dal rilascio di dopamina al legame con il linguaggio fino ai benefici sulla salute
Redazione, L’Huffington Post
Pubblicato: 14/09/2015
La musica fa da sottofondo alla maggior parte della nostra vita. Si tratta di un’arte che dà
piacere, stimola i ricordi e ci fa condividere emozioni. Ma quella che appare la cosa più semplice e
comune del mondo è in realtà il risultato di meccanismi complessi e sorprendenti. Gli scienziati se
lo chiedono da tempo: qual è l’effetto della musica sul nostro cervello? Ne parla su El Paìs il
neurologo Facundo Manes.
La storia dell'”arte delle Muse” inizia migliaia di anni fa, forse addirittura prima della nascita
dell’homo sapiens. O almeno così fanno pensare diversi ritrovamenti archeologici. La musica ha
accompagnato l’essere umano nella storia della sua evoluzione e molteplici sono le teorie che sono
state ipotizzate a proposito di tale legame.
Alcuni, notando che nella risposta del cervello alle melodie si attivavano aree adibite al
movimento, hanno ipotizzato che la musica sia sorta per aiutarci a muoverci insieme, fatto che porta
a essere più altruisti e solidali. A parere di altri invece l’influenza dell’arte sugli esseri umani
sarebbe nata per caso, in ragione della capacità della stessa di dirottare sistemi cerebrali creati
per altri scopi, come il linguaggio, le emozioni e il movimento.
Ascoltiamo musica sin dalla tenera età, perfino quando siamo solo dei bebè. È un dato di fatto che i
lattanti rispondano meglio alle melodie piuttosto che al linguaggio verbale e che si rilassino
ascoltando i suoni dolci. In particolar, i bimbi nati prematuri che soffrono di insonnia traggono
benefici dal rumore del battito del cuore materno o dai suoni che lo imitano.
Come dicevamo, la musica è in grado di darci piacere. Al pari di cibo, sesso e droghe, rilascia
dopamina nel cervello. Gli stimoli dovuti a questi quattro elementi dipendono da un circuito
cerebrale sottocorticale nel sistema limbico, formato da strutture cerebrali che gestiscono le
risposte fisiologiche agli stimoli emotivi. L’aspetto curioso è che da studi scientifici pare che
gli stimoli emotivi legati a musica, cibo, sesso e droghe attivino tutti un sistema in comune.
Robert Zatorre, uno dei fondatori del canadese laboratorio di ricerca Brain, Music and Sound, ha
studiato i meccanismi neuronali di percezione musicale. Dal momento della loro percezione da parte
dell’udito, i suoni vengono trasmessi al tronco cerebrale prima e alla corteccia uditiva primaria
poi; gli impulsi viaggiano quindi in reti cerebrali importanti per la percepire la musica e per
immagazzinare quella già ascoltata. La risposta cerebrale ai suoni è infatti condizionata dai suoi
uditi in passato, in quanto nel cervello sono contenuti i dati relativi a tutte le melodie.
A questa sorta di database hanno fatto riferimento anche Agustín Ibáñez e Lucía Amoruso,
dell’Instituto de Neurociencias Cognitivas, per indagare su quei meccanismi cerebrali che permettono
di anticipare le azioni. Le ricercatrici hanno mostrato a dei ballerini di tango video in cui altri
ballerini commettevano degli errori e hanno rilevato (tramite elettroencefalogrammi) che solo i
danzatori esperti erano capaci di anticipare gli sbagli. Esistono infatti nella corteccia cerebrale
circuiti che percepiscono, codificano, immagazzinano e costruiscono gli schemi astratti che
rappresentano le regolarità estratte dalle nostre esperienze musicali anteriori. La costruzione di
aspettative e la sua possibile violazione è la chiave per una risposta emotiva.
Un altro aspetto oggetto di studio è la relazione tra musica e linguaggio, che vengono entrambi
elaborati da tutti e due gli emisferi del cervello. Sembra inoltre che musica e linguaggio
condividano alcuni aspetti per quanto riguarda la loro elaborazione a livello concettuale. La prima
pare però offrire un nuovo metodo di comunicazione radicata nelle emozioni: per esempio, è in grado
di influire sul nostro umore e sulla nostra fisiologia, in modo più efficace delle parole.
L’attivazione simultanea di diversi circuiti cerebrali prodotta dai suoni può mediare un dialogo
emotivo.
Un ultimo campo di particolare interesse è quello della sanità, dove si utilizza la musica per
migliorare, mantenere o recuperare le funzioni cognitive, emozionali e sociali e per fare rallentare
la progressione di determinate malattie. La musicoterapia si rivela particolarmente utile nel caso
di pazienti affetti da disturbi motori o da demenza e di bambini con capacità speciali: dal momento
che attiva quasi tutte le regioni del cervello, la musica serve soprattutto per recuperare attività
linguistiche e motrici. Quando si fa o si ascolta musica si mettono in azione regioni del cervello
coinvolte nelle emozioni, nella conoscenza e nel movimento. La musicoterapia favorisce la
neuro-plasticità, compensando così i deficit delle regioni cerebrali danneggiate. In generale, la
cosiddetta arte delle Muse incoraggia le persone a muoversi, induce stati d’animo positivi e aumenta
l’eccitazione, tutte cose che possono condurre il paziente alla riabilitazione.
elpais.com/elpais/2015/08/31/ciencia/1441020979_017115.html?id_externo_rsoc=FB_CM
www.nucleoneurociencias.udp.cl/index.php/primer-estudio-internacional-sobre-el-cerebro-de-tan
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