G.I Gurdjieff e la “musica oggettiva”
di Giampiero Cara
Esiste la “musica oggettiva”? Secondo il celebre maestro di Quarta Via, essa veniva (e viene ancora)
usata da iniziati per trasmettere messaggi spirituali in codice ad altri iniziati in grado di
decifrarli, nonche’ per provocare effetti ben precisi anche sugli ascoltatori inconsapevoli. Un
aspetto misterioso e affascinante del linguaggio musicale nel quale vale la pena di addentrarsi…
Nei primi anni di questo secolo, fece la sua apparizione in Russia un personaggio misterioso. Un
greco del Caucaso di nome Georgei Ivanovic Gurdjieff (1872-1949). Fu il primo a parlare in Occidente
della Quarta Via – un metodo eminentemente pratico per la conoscenza e lo sviluppo dell’essere umano
attraverso un lavoro integrato sui suoi tre centri (fisico, emozionale e intellettuale) – e a
fondare vicino Parigi, all’inizio degli anni ’20, un “Istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo”,
che ebbe poi delle diramazioni soprattutto negli Stati Uniti.
Anche se, in effetti, i principi dell’insegnamento di Gurdjieff sono legati molto piu’
all’esoterismo che alla filosofia New Age, le sue teorie sulla musica oggettiva rimangono molto
interessanti nella prospettiva di recupero della dimensione spirituale della musica caratteristica
della Nuova Era.
Il linguaggio iniziatico della musica
Nel suo originalissimo ed appassionante “romanzo” “I racconti di Belzebu’ al suo piccolo nipote”
Gurdjieff spiega che, sin dai tempi di Pitagora, la musica, come altre forme artistiche quali il
teatro o la danza, veniva utilizzata da un gruppo di iniziati, gli “Aderenti al Legominismo”, per
trasmettere la conoscenza attraverso messaggi sonori che gli iniziati del futuro avrebbero potuto
decifrare.
Tale musica, comunque, sarebbe stata in grado di provocare degli effetti oggettivi su qualsiasi
ascoltatore. Si dice, infatti, che proprio Pitagora avesse inventato una musica capace di curare le
malattie. E lo stesso Gurdjieff, in un altro suo “romanzo autobiografico” intitolato ‘Incontri con
uomini straordinari’, racconta gli effetti della musica sugli uomini e su tutti gli esseri viventi.
I suoi compagni nel gruppo di “Cercatori di Verita’” di cui egli faceva parte si misero a piangere
al suono di una musica apparentemente monotona suonata in un monastero asiatico. Addirittura,
l’unica donna del gruppo non riuscì a dormire la notte seguente e si ferì un dito mordendolo in
preda alla commozione.
Gurdjieff era dunque convinto che la musica, attraverso le sue vibrazioni, producesse sugli uomini
delle impressioni che agivano in qualche modo sulle vibrazioni energetiche dei nostri corpi, non
soltanto fisici. E lo dimostro’ in diverse occasioni. Una volta, per esempio, riuscì a far cadere in
trance una ragazza che aveva appena visto suonando un particolare accordo sulla tastiera del
pianoforte.
La stessa musica che Gurdjieff compose soprattutto per accompagnare l’esecuzione di particolari
danze sacre da lui create e chiamate semplicemente “Movimenti” doveva essere strutturata in modo
tale da generare sull’ascoltatore gli effetti voluti dall’autore.
Musica e danze sacre
Talvolta, di fronte ai suoi discepoli riuniti, Gurdjieff improvvisava sul suo harmonium variazioni
di melodie arcane che diceva di aver ascoltato all’interno di inaccessibili monasteri asiatici. Ma
quando si trattava di mettere su carta da musica delle composizioni ricorreva all’aiuto di un suo
discepolo, il pianista e compositore russo Thomas De Hartmann.
Proprio all’influenza di De Hartmann – il quale evidentemente, pur trascrivendo melodie accennate da
Gurdjieff, non poteva evitare di dare la propria impronta alla composizione finita – sono da
attribuirsi gli echi tardo-romantici, quasi scriabiniani, di certe partiture gurdjieffiane.
Essendo dunque Thomas De Hartmann un elemento chiave per la comprensione della musica che
accompagnava l’esecuzione dei Movimenti di Gurdjieff, ci sembra opportuno definire meglio i contorni
della sua figura.
Nato in Ucraina nel 1886, comincio’ a studiare pianoforte ad otto anni e, ancora adolescente,
compose gia’ per il suo strumento dei pezzi che, seppur notevolmente influenzati da Schuman e
Chopin, dimostravano gia’ un notevole talento melodico personale. Diplomatosi al Conservatorio di
Pietroburgo nel 1904, divenne famoso due anni dopo, quando il suo balletto dal titolo “Il fiore
rosa” venne rappresentato con successo di fronte allo zar, il quale, in segno di ammirazione,
esonero’ il giovane compositore dal servizio militare, affinche’ potesse continuare i suoi studi a
Monaco.
Nella citta’ bavarese, si unì ad un gruppo di pittori radicali guidati da Vassilij Kandinskij – che
gli fu amico per tutta la vita – e abbraccio’ con entusiasmo le idee dell’avanguardia prebellica,
pubblicando anche, sul leggendario periodico “Der Blauer Reiter”, un articolo intitolato
“Sull’anarchia nella musica”. E’ curioso che De Hartmann sia stato così radicale in gioventu’, dal
momento che la sua musica piu’ matura e’ solo interiormente rivoluzionaria, si avventura nelle
profondita’ della vita interiore del compositore, piuttosto che indulgere nel tipo di
sperimentalismo formale caratteristico del ventesimo secolo.
Questo interesse per la spiritualita’ porto’ il musicista ad avvicinarsi a Gurdjieff nel 1916 e ad
aiutarlo nella composizione dei brani a cui abbiamo accennato, che dovevano accompagnare
l’esecuzione dei Movimenti, ma anche di pezzi di “musica sacra” per il semplice ascolto o per la
meditazione.
Pare, inoltre che, dopo la morte di Gurdjieff, avvenuta nel 1949, De Hartmann abbia scritto un’altra
serie di pezzi per l’accompagnamento delle danze sacre. Ma all’epoca De Hartmann gia’ non vedeva
Gurdjieff da molti anni, precisamente dal 1929, quando il maestro caucasico decise di separarsi da
lui e da sua moglie – la cantante lirica Olga De Hartmann – per motivi che non furono mai ben
chiariti.
Thomas De Hartmann continuo’ comunque a comporre da solo la sua musica, fino alla morte avvenuta per
un attacco di cuore nel 1956. Di questa musica rimangono oggi ben poche esecuzioni ad opera
prevalente mente di allievi del compositore.
Le incisioni della musica di Gurdjieff
Esistono invece numerose registrazioni della musica di Gurdjieff e De Hartmann suonata dallo stesso
De Hartmann, o da altri pianisti. Non sono tutte facilmente reperibili, ma ve le segnaliamo in caso
decideste di darvi da fare, perche’ crediamo che ne valga davvero la pena. Innanzitutto, tra le
registrazioni di musica suonata dallo stesso Gurdjieff sul suo particolare harmonium, esiste un 33
giri, edito nel ’71 a Parigi, dall’etichetta Janus, che si intitola “Improvisations” e raccoglie in
un unico disco le registrazioni, risalenti al 1949, di due vecchi dischi di ceralacca a 78 giri
usciti per la prima volta rispettivamente nel ’50 e nel ’51.
Sempre a Parigi, in data imprecisata, e’ stato pubblicato senza etichetta un altro 33 giri
intitolato “La voix et la musique de Gurdjieff”, che raccoglie le incisioni di altri due vecchi
dischi fonografici. In questo album, come dice il titolo, e’ possibile effettivamente ascoltare,
oltre alle sue musiche suonate su un organetto portatile, anche la voce di Gurdjieff molto anziano
che parla in un inglese incomprensibile (anche a causa della pessima registrazione) ai suoi
discepoli americani.
Esiste poi un numero molto maggiore di incisioni della musica composta da Gurdjieff in
collaborazione con De Hartmann e suonata al pianoforte da quest’ultimo. Oltre ad una serie di cinque
dischi di ceralacca a 78 giri prodotta privatamente in America nel ’51 e intitolata “G. Gurdjieff:
Played ” by Thomas De Hartmann; sono stati pubblicati a Parigi dalla Janus fra il ’54 e il ’67 tre
album contenenti versioni pianistiche di inni sacri, canti e danze dei dervisci e dei Sayid,
raccolti sotto il titolo comune di “Les oeuvres de G.I. Gurdjieff”. A New York e’ stata pubblicata
dalla Gurdjieff Foundation nel 1970 una serie di quattro LP intitolati rispettivamente “Seekers
after Truth, Journey to Inaccessible Places, Rituals of a Sufi order e Chants from an Essence
Ritual”.
Tra le incisioni di altri pianisti che si cimentarono con le musiche gurdjieffiane, segnaliamo,
infine, quelle di Helen Adie (Danses sacre’s: tire’es des exercises laisse’s par G.I. Gurdjieff,
Parigi, Janus, 1950), di Laurence Rosenthal (Hymns from a Great Temple – Parigi, Janus, 1977 – e la
colonna sonora del film di Peter Brook Meetings with Remarkable Men – Los Angeles, Vanese Sarabande
Records, 1979 – in cui Rosenthal conduce la National Philarmonic Orchestra e gli Ambrosian Singers
of London in alcuni arrangiamenti delle musiche gurdjieffiane), del celebre pianista jazz Keith
Jarrett (G.I. Gurdjieff: Sacred Hymns, Burbank – California, Warner Brothers, ECM Records, 1980), di
Alain Kremski (Gurdjieff-De Hartmann, Prestige, 1982), di Herbert Henck (Gurdjieff-De Hartmann,
Maniz – Germania occidentale, Wergo, 1982), di Elan Sicroff (Journey to Inaccessible Places, E.G.
Records, 1986) e di Cecil Lytle (“Seekers of the Truth”, “Reading of a Sacred Book” e “Words for an
Hymn for the Sun”, pubblicti dalla Celestial Harmonies rispettivamente nell’87, nell’88 e nel ’90).
Buon ascolto.
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