Giusquiamo nero: La “droga” dell’Impero romano

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La “droga” dell’Impero romano

I Romani conservavano il giusquiamo nero: la “droga” che dilagava alla periferia dell’Impero romano

In Olanda è stato ritrovato un allucinogeno, il giusquiamo nero, contenuto in un porta pillole,
costruito con un osso cavo, che risale all’Impero romano.

16 febbraio 2024 – Paola Panigas

La medicina fai-da-te era molto diffusa anche nell’antica Roma: piante medicinali come giusquiamo,
tasso, belladonna, cicuta, mandragora, aconito, elleboro, sangue di drago venivano usate per
curarsi, ma potevano trasformarsi in potenti droghe con il dosaggio sbagliato. Queste piante
velenose, sotto forma di unguenti, pozioni o inalazioni venivano prescritte un po’ per tutto: otiti,
mal di denti, flatulenza…

VELENOSA O MIRACOLOSA? In particolare i medici dell’antichità somministravano un potente narcotico,
il giusquiamo nero (Hyoscyamus niger), come generico antidolorifico oppure per aiutare ad affrontare
gravidanze difficili, ma erano ben consapevoli, che se ingerito in dose massiccia, aveva effetti
allucinogeni: come riportano gli antichi testi poteva portare “all’alienazione della mente o alla
follia”. Plinio il Vecchio, infatti, nella sua Naturalis Historia consigliava ai dottori di evitarne
la prescrizione.

AI MARGINI DELL’IMPERO. Il ritrovamento di un osso del I secolo d.C., pieno di potentissimi semi di
giusquiamo nero, vicino a Utrecht (Olanda), in un sito archeologico a migliaia di chilometri
dall’Urbe, lontano dalle sue biblioteche e dalle scuole, fa dunque luce su quanto ampiamente fosse
diffusa la conoscenza della medicina nell’antichità. «Il sito archeologico si trova ai margini
dell’Impero: questo ritrovamento, quindi, dimostra che anche la popolazione locale conosceva l’uso
di queste piante medicinali», afferma l’archeozoologa Maaike Groot della Libera Università di
Berlino, che ha pubblicato uno studio sulla rivista Antiquity insieme a Martijn van Haasteren e
Laura I. Kooistra.

RITROVAMENTO SINGOLARE. «Per la prima volta, siamo sicuri che questa sostanza, indipendentemente
dallo scopo per cui veniva usata, sia stata conservata in un ingegnoso “porta pillole” fabbricato da
mano umana. Ce lo dimostra il fatto che i semi fossilizzati fossero contenuti in un osso cavo del
diametro di un mignolo, sigillato con un tappo di resina di betulla», precisa Laurence Totelin,
storico della scienza dell’Università di Cardiff .

SACRO O PROFANO? L’osso è stato ritrovato sepolto in una fossa insieme ad alcuni vasi ancora
intatti, un cesto (che potrebbe essere una trappola per pesci intrecciata con rami di nocciolo) e
parte dello scheletro di un cavallo, il che ha fatto pensare agli archeologi che si trattasse di un
magazzino dove venivano conservati manufatti utili per la vita quotidiana oppure un luogo sacro dove
venivano riposti oggetti rituali: una delle “proprietà magiche” riconosciuta nell’antichità al
giusquiamo nero era, infatti, anche quella di favorire la pioggia.

bit.ly/49tln3Y

da focus.it

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