GLI EFFETTI DELLA MUSICA
della dott.ssa Gabriella Larovere
Il termine musicoterapia nasce nell’Antica Grecia e oggi indica il ricorso ad esperienze musicali
attive, in cui s’impiega la musica per coltivare l’espressione creativa, o passive in cui predomina
l’ascolto
Da qualche tempo si parla dell’effetto positivo della musica sull’epilessia. Sembra che l’ascolto di
brevi passi dalla sonata K448 di Mozart, possa ridurre la frequenza degli attacchi epilettici. Il
prof. John Jenkins, che ha fatto una revisione internazionale sulla musicoterapia, afferma che molto
probabilmente anche altre musiche possono sortire il cosiddetto “effetto Mozart”.
Con il termine di musicoterapia si intende l’utilizzo della musica e degli elementi musicali
(armonia, melodia, ritmo, timbro) per favorire l’integrazione fisica, psicologica ed emotiva
dell’individuo. La sua nascita si perde nella notte dei tempi, ma il riconoscimento come disciplina
specifica ed efficace risale ai primi del secolo scorso. Si conoscono due principali indirizzi di
pensiero: uno prettamente medico e uno pedagogico. Il primo fa riferimento alle teorie di Rolando
Benenzon ed Edith Lecourt; il secondo alle esperienze di Juliette Alvin, Paul Nordoff e Clive
Robbins.
Fisicamente il suono e’ una perturbazione vibratoria che si propaga nei mezzi elastici e che e’ in
grado di produrre una sensazione uditiva. Il fenomeno vibratorio avviene solitamente nell’aria, ma
e’ anche presente nei solidi e nei liquidi. Si parla di suoni condizionati, derivanti da
un’associazione mentale, e di suoni incondizionati, estrapolati da un’elaborazione neurale, per
cosi’ dire, primitivi, che stimolano una risposta di tipo emozionale e che risultano comprensibili
da tutti: a esempio il pianto e il riso.
L’uomo entra in contatto con la musica gia’ nella vita intrauterina, ascoltando il battito cardiaco,
la respirazione e la circolazione sanguigna materna. A questi suoni si associano tutti quelli
esterni che, in una maniera o in un’altra, influenzeranno la vita futura. Le risposte degli esseri
umani alla musica vanno ben oltre il suono. La musica puo’ essere sperimentata fisiologicamente, con
cambiamenti della frequenza cardiaca, attraverso il movimento, lo stato d’animo e le emozioni, ma
anche cognitivamente, tramite conoscenza e memoria. Gli animali possono percepire le varieta’ di
suono e alcuni possono riscontrare differenze tra i vari compositori e stili musicali, essi sono
pero’ incapaci di conservare il ricordo delle melodie e l’aspetto olistico della musica. Cio’
nonostante, rispondono alla musica; a esempio, le mucche sono piu’ predisposte a riunirsi nella
stalla quando suona della musica. Tutto cio’ suggerisce che alcuni meccanismi del cervello primitivo
siano coinvolti in almeno alcune delle nostre risposte ai suoni.
Le parti del cervello che elaborano la musica si sviluppano nelle ultime parti della gestazione.
Consistono in un esteso sistema neurale che e’ largamente distribuito in tutto il cervello, ma che
ha regioni specializzate per i differenti aspetti del comportamento musicale. Entrambi gli emisferi
cerebrali sono coinvolti proprio per la complessita’ dell’esperienza musicale che puo’ interessare
il sistema uditivo, visivo, cognitivo, affettivo e motorio. L’emisfero sinistro elabora le
informazioni in modo verbale, sequenziale, logico e analitico. L’emisfero destro funziona secondo un
processo non verbale, globale, intuitivo e sintetico. Cambiamenti nell’organizzazione e
funzionamento del cervello si realizzano in base all’esperienza e preparazione musicale. Percio’
quelli con alti livelli di competenza, mostrano una prevalenza temporale sinistra, soprattutto se
hanno cominciato prima dei sette anni di eta’ e hanno una buona intonazione. La corteccia motoria,
che controlla le dita, a esempio, aumenta in risposta all’esercitazioni al pianoforte.
A causa dei molteplici modi in cui la musica puo’ essere sperimentata, il cervello musicale risulta
estremamente plastico. Importante, anche se meno esplorato, e’ il legame tra musica e risposte
emotive. Attualmente si e’ d’accordo nel pensare che venga coinvolta l’amigdala, la quale riceve
input direttamente dal talamo in maniera rapida, prima che vengano elaborate dalla corteccia. Cio’
spiegherebbe le risposte immediate, e talora imbarazzanti, nei riguardi della musica: a esempio,
commuoversi ascoltando dei bambini cantare. Le vie corticali invece impiegano piu’ tempo per reagire
alle informazioni in entrata, ma danno una valutazione piu’ completa; in termini musicali,
richiamano alla memoria particolari situazioni legate alla musica ascoltata. L’amigdala ha strette
connessioni con l’ipotalamo, la parte del cervello che valuta il comportamento emotivo. Cio’
garantisce la nostra rapida risposta agli stimoli in entrata, soprattutto quando tali reazioni sono
importanti per la nostra sopravvivenza. Uno dei maggiori componenti neurologici delle emozioni e’ il
sistema nervoso autonomo. Come si sa, esso risulta costituito dal simpatico e dal parasimpatico. Il
primo attiva il corpo aumentando la frequenza cardiaca, stimolando la produzione di adrenalina e di
altri neurotrasmettitori e stimolando la conversione del glicogeno per produrre energia. Il
parasimpatico invece abbassa la frequenza cardiaca, stimola la digestione e la secrezione salivare.
Si e’ visto che differenti tipi di musica possono stimolare rispettivamente il simpatico o il
parasimpatico. La ricerca suggerisce anche il coinvolgimento del sistema limbico che contiene un
grande numero di recettori per gli oppioidi endogeni. Ascoltare musica sembra stimolare il rilascio
delle endorfine. Cio’ risulta particolarmente importante in relazione con gli atti terapeutici
effettuati al suono della musica.
La musica ha un importante ruolo nel favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la
motricita’, l’espressione. Inoltre e’ in grado di sviluppare le funzioni potenziali e residue
dell’individuo per realizzare l’integrazione sociale e quindi migliorare la qualita’ della vita. Il
musicoterapeuta conosce gli effetti positivi della musica e deve stare attento a non mettere in atto
quelli negativi. Il primo passo e’ l’ascolto empatico. Esso si basa sul ricalco della postura della
persona della quale il musicoterapeuta si deve prendere cura. Il ricalco posturale consiste nel
rimarcare il tono energetico del paziente. In questo modo si ottiene una comunicazione immediata,
diretta, modificabile di attimo in attimo in base alle situazioni in continuo divenire. L’ascolto
empatico si attua attraverso l’euritmia e il dialogo sonoro. L’euritmia sta a indicare la
coordinazione tra suono e movimenti; a esempio la mamma che allatta il proprio bambino cullandolo e
cantandogli una ninna nanna. Il dialogo sonoro e’ sempre immediato e imprevedibile. La regola
dell’imprevedibilita’ e’ tipica dell’arte e trova il suo fondamento nell’originalita’ che
caratterizza ogni essere umano.
Compito della musicoterapia e’ quello di favorire la comunicazione mantenendo, talvolta
enfatizzando, la originalita’ dell’individuo. Il campo di applicazione della musicoterapia e’ vasto:
disturbi psichiatrici, geriatria, medicina interna, oncologia, disturbi dell’alimentazione,
tossicodipendenza, handicap fisici e mentali. Questi alcuni giudizi espressi nel tempo sull’uso
della musica come strumento di crescita e terapia.
“Il nutrimento vocale che la madre fornisce al figlio e’ importante per lo sviluppo del bambino,
proprio come il suo latte” Alfred Tomatis
“Prima di tutto dovete usare le vostre orecchie per rimuovere un po’ di fardello dagli occhi. Fin
dalla nascita avete usato gli occhi per giudicare il mondo. Un guerriero ascolta sempre i suoni del
mondo” Carlos Castaneda
“La musica e’ la vostra esperienza, i vostri pensieri, la vostra saggezza. Se non la vivete, non
uscira’ dai vostri strumenti” Charlie Parker
“Il potere della musica di integrare e curare. e’ un elemento essenziale. (e’) il piu’ completo
farmaco non chimico” Oliver Sacks.
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