni individuo,
per la nostra crescita psicologica ed esistenziale. Genitori e figli, oggi, con una struttura
familiare sempre meno imperniata su valori morali e spirituali, rischiano di naufragare in una
specie di “terra di nessuno” dai confini incerti, dove sentimenti, ruoli e comportamenti devono
essere spesso reinventati e sperimentati a prezzo di gravissimi danni umani ed economici.
Nell’attuale momento socio-storico l’influenza della cultura atea, materialista, ha progressivamente
distolto l’attenzione della grande maggioranza della gente da un percorso di sviluppo interiore,
accreditando al suo posto pseudo-valori che hanno profondamente trasformato e deformato il concetto
di famiglia. La tecnologia ha dato un poderoso impulso alla scienza nei campi della ricerca
genetica, della bioingegneria, dell’inseminazione artificiale, ma si è altresì sviluppata una
generalizzata degenerazione etico-comportamentale, con il boom ad esempio degli aborti e dei
divorzi. Tutto ha ovviamente contribuito a stravolgere il tradizionale rapporto tra marito e moglie
e tra genitori e figli, al punto da dover riscrivere il diritto di famiglia per tener conto di tutte
le odierne alienità. Secondo recenti statistiche del CENSIS i giovani italiani restano in casa più a
lungo, tendono a cercare lavoro sul posto e confidano nella famiglia per trovarlo, passano il tempo
con gli amici, si dedicano allo sport, non hanno grandi ambizioni nè alti ideali. A prima vista
sembrerebbe un quadro idilliaco ma non è così. Basti ad esempio pensare all’esercito di ragazze
madri, molte delle quali poco più che bambine, o al sistematico massacro di figli non ancora nati,
vittime inermi di un crimine legalizzato di procreatori irresponsabili che diventano abortisti senza
scrupoli, oppure alle migliaia di vittime della droga, o a tutti quei giovani che fanno uso di
alcool e vanno ad infoltire le fila degli oltre 40.000 morti l’anno.
Altro segno del disagio é la disperazione dei figli di coppie divorziate o di quelli che pagano
pesantemente il conto della violenza familiare sempre più diffusa. In un mondo che pare impazzito,
le prime vittime sono proprio i bambini. Uno scioccante studio rivela che un bimbo su quattro è, più
o meno seriamente, malato di mente. Ad unattenta lettura di queste statistiche non sfugge certo la
grande carenza di valori etici e spirituali, né il fatto che la famiglia abbia smarrito il fine
trascendente dell’esistenza. Per lo più oggi la religione è ridotta a mera formalità e Dio viene
chiamato in causa solo perché garantisca quel benessere materiale che pare essere diventato lunico
scopo dellesistenza. Genitori e figli, e anche moglie e marito, hanno spesso interessi privati che
contrastano con lo spirito unitario della famiglia, per cui non raramente convivono solo per
convenienza in una relazione svuotata di ogni significato sacro. Quando uno dei due coniugi,
infatti, non ha più il suo tornaconto egoistico, mostra rapidamente l’assenza di spirito di
sacrificio rompendo senza indugi e senza rimorsi il legame familiare. Molti percepiscono la famiglia
non come entità sacra, piuttosto come società a responsabilità limitata, dalla quale si esce quando
si vuole purché ci si accordi economicamente. Il tradimento e il divorzio diventano pratica comune
e, nel delirio dell’illusione, la sfortuna viene scambiata per fortuna. I genitori lavorano entrambi
per provvedere ai sempre crescenti pseudo-bisogni imposti dalla cultura consumistica e i giovani
risentono negativamente della quasi totale mancanza di educazione e di esempio da parte dei
genitori. L’educazione dei figli viene di fatto delegata ad estranei o ai mass media.
La famiglia, come descritta dalle sacre scritture vediche, costituisce una delle quattro tappe del
progresso umano verso la liberazione dai condizionamenti, finalizzata a dare affetto, protezione ed
educazione ai suoi componenti. La famiglia tradizionale era forte perché poggiava le fondamenta sui
princìpi spirituali. Era costituita dai nonni, dai genitori, dai fratelli, dagli zii, dai cugini. Le
responsabilità e i ruoli erano ben definiti e venivano appresi sin dall’infanzia. Con essi si
imparavano il rispetto, la reverenza e l’amore per Dio, per i familiari e per tutti gli esseri
viventi, umani e non. Nella famiglia il ruolo dei genitori è decisivo per il progresso dei figli. Il
modello e l’efficacia del loro insegnamento deriva essenzialmente dall’esempio. Solo se essi sono
eticamente e spiritualmente evoluti, al tempo stesso austeri e amorevoli, leali con tutti, giusti e
generosi, potranno ispirare nei figli un comportamento analogo, e riceveranno in cambio rispetto e
amore. Nella civiltà vedica i giovani frequentavano fino all’età di 25 anni la scuola del guru, dove
venivano istruiti anche sulle responsabilità familiari. Essi non potevano sposarsi prima di aver
ricevuto dal Maestro il riconoscimento di maturità spirituale, indispensabile per entrare con
successo nella vita di famiglia.2 Era decisamente sconsigliato assumersi il ruolo di genitore o di
marito se non si era capaci di facilitare il progresso spirituale dei propri figli, della moglie e
degli anziani della famiglia.3 Nella famiglia vedica il padre é il maestro spirituale naturale della
famiglia (shiksha guru), insegna con l’esempio, provvede a tutte le necessità e protegge i familiari
dai pericoli della vita, educa i figli e li aiuta nella scelta del maestro spirituale che darà loro
l’iniziazione (diksha guru) e che li guiderà gradualmente verso la riscoperta della loro natura
profonda e della loro relazione con Dio. La donna viene educata con cura fino dalla più tenera età
affinché sviluppi le virtù indispensabili al successo nella vita familiare: la castità, la
collaborazione amorevole con il marito e la cura dei figli e della casa.
La moglie è l’assistente più intima del marito e madre generosa e amorevole: come tale è amata e
rispettata da tutti i membri della famiglia. Il marito, a sua volta, è educato a trattare la moglie
con grande rispetto e a provvedere ai suoi bisogni secondo le proprie possibilità, ma soprattutto ad
aiutarla, attraverso il proprio esempio, nellavanzamento spirituale. Nei Veda la moglie è descritta
come la metà del corpo del marito ed ella sa che non può raggiungere la liberazione (moksha) senza
aver compiuto i propri doveri verso di lui e verso la famiglia. Il marito, a sua volta, è cosciente
che non può liberarsi se non avrà salvato la propria famiglia, che da lui dipende. Il lavoro, la
preghiera, il cibo, i matrimoni, le nascite e le morti, tutta la vita familiare viene vista come una
serie di attività tese alla purificazione e all’avanzamento spirituale per mezzo del servizio di
amore e devozione a Dio (bhakti-yoga) fino a raggiungere la perfezione. In questo contesto la casa
diventa come un tempio, pervasa di spiritualità: è un monumento alla devozione in cui si gioisce del
vivere servendo e adorando il Creatore; vi si conduce un’esistenza pura, semplice e santa.
L’educazione dei figli, affinché da adulti siano capaci di impostare con successo la loro vita
familiare, diventa il principale scopo dei genitori.
Niente è lasciato al caso: la nascita e la crescita dei figli è regolata da pratiche vediche dette
samskara. In lingua sanscrita figlio si dice putra, che significa colui che salva il padre dalle
conseguenze del peccato (letteralmente: dall’inferno detto pu). Il padre che investe le sue energie
nell’educazione spirituale dei figli guadagna meriti pari alla somma di quelli ottenuti da chi avrà
compiuto ogni specie di sacrificio (yajna), penitenza (tapas), pellegrinaggio (parikrama), donazione
di ricchezze (dhana) e studio dei Veda (svadhyaya). Canakya Pandita, un grande saggio vissuto in
India circa 2.300 anni fa, nel suo celebre Niti-shastra insegna che i figli vanno scusati con
dolcezza fino all’età di cinque anni, educati con cura e fermezza fino a quindici, poi trattati come
amici per il resto della vita. Rimproverare duramente i figli in età superiore ai quindici anni,
qualora non abbiano ancora ricevuto un’adeguata educazione e sviluppato sufficiente stima e rispetto
nei confronti dei genitori, significa correre il rischio di trasformarseli in nemici. Il saggio
Canakya dice che avere figli che non siano nè devoti di Dio, nè studenti della scienza sacra, è come
avere occhi che non vedono, inutili fardelli che procurano solo dolore. Oggi le condizioni sociali
sono talmente peggiorate che tante persone hanno una vera e propria paura di fondare una famiglia;
non si fidano e temono di crearsi un futuro tempestoso; prevedono tradimenti e malversazioni da
parte dei familiari, ricatti e cause legali, insomma una vita d’inferno.
Tuttavia, pur tenendo conto delle enormi ed oggettive difficoltà che oggi ostacolano chi si accinge
ad entrare nella vita di famiglia, chi non fosse ancora pronto a rinunciare al desiderio di
diventare marito o moglie, padre o madre, sappia che, dal punto di vista sociale, non è mai stata
disponibile un’alternativa positiva alla famiglia e che tutte le invenzioni umane in tal senso si
sono sempre rivelate dolorosi fallimenti. Se la famiglia così come si presenta oggi non sembra
affidabile, se marito e moglie soffrono di mancanza di fiducia reciproca, se genitori e figli si
guardano con sospetto, che fare? Come umani soffriamo di troppi limiti, meglio implorare l’aiuto del
Signore e percorrere un cammino sperimentato di progresso spirituale per la destrutturazione dei
condizionamenti inconsci, larmonizzazione della personalità e lelevazione della coscienza, che
consenta una migliore relazione con se stessi e con gli altri e la percezione e visualizzazione di
livelli superiori di realtà. Con la coscienza vivificata diventa possibile organizzare la vita
familiare e sociale senza ansietà, strutturando gradualmente le proprie abitudini e relazioni umane
sul modello e sui valori indicati dai saggi di tutti i tempi.
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