«Ogni cosa ha il proprio spirito le cui caratteristiche stanno in rapporto alla funzione della cosa
stessa. Quello dell’uomo però è uno “spirito intelligente” perché l’uomo sovrasta ed è in grado, per
quanto lo riguarda, di regolare, se non di dominare, gli istinti che sospingono incessantemente
tutto ciò che esiste e si forma. Questa prerogativa dell’uomo è sublime e tale la riconosce nel
preciso istante che egli la percepisce. Ho definito coscienza sublime ogni impegno volto a
raggiungere, sia pure attraverso la materia, dimensioni fuori della consuetudine. Ammesso che la
genialità faccia ancor parte dell’istinto, i prodotti della genialità appartengono invece a quella
libertà di creare che è prerogativa dello “spirito intelligente” dell’uomo, quindi ben oltre
l’istinto stesso. Questa considerazione sarebbe sufficiente a comprendere l’esistenza dell’ anima la
quale si identifica poi in quell’armonia universale alla quale contribuisce e partecipa.
Quando mi venne chiesto di esprimere il mio pensiero a proposito della medianità e dello spirito non
ho esitato a rispondere che ogni individuo possiede un certo potenziale di medianità. Sul
significato di questa parola però ho posto delle riserve di ordine etico e biologico. Per quanto
riguarda lo spiritismo, invece, mi trovai in perfetta collisione e collusione e ciò proprio a causa
dello “spirito intelligente”. Con l’arresto di ogni attività fisica – la morte del corpo – l’ anima
si libera ma non interrompe la propria attività. Lo “spirito intelligente” , invece, rimane in
essere e, forse, anche operante. Di questo ne ho le prove e ne ho fornite a conforto di tanta gente
che non sapeva rassegnarsi alla perdita di persone care. Ho detto forse, perché in tale materia la
prudenza è di rigore. Il fatto di rimanere in essere si richiama al motivo e quindi alla funzione di
ogni cosa esistente in perenne sollecitazione e travaglio, proprio come si addice al moto creativo
che non saprebbe estinguersi e nel quale ogni cosa concorre armonicamente anche nelle mutazioni più
varie, Dio essendo eterno ed inconsumabile nelle sue più prevedibili manifestazioni e sembianze.
Si fa gran caso dei miei esperimenti e li si vuole collocare tra i fenomeni dei quali si occupano
tanto insigni studiosi di metapsichica e parapsicologia. Si vorrebbe scoprire il meccanismo: che io
fornissi alla scienza sufficienti elementi per vagliarli, classificarli e forse riprodurli senza la
mia partecipazione. Delusi e convinti che non v’è manipolazione, si attende da me la rivelazione di
formule, di procedimenti e di conoscenze che proprio non posseggo. Sono segreti, questi, che non è
dato di tramandare appunto perchè segreti non lo sono affatto. Si possono invece intuire, proprio
come è successo a me e ad altri. Questa forma di rivelazione è profonda e altissima, tale appunto da
escludere, per la sua natura, qualsiasi speculazione metafisica.
È fatale che quasi la totalità delle prerogative umane, a livello però del solo istinto, convoglino
il desiderio dell’uomo a considerare lo stato di necessità della propria esistenza; di qui la
peculiarità degli intenti volti a favorire l’ambizione, l’orgoglio, la potenza e la crudeltà. È
tacito: che una severa rinuncia a questi fattori negativi comporti se non la visione l’intuizione
almeno di quelle alte sollecitazioni alle quali il pensiero si ispira per comprendere l’infinito e
così vincere il terrore della morte. La vita terrena è troppo breve per creare e rinunciare poi
subito a ciò che si è creato».
da Remo Lugli, Rol. Una vita di Prodigi, Mediterranee, 1995
«Qualche volta una grande tristezza mi coglie: e se io dovessi rimanere solo a godere o a soffrire?
Di un privilegio che non tarderebbe ad isolarmi dagli altri uomini, causa delle mie azioni divenute
non più compatibili con l’esperienza dei saggi e con la fede dei Santi? In questo caso il mio
destino sarebbe certo: la diffidenza o la beffa; perché oltre i limiti che il negromante e il
demente hanno posto alle norme consuetudinarie del vivere, solamente la pietà, qualche volta, si
avventura ad accompagnare, nella grande illusione, il cercatore d’oro nei luoghi ove l’oro non val
più che la sabbia…
(…) La fisica, la matematica e la teologia hanno costituito il tripode sul quale è venuta a
poggiarsi la fiducia degli iniziati ma per me, che non posso più credere in queste cose, dove
troverà sostegno la mia speranza? Ecco la mia tragedia. Quanta tristezza vi è nel profondo delle
cose? Cornelio Agrippa credeva ancora nella natura, così come noi (o voi) oggi la conosciamo.
I miei esperimenti sconvolgono le leggi della natura! Anche Omero non mi commuove più. Il poeta
eccitava il mio spirito con la sua scienza vastissima, così come Chopin mi accarezzava il cuore con
la sua malinconia profonda. Ma tutto ciò appartiene a questo mondo, mentre io non sono più di questo
mondo…
(…) Solamente in amore la natura si lascia frodare e non protesta: qualche volta, anzi, se ne
rallegra, perché l’eredità del genio non è consentita mai, mentre il retaggio dei mali è assicurato
sempre… L’amore, è forse questo l’ultimo mezzo che mi è offerto per vivere fra gli uomini come uno
di loro?
(…) Così, con un piede da questa parte e l’altro poggiato sull’infinito, mi sembra quasi di essere
un ponte gettato fra le due età e sotto di me scorre l’ universo come fluida materia che seco
travolge impetuosamente il ridicolo delirio dell’uomo di volersi imporre o sottrarre a decreti che
lui stesso ignora».«… Ed a quanti mi chiedono di rivelare il mezzo col quale si manifestano tanti
stupefacenti fenomeni, rispondo che la mia forza sta nel tenere i piedi ben saldi sulla terra.
Ammettere e conoscere la realtà, predispone a possibilità le più insperate, le più incredibili,
avendo qualsiasi realtà infiniti risvolti. La conoscenza della realtà, poi, è di grande aiuto nel
reperire ed interpretare i preziosi simboli che ci stanno intorno e ci illuminano costantemente. Il
mio desiderio è sempre stato quello di avere la Scienza collaboratrice per la necessità che ho di
conoscere l’esistenza e valutare l'”assoluto” al fine di saper dirigere la ricerca nel paranormale.
Mi si rimprovera di non ripetere a richiesta gli “esperimenti” che avvengono con me, ma io non ho
mai programmato simili fenomeni dei quali io stesso mi stupisco non sentendomene l’artefice. Di qui
l’ansia, il dovere che ho sempre sentito di codificare quanto mi succede nel campo del meraviglioso.
L’unico mio conforto, in tanta solitudine, è quello di potere utilizzare queste mie possibilità, a
titolo assolutamente gratuito, per il bene del mio prossimo, ben sapendo, nell’istinto della mia
coscienza, quale sia la loro ragione di essere e quale il loro valore etico e morale. Chi non ha
creduto in me senza conoscermi o, peggio ancora, chi mi avvicinò, col deliberato proposito di poi
denigrarmi mettendomi nel fascio di tutto il paranormale di cui non si può o non si vuole ammettere
l’esistenza, ha commesso un’azione delittuosa della quale dovrà rispondere ad un Dio che certamente
ignora».
«… io non mi ritengo dotato di qualità paranormali od almeno di prerogative che possano farmi
includere nei soggetti che offrono motivo di studio. Nè posso affermare di aver avuto particolari
contatti col PN [paranormale], dal momento che tutta la mia vita si è sempre svolta in una naturale
atmosfera di costanti “possibilità” ove non sarebbe difficile stabilire quali siano le più notevoli.
Fin da giovanissimo mi sentii portato ad un’osservazione profonda di ogni cosa, anche delle più
insignificanti, trovandomi così a meditare su di esse, forse nell’istintiva ricerca del rapporto fra
gli avvenimenti ed i fattori che li compongono e dei legami che intercorrono fra cosa e cosa proprio
come le fibre dello stesso tessuto.
Mi trovai così a conseguire un’abitudine mentale ove l’intuizione ed il ragionamento collaborano in
stretta armonia nella ricerca di quella verità Unitaria alla quale mi sembrano tendere, in
nobilissima gara, l’Etica, la Politica, le Arti e tutte le scienze in genere. Era quindi inevitabile
che io mi spingessi oltre le norme consuetudinarie del vivere e mi adoprassi per una necessità
inderogabile ad agevolare il mio cammino con mezzi che Lei definirebbe paranormali, mentre io li
considero di natura strettamente ortodossa. Non esiste quindi un mio “incontro” col PN, termine che
mi suona estraneo, in quanto io ritengo che a chiunque segua la strada da me percorsa vengano
offerte le mie stesse possibilità. (…)
L’osservazione profonda di ogni cosa” comporta l’inserimento di una determinata cosa nella visione
di un Sistema Universale in rapporto al valore ed alla funzione della cosa stessa. Accedendo quindi
a questa forma di “conoscenza” il pensiero viene a trovarsi necessariamente ad essere intinto di
quelle particolari essenzialità per le quali acquisisce le “possibilià” cui sopra accennavo e che
autorizzerebbero l’esistenza di un PN, mentre invece è la più legittima “normalità” che si
manifesta. Di qui il sorgere di facoltà delle quali mi è dato disporre solamente quando pervengo a
riconoscerne la reale natura, per accoglierle allora con responsabile consapevolezza e coscienza. A
questo punto Lei potrà obiettare che è proprio attraverso lo studio del PN che tale meta è
raggiungibile, ma io non esito ad affermare, almeno per quanto riguarda i miei esperimenti di
coscienza sublime, che ogni ricerca in quella direzione si troverebbe in antitesi con la sorgente
spontanea di una conoscenza giustificata dalla natura divina ed eterna dell’uomo».
da “Io sono la grondaia…” a cura di Catterina Ferrari, ediz. Giunti
«È umano che tutto ciò che si distacca dalla realtà venga immediatamente tradotto sul piano delle
nostre necessità, fisiche o spirituali che siano. Ed è più logico che ad un individuo che agisce
contro le norme consuetudinarie del vivere, ad uno che riesca a vincere le leggi della gravità, che
può sconvolgere la logica della matematica, che è in grado di annullare il tempo e lo spazio, si
chieda poi di guarire un male incurabile, di conoscere il futuro, di mandare la pallina della
roulette nel numero desiderato. Se non interessa di fermare la pallina della roulette su un numero,
ci convinciamo però che è possibile irrobustirci nel carattere e trovare così i mezzi, con l’ausilio
dello spirito immortale, appunto per questa sua prerogativa egli scopre di avere in sé i mezzi che
lo rendono onnipotente.
E questo è il principio per il quale il meraviglioso si giustifica nel divenire accessibile. Se poi
vogliamo attribuire a Dio il verificarsi del miracolo, non è difficile ammetterlo: Dio è presente
dappertutto, quindi anche in noi, e il miracolo diviene logico. Anche colui che non crede in Dio può
essere incluso nel miracolo, poiché il miracolo avviene in virtù dello spirito che sta in quel
‘qualcuno’. Allo stesso modo il miracolo avviene con chi non ammettesse di possedere uno spirito,
anche se le possibilità sono più scarse. Per coloro che sono credenti, questa è una prova della
misericordia di Dio. Io credo che questo prorompere della verità segua proprio quello stato di
grazia che ha la prerogativa di un dono».
da Renzo Allegri, Rol il mistero, ediz. Musumeci, 1993 (1986)
«Vi fu un tempo in cui credevo che le mie ‘possibilità’ (che io allora ritenevo essere delle vere e
proprie ‘facoltà’) avessero una base biologica. Mi dicevo che se è vero che il corpo alberga lo
spirito, deve esservi un rapporto diretto fra lo spirito e gli organi attraverso i quali la vita si
esprime. Ed in questa espressione includevo la responsabilità morale e le esaltazioni dello spirito.
Fu proprio in questa seconda parte che la mia filosofia crollò perché non mi fu più possibile
ottenere alcun fenomeno se volevo trovarne la sede nel cervello od in qualunque altra forma
organizzata del mio comportamento fisico. Io stesso tentai dei controlli dei quali ebbi a
rammaricarmi.
Si studino pure a fondo le possibilità racchiuse nell’ energia psichica degli uomini, ma per quanto
mi riguarda ho concluso che allo stato attuale della conoscenza scientifica i miei esperimenti non
hanno alcun rapporto con la psiche. Essi, secondo me, debbono considerarsi una manifestazione dello
spirito che è definito ‘intelligente’ per identificare in esso e quindi nell’Uomo, l’espressione più
alta di tutta la Creazione. Ho sempre protestato di non essere un sensitivo, un veggente, medium,
taumaturgo o altro del genere. È tutto un mondo, quello della Parapsicologia, al quale non
appartengo anche se vi ho incontrato persone veramente degne ed animate da intenzioni nobilissime.
Troppo si scrive su di me e molti che l’hanno fatto possono dire che mi sono lamentato che si
pubblichi una vasta gamma di fenomeni e mai ciò che esprimo nel tentativo di dare una spiegazione a
queste cose indagando su come e perché si producono certi meravigliosi eventi.
Sovente rimango stupito io stesso e qualche volta mi succede di trovare dei collaboratori in coloro
che mi avvicinano spinti soltanto dalla curiosità. Bisogna viverlo quell’istante in cui, assente
ogni forma di energia, qualcosa di veramente sublime si manifesta. Che cos’è che allora l’uomo
percepisce? Che cosa gli viene rivelato in quell’attimo di profonda intuizione che sembra non aver
fine, ove s’accorge di non essere più la creaturaterrena legata a scelte che lo condizionano, ma un
Essere della cui immortalità è divenuto improvvisamente cosciente? Ho accennato a una
“collaborazione” da parte di chi mi sta intorno; nella stessa guisa che per la salute del corpo il
male conta assai meno del terreno ove trova da svilupparsi, così, per l’impiego dello spirito,
un’atmosfera di fiducia e di ottimismo ha un’importanza determinante. Lo scetticismo che sovente
cela intenzioni e altri sentimenti negativi non favorisce certamente quel misterioso processo
costruttivo della cui ragione etica gli editori non si interessano.
Essi ritengono che il grosso pubblico non ami una certa filosofia; quel che fa vendere il giornale o
il libro è la presentazione di fatti che stupiscono, non di cose che creano problemi. Lei mi dirà
[rivolto al prof. A. Jemolo] che mi si offre l’occasione per dare un nome ed una ragione ai miei
lavori: è sufficiente che io acconsenta a farmi studiare. Così verrei chiamato in causa in nome
della fisica, della medicina, della biologia ed altro. Sulla cavia Rol si vorrebbe provare che nella
stessa guisa che il fegato secerne la bile il cervello secerne il pensiero? Ma se anche ciò venisse
dimostrato, rimarrebbe ancora da stabilire quale rapporto esiste fra il pensiero e lo spirito che lo
sovrasta. Che cosa sarebbe il pensiero se non esistesse lo spirito? Le sue possibilità non
andrebbero certamente oltre i limiti consentiti dall’istinto.
Io non sono un uomo di scienza però nel campo dello spirito ho acquisito una conoscenza che, anche
se modesta, ho sempre offerta nella forma e nei modi che mi è consentito. Io debbo necessariamente
agire con “spontaneità”, quasi “sotto l’impulso di un ordine ignoto” come disse Goethe. Mi sono
definito “la grondaia che convoglia l’ acqua che cade dal tetto”. Non é quindi la grondaia che va
analizzata, bensì l’ acqua e le ragioni per le quali “quella Pioggia” si manifesta. Non é studiando
questi fenomeni a valle che si può giungere a stabilirne l’essenza, bensì più in alto dove ha sede
lo ‘spirito intelligente’ che già fa parte di quel Meraviglioso che non é necessario identificare
con Dio per riconoscerne l’esistenza. Nel Meraviglioso c’é l’Armonia riassunta del Tutto e questa
definizione é valida tanto per chi ammette quanto per chi nega Dio.
Io ritengo che gli scienziati non abbiano alcun motivo di interessarsi a me perché conoscono od
intuiscono la mia estraneità al campo delle loro ricerche. Dichiaro di non essere in grado di
disporre a mio piacimento dei fenomeni che si manifestano attraverso di me nei limiti di una
rigidissima morale e scevri da qualsiasi coercizione e peculiarità. Per questo ogni controllo ne
verrebbe frustrato. Sono rimasto stupito come in un recente libro [di Piero Angela – vedere Libri] siano state riferite su di me cose inesatte e falsificate, insinuando dubbi perfettamente gratuiti.
Chi si atteggia a uomo di studio deve essere giusto e obbiettivo, ma se non lo fa è un grave rischio
che non gli consiglio di correre perché la Verità, pur di imporsi, possiede mezzi implacabili e
presto o tardi li usa. Per intanto io continuo a ricevere a tutti i livelli culturali e sociali
dimostrazioni di solidarietà e di fiducia. E non è strano, per quell’intuizione che è patrimonio
delle masse, che io venga esortato a non mutare atteggiamento. Meglio rimanere ignorato da una
Scienza ufficiale che non è in grado, per ora, di comprendermi, piuttosto che venire meno a quei
principi ai quali mi sono sempre ispirato e con i risultati che tutti conoscono. Scienziati di fama
mondiale, medici, letterati, artisti, religiosi di varie confessioni, atei, filosofi, militari, capi
di Stato e di governo, industriali e finalmente uno stuolo di gente appartenente ad ogni classe
sociale e con esso tutto lo scibile del travaglio umano, continua a passarmi sotto gli occhi.
È mai possibile che tutte queste persone siano state da me suggestionate ed a qual fine dal momento
che non ho avuto altro scopo che quello di mettermi al loro servizio? Quanti problemi apparentemente
impossibili non ho risolto. Molti ritrovarono in me la speranza, il coraggio, la ragione di vivere.
E se fossi sempre stato ascoltato quante sciagure avrebbero potuto essere evitate. Questa è la vera
sede della mia attività. I vari fenomeni a livello apparentemente fisico non sono che mezzi di
convincimento che mi viene da improvvisare in un’esaltazione che sovente mi lascia commosso e me ne
fa sentire indegno. È proprio qui che vorrei che una Scienza intervenisse a illuminare e ad
appoggiare la mia aspirazione di contribuire ad indicare quelle vette, sempre più alte, riservate
alla Creatura Umana quando sappia identificarsi nel proprio “spirito intelligente”.
Certamente un rapporto tra spirito e materia esiste: la Scienza non lo conosce, io appena lo
intuisco e lo posso dimostrare, ma non come lo voglio e come mi si chiede di farlo. Una
collaborazione con la scienza io la invoco, senza quel presupposto di sfiducia che non offende la
mia trascurabile persona bensì la conoscenza che ho raggiunta e che è già patrimonio della Scienza
di Domani. Questo mio modo di vivere mi lasciò, in un primo momento, il timore di rimanere solo,
isolato. Poi, invece, intravvidi un futuro dove altri uomini seguiranno con me la strada che vado
tracciando per una evoluzione la cui meta è un’Umanità liberata da ogni male».
dal quotidiano La Stampa del 3 settembre 1978.
«Non vi sono limiti alle possibilità umane. Alla condizione, però, che esse non intervengano a
sottrarre alla vita quel carattere di unica, insostituibile, meravigliosa anche se travagliatissima
prova che é la vita stessa. I sensi rappresentano un mezzo di eccezionale misura onde conoscere le
meravigliose possibilità che Dio offre di se stesso all’uomo. Possibilità che nello stesso tempo
formano quella trappola mortale che i sensi stessi rappresentano. I sensi, inoltre, sono una
modestissima anticipazione di tutte le infinite meraviglie riservate all’uomo per estrinsecazione
che Dio stesso rivela nel suo costante desiderio e diritto di affermarsi. A quelle meraviglie l’uomo
accede nel perfezionarsi non soltanto in questa vita, la quale potrebbe non essere la prima [questo
concetto non ha a che vedere con la reincarnazione, n.d.r.].
Se l’errore è compatito, spesso giustificato, ma non sempre assolto, è puro gesto di misericordia
divina il rigettarlo e anche punirlo, in quanto nella punizione stessa è insito il desiderio di
offrire all’uomo la possibilità di redimersi, quindi di avvicinarsi maggiormente alla stupenda
perfezione che Dio è. Quale padre amorosissimo Egli non solo non abbandona nessuno, ma tutti aiuta,
anche coloro, gli indegni e i reprobi, nel castigarli. Correggere non è punire, bensì aiutare a
liberarsi da tutto ciò che tiene il malato lungi dalla fonte che gli dona la vita. Se l’errore non é
perseveranza diabolica altro non può essere che diritto alla conoscienza. É beninteso però che
nessun diritto può giustificare il perseverare nell’errore stesso, quand’anche l’uomo sappia, in un
raptus intellettivo, considerare l’errore un mezzo orrendo altrettanto quanto nobile. Con queste
parole ho inteso qui rivelare il perché dell’errore stesso, della necessità di non ripeterlo e della
possibilità etica che Dio lo consenta. Oggi, 25 settembre 1975».
da Remo Lugli, Rol. Una vita di Prodigi, Mediterranee, 1995
«Einstein credeva in Dio, non ne negava l’esistenza. Un giorno che discutevamo proprio di questo,
lui alzò una mano, la frappose fra la lampada e il tavolo e mi disse: “Vedi? Quando la materia si
manifesta, proietta un’ombra scura, perché è materia. Dio è puro spirito e dunque quando si
materializza non può manifestarsi se non attraverso la luce. La luce non è altro se non l’ombra di
Dio”».
da Maria Luisa Giordano Rol mi parla ancora, Sonzogno, 1999
«La scienza potrà analizzare lo spirito nell’istante stesso in cui perverrà a identificarlo. Son
certo che a tanto giungerà l’ansia dell’uomo».
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