Guerre, violenza, omicidi: qual è l’origine della cattiveria

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Guerre, violenza, omicidi: qual è l’origine della cattiveria

La cattiveria ha più facce. E il sadismo è il tratto tipico della vera crudeltà. Ecco i diversi
identikit di “cattivi” che, spesso, hanno fatto la Storia. Ma non solo.

22 aprile 2024 – Margherita Zannoni

Cattiveria, crudeltà, violenza. La Storia dell’uomo è anche questo: guerre, torture, massacri.
Eppure, dicono gli studi, perfidi non si nasce. Oltre che dai geni, il comportamento è fortemente
condizionato dalla storia personale, da fattori sociali e culturali. Inoltre, la malvagità ha più
facce: la scienza ha tracciato diversi identikit di “cattivi”, i cui tratti possono essere più o
meno netti. Propri di dittatori o killer tristemente famosi, ma anche dell’uomo della porta accanto.

GUERRE IDEOLOGICHE E RELIGIOSE. Tra i fattori che inducono alla crudeltà, lo psicologo Roy
Baumeister elenca il desiderio di guadagno materiale, l'”egotismo minacciato” (viene minata
un’autostima instabile e “gonfiata”), il sadismo e anche l’idealismo (far del male per fini
“nobili”). «Molti conflitti violenti sono guidati da ideologie irrazionali, religiose e laiche.
Quelle utopistiche sono tra le peggiori perché qualsiasi mezzo, pur deplorevole, può diventare
“razionalmente” giustificabile per un fine utopistico, specie se accompagnato dalla disumanizzazione
di un gruppo ritenuto ostacolo al raggiungimento della società perfetta», spiega Lewis. È ciò che
avvenne con l’Olocausto. E sostenere la guerra e la brutalità per questioni ideologiche è,
purtroppo, quanto mai attuale: il patriarca russo Kirill ha dichiarato nel 2023 di appoggiare la
violenza in Ucraina in quanto guerra contro i valori occidentali.

CHI SONO LE PERSONE CATTIVE? Delroy Paulhus, psicologo all’Università della British Columbia
(Canada), studia le “personalità oscure”. Inizialmente, il suo interesse si è orientato ai
narcisisti: egoisti, competitivi, dominanti, bisognosi di ammirazione, hanno un senso grandioso di
sé e attaccano chi li ostacola (sentono di avere più diritti degli altri) o rappresenta un pericolo
per la loro (in realtà, fragile) autostima. Poi, assieme al collega Kevin Williams, ha esteso i suoi
studi al machiavellismo e alla psicopatia (altri due tratti della personalità), individuando quella
che è stata chiamata la “triade oscura”: ovvero le tre facce della malvagità.

IL PEGGIO DELL’UMANITÀ. Il machiavellico è cinico e amorale, pianifica bieche strategie per ottenere
ciò che vuole, costruisce alleanze e, intanto, cerca di preservare una reputazione positiva. Lo
psicopatico (ovvero la persona con tratti definiti tali) è impulsivo, irritabile, bisognoso di
continui stimoli, manipolatore senza scrupoli, insensibile ai sentimenti altrui al punto da non
provare rimorso. Insieme al narcisista sono un trio davvero poco rassicurante: si tratta di
personalità indipendenti ma correlate che a volte convivono in vari “dosaggi” nello stesso
individuo, anche se non sempre è così.

Scrivono Paulhus e Williams«A vari livelli, tutte e tre comportano un carattere socialmente malevolo
con tendenze all’autopromozione, freddezza emotiva e aggressività». In sintesi, il peggio
dell’umanità.

SADISMO E DEFICIT DI PERSONALITÀ. Ma la ricerca di Paulhus si è spinta oltre, concentrandosi su
persone che ammettono di infliggere dolore agli altri senza motivo se non il proprio piacere.
Identificando così una quarta dimensione della malvagità: il “sadismo quotidiano”. Unita alle altre
compone quella che ha chiamato “tetrade oscura”. Ma perché i sadici si comportano così? Un’ipotesi è
che provino emozioni positive attenuate: i loro atti di crudeltà potrebbero essere un tentativo di
scuotere tale intorpidimento emotivo, di cercare eccitazione compensando la carenza di sensazioni
piacevoli nella loro vita. Tant’è che, secondo altri studi, una propensione cronica alla noia nella
quotidianità favorisce pensieri e comportamenti sadici, come il trolling online: «I trolls sembrano
essere la versione internet dei sadici perché passano il tempo a cercare persone da ferire», ha
confermato Paulhus. Certo, questo passaggio all’azione non è frequente: «Un comportamento sadico è
improbabile senza altri deficit di personalità (ad es., inclinazione alla rabbia, impulsività), ma
istinti sadici (senza insensibilità) sono possibili anche in persone non disturbate», scrive
Paulhus.

Ma qual è il profilo di personalità più malevolo? «La psicopatia è il più pericoloso dei disturbi
della personalità», sostiene lo psicologo Paul Babiak sul bollettino dell’Fbi. Perché porta a vedere
il prossimo come un oggetto, un puro strumento di cui servirsi per i propri bisogni senza interesse
per ciò che prova. «L’egocentrismo e il bisogno di potere e controllo dello psicopatico sono
ingredienti perfetti per una vita di attività antisociali e criminali». Truffe, aggressioni,
violenze sessuali, assassinii, omicidi seriali sono spesso associati a questo profilo di
personalità. «Se gli psicopatici commettono un omicidio sarà probabilmente pianificato e la
motivazione spesso coinvolge la gratificazione sadica», aggiunge Babiakz. In genere, questi
individui sono disinvolti e affascinanti: mettono la maschera giusta per guadagnarsi la fiducia
della vittima di turno (ad esempio, per raggirare pensionati da derubare).

IL CAPO DI STATO, IL COLLEGA E IL VICINO DI CASA. Ma non tutti gli psicopatici sono criminali (così
come è vero il contrario). In teoria, ciascuno potrebbe averli come colleghi di lavoro, parenti o
vicini di casa.

Pur non provando empatia sanno “leggere” le emozioni altrui e sono bravi nel simularle. «Per via
della loro abilità interpersonale, la maggior parte può dare una buona impressione e molti non hanno
difficoltà a entrare nei ranghi degli affari, della politica, delle forze dell’ordine, del governo e
del mondo accademico. «Ed esistono in tutti i settori di lavoro», sottolinea Babiak che ha chiamato
snakes in suits (serpenti in giacca e cravatta) gli psicopatici che, con le loro manipolazioni,
arrivano a ricoprire posizioni di rilievo.

HITLER E I SUOI SEGUACI. Pur capendo la differenza tra “bene” e “male”, spesso chi compie azioni
crudeli le minimizza o razionalizza i fatti vestendoli con l’idea di essere stato provocato, di aver
subìto di peggio o che la vittima lo meritasse. «In gran parte, gli individui che agiscono in modo
malvagio si considerano brave persone che combattono le forze del male», scrive lo psicologo Roy
Baumeister, autore di testi sulla malvagità, oggi all’Università del Queensland (Australia). Persino
Hitler si reputava, assieme al popolo tedesco, una vittima: incolpò gli ebrei della sconfitta della
Germania e delle misere condizioni economiche in cui era piombata, li descrisse come una razza
avida, amorale e parassita, pericolosa per il Paese e i valori della società. Sui suoi disturbi
mentali si sono avanzate varie ipotesi, tra cui psicopatia, narcisismo, sadismo e paranoia
(convinzioni deliranti di essere minacciati o perseguitati).

Ma molti seguaci di Hitler fecero proprie queste folli teorie. Per quanto, come dice Lewis: «Altri
ritennero comodo avere un capro espiatorio. C’erano molti psicopatici, delinquenti e opportunisti
che saltavano sul carro per interesse personale». Lo sterminio nazista è anche un esempio di come la
malvagità possa manifestarsi in sordina e subire un’escalation. Infatti, secondo molti storici, il
genocidio non era l’obiettivo iniziale. Come spiega Peter Heyes, docente di storia alla Northwestern
University (Usa): «Gli sforzi sempre più duri per “rimuovere” gli ebrei dal territorio tedesco si
sono rivelati insufficienti o impraticabili e hanno lasciato il posto a metodi sempre più estremi di
“eliminazione”.

PENA DI MORTE E AGGRESSIONE MILITARE. Attenzione anche a credere nel “male puro”, cioè nella totale
malvagità senza sfumature e possibilità di riscatto: chi lo fa, tende in realtà a essere più ostile
e aggressivo, come emerge da uno studio delle Università della Pennsylvania e del Kansas.

In genere, chi crede al male assoluto è più pessimista, diffidente, meno egualitario, giustifica la
violenza preventiva ed è più spesso favorevole alla pena di morte e all’aggressione militare. Un
atteggiamento rischioso: quando entrambe le parti di un conflitto vedono l’altra come “malvagia” è
facile si inneschi una spirale di violenza.

da focus.it

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