Guarire con i delfini

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Guarire con i delfini

di Giampiero Cara

Si dice che il delfino sia il miglior amico marino dell’uomo. Lo dimostrano, tra l’altro, i miti
che, fin dall’antichità, hanno tratto ispirazione da esso.

Forse il più famoso è quello di Arione, un celebre musicista greco dell’età classica che si salvò
fuggendo in mare sul dorso di un delfino dai marinai che volevano ucciderlo per impossessarsi dei
suoi beni e, come offerta votiva agli dei per il suo miracoloso salvataggio, commissionò una statua
che lo raffigurava proprio a cavallo di un delfino e la fece mettere nel tempio di Capo Tainaron,
dove pare sia stata vista anche dal grande storico greco Erodoto.

Secondo un altro mito greco, il dio Apollo considerava il delfino l’incarnazione della virtù
pacifica e della felicità, e a volte non disdegnava di assumerne le sembianze (tra l’altro, quando
fondò l’oracolo di Delphi, lo fece proprio in nome ed in onore del delfino). Inoltre, si riteneva
che i delfini guidassero il passaggio sicuro all’oltretomba delle anime dei defunti.

I greci, dunque, consideravano il delfino un essere sacro, oltre che un simbolo di creatività e di
fortuna, e arrivavano a punire con la pena di morte chi osava ucciderne uno. Ma anche gli aborigeni
di Mournington Island, nell’Australia settentrionale, ritenevano sacri i delfini, e i loro sciamani
comunicavano telepaticamente con essi per sfruttarne i poteri terapeutici.

DAGLI ANTICHI MITI ALLE TESTIMONIANZE ODIERNE

Al giorno d’oggi, gli antichi miti sono almeno in parte confermati da numerose testimonianze di
persone “salvate” dai delfini, magari non da una morte per uccisione, come nel caso di Arione, ma da
un’altra forma di “morte” interiore: la depressione.

Particolarmente significativa, in questo senso, è l’esperienza di Debbie Jameson, una giovane
signora inglese che da qualche anno era entrata in una fase di depressione così profonda da farle
pensare al suicidio. Sentì parlare di Freddie, il delfino amichevole che viveva al largo delle coste
inglesi di Amble e regalava la sua gioia di vivere alle persone che lo avvicinavano, e decise di
andarlo a trovare.

Ecco la storia del commovente incontro, riportata nel libro “Delfini guaritori” di Horace Dobbs
(Amrita, £ 28.000): “Lui mi venne incontro e descrisse un cerchio intorno a me, poi risalì e mi
guardò dritto negli occhi mentre mi passava accanto; mi sembrò che stesse guardando direttamente
nella mia anima. Dovetti superare l’esame, perché poi ricomparve mostrandomi la pancia bianca,
perché la grattassi. La mia prima esperienza con questa creatura meravigliosa era completamente
avulsa dal tempo, libera da ogni limite; per la prima volta, da tempo immemorabile, sorridevo e
ridevo dal profondo del cuore. Freddie mi aveva accettata e mi amava per la semplice ragione che
egli così voleva, senza alcun vincolo. Quando uscii dall’acqua ero in estasi, con lacrime di gioia e
di amore che mi scorrevano sul viso”.

Sono state proprio le tante esperienze di questo tipo verificatesi in tutto il mondo che hanno dato
vita ad una particolare forma di “pet therapy”: la “delfinoterapia”. I delfini si sono rivelati
efficaci nella cura delle persone afflitte da forme anche gravi di depressione (come la signora
inglese citata) e soprattutto dei bambini autistici, poiché sembra che possiedano la straordinaria
capacità di stimolarli a comunicare. Secondo lo studioso francese Michel Odent, ciò è dovuto al
fatto che “mentre gli animali domestici non tentano l’approccio se qualcuno si mostra insensibile
verso di loro, i delfini non si arrendono mai, rimangono sempre disponibili, allegri e pronti a fare
amicizia”.

LE VARIE APPLICAZIONI DELLA DELFINOTERAPIA

Ma i problemi di comunicazione non sono le uniche patologie curabili con l’aiuto dei delfini. Negli
Stati Uniti, i ricercatori del Dolphin Plus Centre di Key Largo, in Florida, hanno sottoposto alla
delfinoterapia anche malati terminali, paraplegici, persone che hanno patito gravi amputazioni,
nonché ragazzi ciechi e sordociechi.

Si è rilevato che il contatto con i delfini può aiutare anche chi non riesce a rassegnarsi ad un
lutto particolarmente grave. Inoltre, secondo lo studioso russo Igor Tcharkovsky, che ha offerto ad
alcune donne incinta la possibilità di nuotare con dei delfini nel Mar Nero, questi mammiferi
marini, grazie alle loro capacità di comunicazione telepatica, sarebbero in grado di trasmettere al
feto alcune delle loro conoscenze e di insegnargli a non aver paura dell’acqua. Sembra che le
femmine dei delfini siano particolarmente interessate alle donne incinta, e Tcharkovsky afferma che
sono anche capaci, durante un parto sott’acqua, di portare il neonato in superficie.

“Sui motivi che rendono questi mammiferi marini efficaci terapeuti esistono diverse ipotesi”,
afferma la psicologa Marina Giuseppini, coordinatrice di Arion, l’associazione scientifica
“no-profit” che organizza programmi di delfinoterapia in Italia. “Quella forse più probabile è che
si tratti di un complesso di fattori, tra cui l’immersione nell’acqua e la particolare intelligenza
e disposizione al contatto dei delfini, che determinano nell’uomo non solo una sensazione soggettiva
di benessere, ma anche variazioni neurofisiologiche misurabili, come l’incremento delle onde
cerebrali alfa e theta, che caratterizzano stati di profondo rilassamento e di concentrazione, come
ad esempio quelli meditativi”.

Sempre nel suo libro “Delfini guaritori”, il dottor Horace Dobbs, che ideò la delfinoterapia nel
1990, avanza altre ipotesi. Una è che i delfini siano in grado di proiettare nei più nascosti
recessi del corpo umano dei raggi sonar di finissima qualità dall’elevato potere di guarigione.
Un’altra è quella secondo cui i delfini avrebbero il potere di risvegliare il nostro centro emotivo,
che risiede nel limbo, una delle regioni più primitive del nostro cervello.

In pratica, con la loro spontaneità e il loro entusiasmo, i delfini ci fanno riscoprire la naturale
gioia che abbiamo sepolto dentro di noi. Ma non è tutto. Sembra che i delfini siano in grado di
contribuire, oltre che al benessere fisico, anche all’evoluzione spirituale dell’essere umano.
Infatti, sempre a proposito della sua esperienza col delfino Freddie, Debbi Jameson aggiunge che “è
stata una cosa spirituale e magica. I delfini hanno così tanto da insegnarci sull’armonia,
sull’amore incondizionato e sul lato spirituale della vita che noi spesso ignoriamo”.

ESSERI PIU’ EVOLUTI DI NOI?

“I delfini sono saggi”, aggiunge John Hunt, un procuratore londinese la cui vita è stata cambiata
dai delfini. “La loro saggezza ha a che fare con la comprensione dell’interconnessione di tutte le
cose. In qualche modo, in questa comprensione risiede la vera guarigione del corpo e dello spirito”.

Tra l’altro, molte persone sono convinte che i delfini stiano cercando di aiutarci a proteggere il
nostro pianeta dalla distruzione. Come la studiosa Annalisa Solla, inglese di origine italiana, che
dopo aver letto un libro sui delfini cominciò a sognarli regolarmente, fino ad avere la precisa
sensazione che il loro compito sulla Terra fosse quello di guidare gli esseri umani, allontanandoli
dall’autodistruzione. Altri pensano addirittura che in essi alberghino intelligenze extraterrestri
venute ad annunciarci delle verità su noi stessi.

Secondo il dottor Dobbs, i delfini potrebbero addirittura aver già compiuto un percorso evolutivo
che l’uomo deve ancora intraprendere: come i delfini — che un tempo, in quanto mammiferi, erano
animali di terra – si sono evoluti in creature marine, così l’uomo potrebbe essere destinato a fare
lo stesso. Uno dei più grandi studiosi del mare, il francese Jacques Cousteau, ha scritto che il
vero “peccato originale” del mito biblico è la forza di gravità e che, dunque, la redenzione sarà
possibile soltanto quando gli esseri umani potranno far ritorno all’acqua. Anche il professor
Tcharkovsky è convinto che gli esseri umani siano mammiferi pronti a ritornare al loro ambiente
acquatico.

Questi studiosi parlano di ritorno basandosi su un’ipotesi avanzata nel 1960 dal professor Alister
Hardy di Oxford, secondo cui l’uomo, in passato, potrebbe essere stato una creatura acquatica. In
quale altro elemento infatti, secondo Hardy, avrebbe potuto imparare ad assumere la posizione
eretta, che in acqua viene facile e naturale mentre sulla terraferma risulta instabile e stancante e
lo pone in conflitto con la forza di gravità? In effetti, l’uomo è l’unico mammifero terrestre a
camminare eretto. Neppure le scimmie lo fanno. Invece, per molti mammiferi marini, tra cui i
delfini, stare verticali nell’acqua è una delle posizione preferite quando si trovano vicini alla
spiaggia o quando viene risvegliata la loro curiosità.

Il già citato Michel Odent ha approfondito, nel suo libro “L’acqua e la sessualità” (Red Edizioni, £
22.000), l’ipotesi del professor Hardy, trovando a sostegno di essa delle particolari
caratteristiche umane che non si ritrovano tra i mammiferi di terra in generale, e tra i primati in
particolare, e sono invece condivise da quelli marini. Per esempio, la mancanza di pelo, comune alla
maggior parte dei mammiferi marini. Poi lo strato di grasso sottocutaneo, che protegge questi ultimi
dal freddo e li mantiene a galla con maggior facilità, nonché le lacrime e la sudorazione, due
fenomeni di perdita di acqua e di minerali spiegabili se si pensa all’essere umano come ad un
primate adattato ad ambienti marini, in cui tali elementi sono presenti in grande quantità.

DELFINI E SESSUALITA’

Inoltre, l’uomo è l’unico primate attratto dall’acqua e capace di immergersi in essa, mentre le
scimmie la temono, al punto che spesso, negli zoo, come semplice barriera intorno ai recinti degli
scimpanzé e dei gorilla c’è un fossato pieno d’acqua. L’unica eccezione è rappresentata da una
scimmia molto particolare, lo scimpanzé nano o bonobo, che passa molto tempo nell’acqua a sguazzare
od a catturare pesci. Secondo Odent, è proprio quest’adattamento all’acqua che rende tale scimmia
più simile all’uomo anche sotto l’aspetto sessuale; si tratta, infatti, dell’unica razza di scimmie
che si accoppia frontalmente come gli esseri umani ed in cui anche la femmina sembra provare piacere
durante il rapporto sessuale.

Queste ultime due caratteristiche accomunano l’essere umano anche ai mammiferi marini, e in
particolare ai delfini. Questi ultimi, infatti, si accoppiano frontalmente e hanno un’attività
sessuale molto intensa non finalizzata esclusivamente alla procreazione. Infatti, le femmine dei
delfini, come le donne, possono avere rapporti sessuali in qualsiasi momento del ciclo mestruale,
anche più volte al giorno durante tutto l’anno. Non stupisce dunque che il delfino femmina sia
considerato un simbolo sessuale nel Sind, una provincia del Pakistan nella valle meridionale
dell’Indo, e un simbolo di fertilità nella regione amazzonica. Ma i delfini in genere hanno una vita
sessuale incredibile: si masturbano fin dall’infanzia ed hanno contatti promiscui sia eterosessuali
sia omosessuali, che sembrano avere un fine puramente di socializzazione.

Tale fine si dimostra anche nel fatto che spesso i delfini maschi si presentano anche agli uomini
con il pene eretto, affiché possano afferrarlo e farsi trascinare da loro. Un comportamento
assolutamente privo di quella che noi chiameremmo “malizia”, che però è stato a volte male
interpretato dagli esseri umani, come nel caso di Alan Cooper, un giardiniere inglese che nel 1990,
proprio per essersi fatto “trainare” in questo modo da un delfino, venne accusato di molestie
sessuali nei confronti di animali (subì addirittura un processo ma, per fortuna, alla fine venne
assolto).

Si è pensato che l’intensa attività sessuale non finalizzata alla riproduzione sia collegata al
grande sviluppo del cervello e della corteccia cerebrale. In effetti, i mammiferi marini, a
differenza dei primati, presentano uno sviluppo cerebrale analogo a quello degli esseri umani. Anzi,
se si paragonano peso e dimensioni, il grado di sviluppo cerebrale del delfino può sembrare
addirittura superiore a quello dell’uomo.

Anche la corteccia cerebrale, ritenuta responsabile delle funzioni intellettuali superiori, copre
una porzione maggiore del cervello dei delfini rispetto a quello umano: il 97,8% contro il 95,9%. E
come negli uomini, gran parte della corteccia cerebrale dei delfini non si limita ad analizzare le
informazioni fornite dagli organi sensoriali. Anche loro insomma, liberi da preoccupazioni di ordine
pratico, sarebbero in grado di pensare. E non solo. In seguito a studi approfonditi, il celebre
scienziato americano John Lily ritiene che i delfini siano naturalmente orientati verso direzioni
che si potrebbero definire spirituali e siano anche in grado di raggiungere facilmente degli stati
di meditazione.

Esisterebbero dunque spiegazioni scientifiche della particolare affinità tra uomini e delfini anche
in campo spirituale. Con la loro gioia e la loro serenità spontanee, i delfini ci riportano al
nucleo della nostra ricerca interiore. Come recita la poesia di Heathcote Williams intitolata
“Innamorarsi di un delfino”, “sopra l’entrata dell’oracolo che porta il suo nome, Delphi, / c’era
scritta la salutare frase ‘conosci te stesso’. / E tutto ciò che conosci / è che la sua serena
sicurezza / ti dice che egli sa esattamente essere un delfino, / e che ben pochi uomini hanno la
prudenza di essere uomini”.

Copyright © 2001 Giampiero Cara

Delfini in azione presso il delfinario di Rimini dove, tra l’altro, svolge attività di
delfinoterapia l’associazione italiana Arion.

La delfinoterapia, o terapia assistita dai delfini, si basa su contatti spontanei tra i delfini e le
persone immerse nell’acqua. A livello internazionale, le possibilità di contatti di questo tipo, in
apposite vasche o in mare aperto, vengono gestite dall’International Dolphin Watch, l’organizzazione
inglese fondata dal dottor Horace Dobbs i cui soci, sparsi in tutto il mondo, fanno parte di una
rete informativa sui luoghi in cui si possono incontrare i delfini. In Italia, invece, esiste
l’Associazione Arion (dal nome del cantore greco salvato da un delfino), che organizza incontri con
i delfini presso il Delfinario di Rimini, basati soprattutto su specifici programmi invernali ed
estivi di delfinoterapia per ragazzi autistici e adulti sofferenti di depressione.

Per chi invece desiderasse incontrare i delfini in libertà nell’oceano — magari, approfittando
dell’estate, presso mete paradisiache del turismo internazionale — l’agenzia belga Wildlife Odissey
organizza a tale scopo delle crociere estive alle Bahamas. Con l’aiuto di una guida esperta, c’è
addirittura la possibilità di nuotare insieme a loro in mare aperto!

INDIRIZZI

Associazione scientifica Arion, Piazza I. Nievo 5/D, 00153 Roma. Tel. e Fax: 06/5818243

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