Tratto da:
“Istruzioni di volo per aquile e polli”
– di Anthony De Mello”
LA CONCENTRAZIONE
Un uomo d’affari indiano mi raccontò di avere molta paura di meditare,
ritenendo che i propri affari ne sarebbero stati danneggiati. Gli esercizi che vi
suggerisco sono adatti proprio per chi ha molti impegni, per chi è iperattivo, e
non per qualche mistico rinchiuso in un monastero. Quell’uomo d’affari mi
disse allora che aveva paura di fare meditazione ma, eseguendo gli esercizi
che vi sto raccomandando, i suoi affari aumentarono considerevolmente.
Sapete perché? Perché era più rilassato, più concentrato. Cominciò a fare
una cosa per volta. Questo è il grande vantaggio della preghiera: la
concentrazione. Se iniziate a fare una cosa per volta, sarete nel vero senso
del termine presenti in ogni gesto che compite.
È facile capire perché gli affari di quell’uomo migliorarono e perché divenne
così efficiente.
Questi esercizi sono spirituali? Questa è meditazione?
Certo. In Oriente ci sono milioni di persone che fanno solo questo,
nient’altro, e raggiungono un’alta spiritualità. Qui sta il punto centrale della
preghiera: Dio e la spiritualità vanno scoperti nella vita, non fuori di essa.
Ricordate cosa vi dicevo a proposito del silenzio? Lo stesso vale anche qui.
E la preghiera? Tutto dipende dalla definizione che ne date. Se per
preghiera intendete un dialogo con Dio, allora questa non è preghiera, perché
non state dialogando con Dio quando concentrate la vostra attenzione sulle
sensazioni del vostro corpo, sui suoi movimenti mentre camminate. Se però
per preghiera intendete l’unione con Dio, allora questa è senz’altro preghiera.
Arriverete alla preghiera mediante quel semplice esercizio che vi ho proposto:
prestare attenzione alle sensazioni del vostro corpo.
Questo esercizio vi procurerà molti altri benefici. Benefìci di natura
spirituale: per esempio la capacità di accettare la realtà. Lo scoprirete da soli.
Supponete che qualcuno di voi non abbia pazienza e perseveranza per
continuare a fare questo esercizio. In tal caso, raccomando due altri semplici
esercizi spirituali. Il primo è un esercizio di accettazione: “Signore, dammi la
grazia di cambiare ciò che può essere cambiato, di accettare ciò che non lo
può essere, e la sapienza per coglierne la differenza”. Ci sono tante cose nella
nostra vita che non possono essere cambiate! Siamo impotenti e se
impariamo a dire sì a queste cose, arriveremo alla pace. La pace sta nel sì.
Voi non potete fermare l’orologio, evitare la morte di una persona amata,
superare i limiti del vostro corpo, le vostre incapacità.
Mettetevi quindi davanti alle cose che non potete cambiare. E pronunciate
il vostro sì. Così parlerete con Dio.
Certo, è difficile. Non forzate voi stessi. Ma se riuscirete a dire sì nel vostro
cuore, direte sì alla volontà di Dio.
Perseverando in questo atteggiamento, troverete pace persino nelle cose,
per il cui cambiamento state lottando.
IL DISTACCO
Il secondo esercizio supplementare è quello del distacco: pensate alla
vostra infanzia, quando così ostinatamente vi fissavate su qualcosa, a cui non
sapevate rinunciare. Non potevate vivere senza di essa. Pensate a qualcosa
che da bambini detestavate e odiavate, oppure a qualcosa di cui avevate
paura. Molte di queste paure continuano anche oggi. Cosa ne è stato? Sono
passate oppure no? L’esercizio è il seguente: compilate un elenco delle cose
da cui vi sentite dipendenti, delle cose di cui vi sentite padroni, delle cose a cui
non volete rinunciare. Dite a ognuna: “Tutto ciò passerà”. Fate anche un
elenco delle cose che non vi piacciono e che non potete sopportare, e dite a
ognuna: “Anche questo passerà”.
Quando Gesù nacque, gli angeli cantavano la pace e quando morì ci lasciò
un regalo: la sua pace. “Vi dò la mia pace”. La pace è un regalo, non
possiamo produrla noi, tanto meno crearla. Tutto ciò che possiamo fare è
disporre i nostri cuori a riceverla. Ricordate Naaman il siro, che andò in Israele
dal profeta Eliseo per farsi guarire dalla lebbra e il profeta gli disse: “Va’,
bagnati sette volte nel Giordano”? Quell’uomo si indignò e replicò: “Non
abbiamo noi fiumi migliori nel nostro paese? E io dovrei bagnarmi in questo
fiume Giordano? Pensavo che questo profeta venisse a imporre le mani su di
me e a guarirmi!”. Uno dei servi disse al generale: “Signore, se il profeta ti
avesse detto di fare qualcosa di difficile, l’avresti fatto! Ti ha chiesto una cosa
facile, facile”. Provate questi esercizi semplici e facili. Non crederete agli effetti
che produrranno in voi. Quando però ne sperimenterete gli effetti, non avrete
più bisogno di credere.
LA GIOIA
Una delle frasi più frequentemente ripetute nella letteratura cristiana è
quella di Agostino: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto
finché non riposa in te”.
Ogni volta che ascolto questa frase, mi ricordo di un’altra frase, che Kabir,
uno dei migliori poeti mistici dell’India, ha reso famosa. Egli scrisse un bel
poema che inizia con la seguente frase: “Risi quando mi dissero che un pesce
in acqua ha sete”. Riflettete con attenzione a questa immagine: un pesce in
acqua ha sete! Com’è possibile?
Noi, esseri umani, avvolti da Dio, non troviamo riposo! Osserva la
creazione: alberi, uccelli, erba, animali… Sai una cosa? Tutta la creazione è
colma di gioia. Tutta la creazione è felice! Si, lo so: c’è sofferenza, dolore,
crescita, declino, vecchiaia e morte. Sì, tutto ciò sta nella creazione, ma se voi
comprendeste cosa realmente significa felicità! Solo l’essere umano ha sete,
solo il cuore umano e inquieto. Non è strano? Perché l’essere umano è infelice
e cosa si può fare per trasformare questa tristezza in gioia? Perché gli uomini
sono tristi? Perché hanno idee distorte e atteggiamenti sbagliati.
La prima idea distorta che gli uomini hanno è che gioia equivalga a euforia,
sensazioni di piacere, divertimento. Con questa idea in testa gli uomini vanno
in cerca di droghe e stimolanti, e finiscono con l’essere dei depressi. L’unica
cosa con cui dobbiamo drogarci è la vita. È un tipo di droga leggero, ma con
effetti duraturi. Questa è la prima idea distorta dalla quale ci dobbiamo
liberare. Gioia non significa euforia; non necessariamente.
La seconda idea distorta consiste nel pensare che possiamo raggiungere
la nostra felicità, che possiamo fare qualcosa per afferrarla. Qui quasi mi sto
contraddicendo, perché in seguito esporrò cosa possiamo fare per ottenere la
felicità. La felicità però non si può conseguire in se stessa. La felicità è sempre
conseguenza di qualcosa.
La terza e forse più determinante idea distorta sulla felicità consiste nel
ritenere che essa si trovi fuori di noi, nelle cose esterne, nelle altre persone.
“Cambio lavoro, così forse sarò felice”; oppure: “Cambio casa, mi sposo con
un’altra persona…, così forse sarò felice”, ecc. La felicità non ha nulla a che
vedere con l’esterno. In genere si crede che i soldi, il potere, la rispettabilità
possano rendere felici. Di fatto però non è così. I poveri possono essere felici.
Mi ricordo della storia di un prigioniero nazista. Il pover’uomo tutti i giorni
veniva torturato. Un giorno lo cambiarono di cella. Nella nuova cella c’era un
abbaino, da dove egli poteva vedere un pezzo di cielo azzurro durante il
giorno, e alcune stelle la notte. Il prigioniero rimase così affascinato da questo
spettacolo che inviò una lunga lettera a quelli di casa sua, descrivendo la sua
grande fortuna. Dopo aver letto questa storia, guardai dalla mia finestra.
Davanti a me si estendeva la natura in tutta la sua bellezza. Ero libero, non
prigioniero, potevo andare dove volevo! E ritengo di aver provato solo una
frazione della gioia di quel povero prigioniero.
Ricordo di aver letto un romanzo su un prigioniero in un campo di
concentramento sovietico, in Siberia. Il pover’uomo veniva svegliato alle
quattro del mattino e riceveva un pezzo di pane, come razione per tutto il
giorno. Avrebbe mangiato ben volentieri subito tutto il pane, ma cominciò a
pensare: “È meglio che ne conservi una parte, perché posso averne bisogno
questa notte, se non riuscirò a dormire per la fame. Se questa notte ho
qualcosa da mangiare, forse riuscirò a dormire”. Dopo aver duramente
lavorato tutto il giorno, si coricò e si coprì con la coperta, che a mala pena lo
riscaldava, e cominciò a pensare: “Oggi è stata una buona giornata. Non ho
dovuto lavorare nel vento gelato. E questa notte, se mi sveglio per la fame,
posso mangiare un pezzo di pane e continuare a dormire”. Potete immaginare
la gioia e la felicità di quell’uomo?
Una volta conobbi una paralitica, alla quale tutti chiedevano: “Dove trovi
questa gioia che traspare sempre dal tuo volto?”. Ed ella rispondeva “Io ho
tutto ciò che serve alla mia felicità. Posso fare le cose più belle della vita”.
Paralizzata, a letto, in un ospedale; eppure piena di gioia. Che donna
straordinaria!
La gioia non si trova all’esterno. Liberatevi da questa nozione distorta,
altrimenti non la troverete mai.
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